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L’intelligenza artificiale generativa e diritto d’autore: il cavallo di troia che sta riscrivendo la creatività in europa

Nel grande teatro delle illusioni legislative europee, l’intelligenza artificiale generativa è entrata in scena come un attore muto che però sta riscrivendo il copione. Senza firmare. Senza pagare il biglietto. E senza chiedere permesso. È la nuova frontiera della produzione creativa, alimentata da algoritmi affamati e dataset giganteschi spesso caricati fino all’orlo di opere protette dal diritto d’autore. Tutto inizia da una domanda apparentemente semplice: è legale usare contenuti protetti per addestrare modelli di intelligenza artificiale generativa?

Spoiler: la risposta è un inno al caos normativo europeo.Il documento appena pubblicato dal Parlamento Europeo, intitolato “Generative AI and Copyright – Training, Creation, Regulation”, affronta con rigore chirurgico la schizofrenia del sistema giuridico europeo davanti all’onda lunga dell’AI. L’analisi è implacabile: le eccezioni previste dalla direttiva sul copyright nel mercato unico digitale (CDSM) non sono progettate per l’uso massiccio che i modelli generativi fanno dei contenuti.

Il cuore del problema si chiama text and data mining, o TDM per gli addetti ai lavori. Articoli 3 e 4 della direttiva: da una parte consentono il mining per scopi scientifici, dall’altra (più generosamente) permettono a chiunque di estrarre dati… purché l’autore non abbia “optato out”. In teoria. Perché nella pratica, questa clausola di esclusione è uno dei più grandi esercizi di ipocrisia regolamentare dell’ultimo decennio.

L’intelligenza artificiale finirà in tribunale. E questa volta non ci sarà un algoritmo a salvarla

Quando una rivoluzione tecnologica comincia a dipendere da ciò che pensa un giudice di Manhattan, significa che qualcosa è andato storto. Oppure, molto semplicemente, che stiamo entrando nella seconda fase dell’AI economy: quella in cui la creatività smette di essere un combustibile gratuito e diventa oggetto di una causa civile. O, per dirla con le parole del Wall Street Journal, “The legal fight over AI is just getting started — and it will shape the entire industry”. Sottotitolo implicito: le big tech sono già nel mirino, e l’odore di sangue ha attirato avvocati da Los Angeles a Bruxelles.

Rubare il futuro: come l’AI sta scassinando il copyright sotto gli occhi della legge. Elton John

BBC Inizia come un sussurro, una nota stonata. Poi diventa un boato. Elton John, l’ultima rockstar d’altri tempi ancora in grado di incendiare i riflettori del potere, accusa apertamente il governo britannico di furto. Non è una metafora da copertina Rolling Stone, ma un’accusa precisa: il nuovo disegno di legge sull’uso dei dati per l’intelligenza artificiale sarebbe “criminale”. Il motivo? Vuole legalizzare l’uso indiscriminato di opere protette dal copyright da parte delle Big Tech, per addestrare i loro modelli senza chiedere permesso. Senza pagare. Senza nemmeno dire “grazie”.

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