La solita danza cinese dell’intelligenza artificiale: un passo avanti, due passi indietro, e tutti a chiedersi se il pubblico sia stato preso in giro o se semplicemente non riusciamo a leggere tra le righe. DeepSeek, la start-up di AI fondata dall’ex quant Liang Wenfeng, ha appena lanciato il suo V3.1 con un annuncio che più minimalista non si può: un messaggino su un gruppo WeChat. Nessun post su X, nessuna fanfara, zero storytelling. Per un’azienda che fino a sei mesi fa dominava l’open source cinese con oltre il 99 per cento delle installazioni su PPIO, è un dettaglio che puzza di resa o di strategia difensiva.

La novità più tecnica è l’espansione della context window a 128k, l’equivalente di un tomo da trecento pagine. Bello sulla carta, peccato che dietro si intraveda più fumo che arrosto. Perché mentre gli altri colossi, da Alibaba con la sua famiglia Qwen a MoonShot AI con Kimi-K2-Instruct, spingono sul multimodale e sul coding avanzato, DeepSeek rimane ostinatamente confinata al testo. Nel 2024, offrire solo un modello text-based è come presentarsi a un summit tecnologico con un fax: puoi avere anche il rullo più lungo del mondo, ma rimani fuori dal gioco.