Ci siamo svegliati una mattina scoprendo che il mare, quel vecchio amico burbero dei commerci globali, è diventato un campo di battaglia cibernetico. Solo che questa volta i pirati non sventolano bandiere nere, ma codici malevoli, e non sparano cannonate, ma pacchetti TCP/IP infettati da malware. Benvenuti nell’era della cybersecurity marittima, dove navi autonome, algoritmi e sogni digitali si scontrano con una realtà molto più torbida. Altro che Captain Phillips.
Ogni transizione storica si porta dietro un eccesso di entusiasmo. Oggi, chiunque abbia accesso a un LLM o a un cruscotto IoT su una petroliera pensa di aver reinventato la navigazione. Il problema non è l’AI, ma la narrativa da Silicon Valley che la accompagna. Ci stanno vendendo la cybersecurity marittima come se fosse un upgrade software. Basta installare l’antivirus e via verso il futuro. Peccato che il sistema operativo del mare sia ancora scritto in COBOL e abitudini di categoria.