Se lavori in ambito IT o ti sei anche solo leggermente interessato all’intelligenza artificiale, c’è un consiglio che vale più di mille webinar motivazionali: prova il vibe coding. Perché sì, parliamoci chiaro. L’unico uso davvero utile e concreto della GenAI oggi, fuori dal marketing delle slide e dai chatbot da fiera, è lo sviluppo software. Punto. Il resto è contorno. Chi sviluppa prodotti sa già che l’unica cosa che conta è scrivere codice. Funzionante. In fretta. E ora si può fare con una naturalezza imbarazzante, grazie all’ibridazione tra editor intelligenti e assistenti generativi.
Nel corso degli ultimi mesi ho testato personalmente quasi tutti gli strumenti che oggi si autodefiniscono “AI-native”. Spoiler: non tutti mantengono le promesse. Ma alcuni sono talmente efficaci da sembrare magia. Parliamo di ambienti di sviluppo in cui il prompt è il nuovo linguaggio di programmazione, e la documentazione… beh, la scrive l’AI mentre tu stai ancora decidendo che font usare.
In questa giungla di tool, scegliere lo strumento giusto è la differenza tra un MVP deployato in 4 ore e una settimana persa in debugging da incubo. Ecco quindi la mappa semi-segreta per orientarsi tra i principali tool da vibe coding, con un mix di intuizione tecnologica, dati d’uso e qualche citazione volutamente arrogante.
| Strumento | Categoria | Quando usarlo | Pro e contro |
|---|---|---|---|
| Cursor | AI-native code editor | Full-stack e refactoring complessi | Ottima comprensione del contesto. Perfetto per ristrutturare codice legacy. Manca supporto mobile. |
| Windsurf | Editor AI by Codeium | Se vuoi Cursor ma senza hype | Leggero, veloce, meno integrato con Git e CI/CD. |
| Lovable | No-code/low-code builder | Founder non tecnici, MVP rapidi | Zero curva di apprendimento. Troppo limitato per app complesse. |
| Bolt | Web app generator | Prototipi browser-based, mockup rapidi | Geniale per demo interne. Il codice è spesso poco scalabile. |
| v0 (Vercel) | UI component generator | Interfacce React pulite e pronte | Output di altissimo livello. Ma dimenticati il backend. |
| Claude Code | Terminal-native AI assistant | Refactoring complessi, scripting, automazioni avanzate | Il terminale diventa una mente. Richiede competenza tecnica. |
| Replit | Cloud IDE + AI | Esperimenti, collaborazioni, formazione | Tutto in cloud. Lentezza occasionale. Ottimo per prototipi veloci. |
Cursor è come avere un dev senior che ti legge nella mente, con una precisione chirurgica nell’anticipare ciò che stai per fare. Windsurf, suo fratello minore meno appariscente, è quello che usi quando vuoi qualcosa di sobrio, funzionale, senza l’effetto wow ma anche senza troppi bug. Lovable è invece un giocattolo geniale per chi non sa (o non vuole) scrivere una riga di codice ma deve comunque validare un’idea. In pratica, Figma che compila.
Poi c’è Bolt, un generatore di app direttamente nel browser. Fa quello che promette, ma solo se sei disposto ad accettare che l’output non sarà mai “production-grade”. Ideale per demo interne o quando serve impressionare un investitore in dieci minuti. v0 di Vercel è più sofisticato, ma anche più limitato: genera componenti UI di livello altissimo, perfetti in ambienti React, ma nulla di più. Backend? Non pervenuto. Claude Code, invece, è roba per iniziati. Un assistente AI nativo da terminale che sembra uscito da un film di Nolan. Ti aiuta a riscrivere script, orchestrare task automatizzati, refactorizzare codice Python incasinato. Non è un giocattolo. È uno strumento per chi fa sul serio. Replit infine rimane il luogo per esperimenti, hackathon, collaborazioni random. Un po’ il Google Docs del codice.
Personalmente, uso Claude Code per tutto ciò che riguarda scripting, automazione e refactoring pesante. È come avere uno staff tecnico interno senza pagarne gli stipendi. Lovable invece lo consiglio sempre ai founder early-stage: niente ti fa validare un’idea meglio di una demo interattiva fatta in tre clic. Cursor è il mio strumento di battaglia per lo sviluppo quotidiano, quando serve scrivere codice vero, mantenibile, e farlo in velocità.
Secondo uno studio di McKinsey, l’adozione di strumenti AI-native nello sviluppo software può ridurre i cicli di delivery fino al 30%. Ma la vera differenza non la fa la tecnologia in sé, bensì la capacità di combinarla in modo strategico. Usare Claude Code e Cursor insieme, ad esempio, permette di coprire l’intero ciclo di sviluppo, dal prompt iniziale alla pipeline CI/CD, passando per test automatici generati e corretti in tempo reale.
Nel 2025 il vibe coding non è solo un trend. È una filosofia. Un modo di pensare lo sviluppo come collaborazione aumentata con l’intelligenza artificiale. Un’estensione del pensiero tecnico in tempo reale. Il prompt diventa briefing. Il codice è conseguenza, non punto di partenza.
Il vero rischio oggi non è usare troppo l’AI. È usarla male. O peggio, non usarla affatto. Se ancora ti affidi solo a IDE classici e debugging manuale, sei come un medico che scrive le diagnosi a mano quando esistono sistemi di supporto decisionale a base neurale. E no, non è cool. È irresponsabile.
Se il tuo stack tecnologico non include almeno uno di questi strumenti nel 2025, forse hai bisogno di un CTO nuovo. Oppure di un viaggio sabbatico in Silicon Valley, giusto per renderti conto di cosa stia succedendo davvero.
La prossima generazione di developer non imparerà più a scrivere codice. Imparerà a scrivere con il codice. O meglio: a pensare attraverso il codice, mentre un assistente invisibile trasforma i pensieri in prodotto. Vibe coding non è più un’opzione. È la nuova forma mentis.
Chiudo con una domanda provocatoria: e se il tuo miglior collega ingegnere nel 2026 fosse un assistente AI che non prende ferie, non dorme, e soprattutto non scrive mai codice brutto?
C’è da pensarci. Magari mentre provi Cursor.