C’è qualcosa di affascinante e vagamente inquietante nel modo in cui Figma ha deciso di rivoluzionare il flusso tra design e codice. Dopo aver trasformato il design collaborativo in una droga da whiteboard digitale, adesso la piattaforma vuole diventare il cervello esterno dei modelli di intelligenza artificiale, quelli che oggi arrabattano pixel e container, domani potrebbero programmare come dev navigati. Figma lancia infatti il Dev Mode Model Context Protocol, in beta, per smettere di far “indovinare” alll’intelligenza artificiale come trasformare un’interfaccia in codice funzionante. In pratica: se prima i modelli linguistici giocavano a “vedo/non vedo” con un mockup, ora leggono direttamente le istruzioni del designer.

È un po’ come passare dal copiare un quadro guardandolo, al ricevere anche gli appunti dell’artista su pennello, tempo di asciugatura, e marca di acrilico. Una rivoluzione sottile ma devastante, per chi mastica davvero design systems e full stack: perché qui non si tratta più di passare dal visuale al semantico, ma di rendere il design nativamente interpretabile dalle AI, senza che queste si affidino a visioni mistiche o congetture codifiche.

La parola chiave qui è contextualizzazione. MCP non è una feature per utenti finali, ma una sottile struttura parallela, un server — sì, un vero e proprio server — che comunica direttamente con gli LLM e gli agenti AI di sviluppo, da GitHub Copilot a Claude Code. E cosa comunica? Le intenzioni del designer. Le coordinate esatte di un padding, le scale di grigi, i breakpoint responsivi, i nomi delle variabili semantiche nei componenti. Non più “guesswork”, ma dati nudi e crudi.

Figma ha capito una verità banale che l’intera industria del design finge di ignorare: il design moderno è già codice, solo in una sintassi diversa. Il Dev Mode MCP Server è la macchina che lo traduce automaticamente nella lingua degli agenti software.

È il passo logico dopo “Figma Make” (il generatore prompt-to-code rilasciato a maggio), che è ora disponibile per tutti gli utenti con Full Seat. Ma Make era ancora legato al linguaggio naturale. MCP è il contrario: permette agli LLM di non dover più interpretare, ma eseguire. È una differenza ontologica.

Il rollout del 12 giugno di “Sites Code Layers” promette un altro pezzo del puzzle: non solo app, ma interi siti interattivi generabili da design statici. Siamo già oltre lo “no-code”: è il post-code. E qui si annusa il profumo di una guerra tra UI/UX e dev front-end. Quando un LLM può capire davvero come un designer ha strutturato un’interfaccia, perché dovrebbe ancora esistere quel ruolo intermedio di implementatore visivo?

Naturalmente, tutto questo presuppone che i modelli riescano a digerire queste nuove porzioni semantiche di dati. Figma, con il suo Dev Mode MCP, vuole creare un standard tecnico per il dialogo fra AI e design tools. Chi controlla questo standard, controlla il ponte fra idea e implementazione.

Figma lo sa bene, e gioca d’anticipo. Annuncia che nei prossimi mesi il protocollo sarà aggiornato con integrazioni più profonde nei codebase reali e funzionalità per l’utilizzo da remoto. In altre parole: MCP si inserirà anche dopo l’esportazione, entrando nel ciclo di vita del software. Non più solo ponte tra UI e codice, ma interfaccia di comunicazione viva tra AI e codice reale.

Se questa scommessa funziona, la “figmizzazione” dello sviluppo software avrà fatto un altro passo avanti. Prima abbiamo digitalizzato il design thinking. Ora stiamo codificando l’intenzione. E una volta che un modello è in grado di leggere non solo cosa è stato disegnato, ma perché, il passo successivo è che possa anche suggerire come migliorarlo prima che qualcuno lo disegni.

C’è qualcosa di ironico in tutto questo: abbiamo passato vent’anni a urlare che il design è comunicazione, che conta l’intento, la UX, l’esperienza utente. Ora che i dati su questo intento vengono forniti nativamente agli LLM, chi si occupa di design dovrebbe tremare. Perché se l’intento è computabile, è anche automatizzabile.

La domanda che resta, pungente come un controllo qualità in codice legacy, è semplice: cosa resta al developer quando il design scrive se stesso? E cosa resta al designer, se l’AI sa già cos’è che funziona, e lo implementa direttamente? Figma sta preparando un mondo dove l’idea non passa più per mani umane per diventare applicazione. E se il Dev Mode MCP è il primo mattoncino, il muro di separazione tra design e sviluppo sta per crollare.

Nel dubbio, preparate i caschetti.