Live da GTC Paris, la fiera dove i badge brillano più dei neuroni e gli acronimi si fanno carne. Lì, tra droni in posa e modelli linguistici con velleità geopolitiche, si sta delineando un nuovo spettro: quello della Sovereign AI, l’intelligenza artificiale sovrana. Non è solo una buzzword – anche se suona dannatamente bene nei comunicati stampa – ma una posta in gioco di portata storica. E in prima fila, con il microfono acceso e le slide ben oliate, ci sono NVIDIA e Accenture. Non stanno vendendo solo chip e consulenze, ma una visione: un sistema operativo per l’autonomia digitale dell’Europa.

Già, un Operating System for Sovereign AI. Come se la democrazia liberale avesse finalmente trovato il suo kernel.

Ma cosa vuol dire davvero? Non è solo una faccenda di compliance o di regolamenti con nomi in codice tipo “AI Act”. È una questione strutturale: chi controlla i modelli linguistici controlla la narrativa, e chi controlla la narrativa… beh, scrive il futuro. Con questo OS, l’obiettivo è chiaro: dare a governi e industrie europee una piattaforma che permetta di gestire, adattare e far evolvere modelli generativi in un contesto a prova di GDPR, di sovranità economica e – perché no – di orgoglio continentale.

C’è un’ironia sottile, quasi cinica, nel fatto che questa “indipendenza” passi proprio da NVIDIA, l’azienda americana con le mani fino al gomito nella filiera del calcolo accelerato. Ma qui sta il colpo di teatro: non è contraddizione, è realpolitik digitale. Non si costruisce una difesa strategica con il silicio dell’utopia, ma con le schede grafiche giuste e gli alleati giusti. E se l’Europa vuol mettere AI al lavoro senza svendere la sua anima ai colossi della West Coast, allora meglio farlo con gli strumenti più potenti oggi sul mercato.

Dietro le quinte del booth Accenture, mentre gli evangelisti parlano di Rafay e orchestrazioni ServiceNow come se fossero gli ingredienti di una nuova diplomazia computazionale, si intravede un disegno più grande. Non si tratta solo di showcase tecnologico, ma di governance. Questo “sistema operativo” è un framework tecnico-politico per ospitare modelli linguistici locali, open source, regolati ma potenti, addestrati su corpus europei, con una logica di trasparenza e auditabilità. È il tentativo di creare un’alternativa concreta a modelli chiusi, opachi e spesso intrinsecamente allineati agli interessi di altri emisferi geopolitici.

Per capire il peso di questa iniziativa basta fare un salto mentale nei corridoi di Bruxelles, dove il dibattito sull’AI Act si fa sempre più denso, e ogni virgola ha il potenziale di diventare precedenti normativi globali. In questo contesto, l’infrastruttura per una sovranità AI non è solo utile: è necessaria. Per evitare che le intelligenze artificiali parlino con accento texano, pensino con bias siliconvalleyani e ignorino ogni sottigliezza normativa continentale.

Accenture, dal canto suo, gioca bene la parte del partner neutrale ma sofisticato, un po’ come uno Svizzero in giacca tech. Porta in dote la sua capacità di orchestrazione end-to-end, mettendo insieme l’hardware NVIDIA, i flussi ServiceNow e l’esperienza con l’industria pubblica e privata. Ma soprattutto, lavora su un punto cruciale: la fiducia. Fiducia che si può operare l’AI generativa in modo controllato, auditabile, senza diventare una colonia digitale.

Tutto questo succede mentre il pubblico osserva demo in tempo reale, tocca con mano le dashboard, sfoglia white paper stampati su carta più lucida della coscienza delle Big Tech. È marketing? Certo. Ma è anche narrativa strategica. E in un’epoca in cui la semantica è potere, non è mai troppo tardi per cominciare a raccontarsi meglio.

Una curiosità per gli amanti del paradosso: mentre si discute di sovranità e indipendenza tecnologica, i modelli che verranno ospitati su questo OS dipendono ancora da infrastrutture americane, GPU prodotte in California e standard di sviluppo definiti da community globali. Eppure, proprio in questa interdipendenza sta la possibilità di definire come vogliamo usare questi strumenti. Il controllo non è solo una questione di proprietà, ma di architettura della scelta.

L’Europa ha bisogno di questo tipo di operazioni, perché la sua storia digitale è segnata da indecisioni strategiche e da un’eccessiva delega alle logiche di mercato. Oggi, invece, sembra voler tornare protagonista, anche nel cloud. Con strumenti propri, modelli locali, e OS pensati non per scalare tutto ovunque, ma per adattarsi ai confini culturali, giuridici e linguistici del Vecchio Continente.

Chi visiterà il booth Accenture alla GTC Paris forse non se ne accorgerà subito, ma dietro le luci a LED e gli acronimi c’è un’idea potente: rendere l’intelligenza artificiale una questione di Stato. Un’infrastruttura civile, come l’energia o le telecomunicazioni. E non è un caso che questa infrastruttura inizi a prendere forma proprio in un contesto dove la performance è tutto, ma la fiducia vale ancora di più.

L’intelligenza sovrana, insomma, non è un modello. È una posizione. Una dichiarazione. Un modo per dire: “L’AI ci sarà, ma alle nostre condizioni.” E se questo significa costruirla con partner globali, ma su fondamenta europee, allora ben venga il compromesso.

In fondo, anche De Gaulle aveva bisogno di un telefono per rispondere da Parigi.