Non è un’acquisizione, non è un acqui-hiring, non è nemmeno quell’ipocrita narrativa da Silicon Valley in cui “salviamo i fondatori visionari e diamo un futuro ai loro team”. Il reverse acquihire è un atto chirurgico e freddo. Un’estrazione selettiva di cervelli, di solito i più brillanti e ben pagati, spesso i fondatori, talvolta il CTO, con annessa licenza tecnologica. Poi la porta si chiude e il resto del team rimane fuori, con le luci dell’open space accese e un senso di abbandono che odora di tradimento. È successo a Windsurf, succede a decine di startup tech ogni anno, e continuerà a succedere perché le big tech hanno scoperto che è più economico prendere solo l’oro e lasciare la miniera crollare.
I numeri, certo, parlano chiaro e rassicurano gli investitori. Google firma un assegno da 2,4 miliardi e porta via Varun Mohan e i suoi ingegneri migliori. La stampa applaude, i blog di settore esultano con titoli imbarazzanti tipo “un altro trionfo per l’ecosistema AI”. Ma per chi resta? Cosa succede a quei cento, duecento, a volte mille dipendenti che guardano la sedia vuota del CEO e realizzano che il loro futuro ora è un afterthought? Jeff Wang, l’interim CEO di Windsurf, ha avuto il coraggio di dirlo a voce alta in quell’all-hands lacrimevole: “Molti di voi si sentono traditi. E avete ragione”. Un’onestà che non vediamo quasi mai in questi teatrini.
Questa è la dinamica reale. Un reverse acquihire è un’eutanasia selettiva per una startup tech. Le big tech non vogliono prendersi la responsabilità di integrare un intero team, con le sue complicazioni culturali, le vesting cliff, le politiche HR. Vogliono solo ciò che alimenta il loro prossimo modello AI o migliora una pipeline interna. Un founder che accetta? Per molti è una scelta inevitabile. Se sei il cervello dietro la tecnologia, l’offerta è irrifiutabile e il messaggio implicito è spietato: “o vieni con noi o resterai a guardare la tua creatura morire lentamente”. Lo stesso Mohan, raccontano, ha promesso in privato che avrebbe “trovato una soluzione per il team rimasto”. Come se bastasse un buon proposito per sanare la frattura emotiva di chi si è svegliato una mattina scoprendo di lavorare per un’azienda dimezzata.
La ferita morale è il primo effetto tossico di un reverse acquihire. Ed è il più sottovalutato. I dipendenti non scelti per il trasferimento subiscono un contraccolpo psicologico enorme: “perché non me?”, “perché proprio loro?”. È una selezione darwiniana travestita da manovra finanziaria, e in ufficio si respira quella tensione da superstiti del Titanic. La produttività crolla, i migliori tra i rimasti cominciano a rispondere a messaggi LinkedIn da recruiter concorrenti. I peggiori si trascinano in attesa della liquidazione. Eppure, paradossalmente, le startup lasciate a metà non sono sempre spacciate. Windsurf lo dimostra, ma solo perché qualcuno ha giocato bene la partita successiva.
Cognition, con la sua mossa rapida, ha capito che anche un reverse acquihire può generare valore. Ha comprato quello che restava di Windsurf, IP e team inclusi, e lo ha fatto con una delicatezza quasi rara nel panorama tech. Payout per tutti i dipendenti, vesting accelerato, rispetto per chi non era stato scelto. Non per filantropia, sia chiaro, ma per pura convenienza: un team motivato, anche se ferito, è una risorsa preziosa. Ed è qui che entra in gioco la lezione strategica. Se possiedi ancora un prodotto valido e una macchina go-to-market che funziona, puoi trasformare il trauma in opportunità. Serve velocità, serve un nuovo acquirente che non ti consideri un rottame, e serve una narrazione convincente per ricostruire un minimo di fiducia interna. Non tutti ci riescono. Molte startup dopo un reverse acquihire implodono nel giro di sei mesi.
Il fenomeno, naturalmente, fa gola ai colossi perché risolve tre problemi contemporaneamente: niente antitrust, costi ridotti, acquisizione chirurgica del talento. Il reverse acquihire è una scorciatoia perfetta per chi deve nutrire i propri laboratori AI senza doversi sorbire centinaia di dipendenti mediocri o infrastrutture legacy. Per gli investitori delle startup, invece, è una mezza vittoria. Incassano sull’exit parziale, ma il valore residuo della società scende a picco. Per i dipendenti esclusi, è un pugno nello stomaco. Ed è qui che si vede chi ha una vera leadership. Wang, pur non essendo il fondatore, ha saputo gestire la crisi emotiva meglio di tanti CEO superstar. Lo ha fatto trattando i suoi come adulti, non con slogan da pitch deck. Una rarità che Cognition ha premiato integrando il team, non smantellandolo.
Chi pensa che tutto questo sia un’eccezione romantica dovrebbe guardare cosa è successo in altre reverse acquihire recenti. Alcuni team sono stati letteralmente abbandonati, con i founder che si sono dileguati nel silenzio. È il lato oscuro della narrativa “fail fast, move fast” che la Silicon Valley ama sbandierare. Nessuno ama raccontarlo, ma ogni reverse acquihire è una bomba emotiva per chi resta e un segnale inquietante per chi ancora crede nel mito della startup come famiglia. Le famiglie non si vendono a pezzi. Le startup sì.
L’ironia è che spesso i veri asset rimasti, quelli ignorati dai colossi, sono proprio quelli che possono generare un ritorno a lungo termine. Windsurf aveva un prodotto solido, un ARR decente, clienti enterprise. Non bastava a Google, ma era più che sufficiente per Cognition, che ha trasformato una “startup dimezzata” in un acquisto strategico. È un caso da manuale: chi sa muoversi nei giorni immediatamente successivi a un reverse acquihire può fare affari d’oro. Ma deve farlo con velocità e lucidità, perché ogni giorno che passa il team si sfalda e la percezione di valore crolla.
Non illudiamoci, però. Per ogni Windsurf che trova una Cognition, ci sono dieci startup che si spengono in silenzio dopo un reverse acquihire. I founder incassano, i talenti migliori migrano verso i colossi, e chi resta scrive post amari su LinkedIn. “Siamo ancora qui, pronti a reinventarci” dicono. Ma spesso è solo retorica, perché reinventarsi con metà leadership fuggita e il morale a pezzi è come ricostruire un castello con le mani legate.
La vera domanda è se questo modello diventerà lo standard definitivo per il recruiting di alto livello nell’AI e nel software. La risposta è sì, e lo vedremo sempre di più. Il reverse acquihire è troppo conveniente per essere ignorato e troppo freddo per essere contestato pubblicamente da chi potrebbe essere il prossimo a ricevere un’offerta. Nessun founder ammetterà mai di aver lasciato il team al suo destino. Ma i numeri e le facce dei dipendenti rimasti raccontano un’altra storia. Una storia di selezione spietata, opportunismo e qualche rara, rarissima redenzione.