C’è un dettaglio fastidioso che emerge ogni volta che mettiamo insieme ricercatori, utenti e algoritmi: l’AI non ci rende più intelligenti. Al contrario, sembra che stia silenziosamente erodendo la nostra capacità di pensiero critico, trasformandoci in consumatori docili di consigli automatizzati. I pattern che la ricerca accademica sta documentando non sono affatto marginali. Sono i segnali precoci di un cambiamento radicale nel modo in cui prendiamo decisioni. Non stiamo parlando di futurismo da salotto, ma di evidenze già misurate in laboratorio e nella vita quotidiana.

Buçinca e colleghi lo hanno dimostrato in uno studio del 2021: introdurre funzioni di forcing cognitivo, piccoli ostacoli progettati per costringere l’utente a ragionare, migliora la qualità delle decisioni. Ma c’è un problema enorme. Gli utenti detestano l’esperienza. Vogliono risposte veloci, non esercizi di logica. Usabilità vince su accuratezza, e questo dice tutto sul rapporto tossico che stiamo costruendo con l’AI. Preferiamo essere serviti piuttosto che messi alla prova. È un trionfo del design dell’esperienza sull’esercizio della ragione.