Nel panorama dell’intelligenza artificiale, dove l’algoritmo si erge come giudice e il dato come legge, OpenAI ha lanciato una provocazione: chi stabilisce le regole morali per le macchine? Con il progetto “Collective Alignment“, l’azienda ha chiesto a oltre 1.000 individui in 19 paesi come dovrebbe comportarsi un modello linguistico ideale. Il risultato? Un sorprendente 80% di allineamento con le linee guida interne di OpenAI, il “Model Spec”. Ma dove le opinioni divergono, emerge un terreno minato: politica, sessualità e pseudoscienza.

Questa iniziativa non è solo un esperimento sociologico, ma un tentativo concreto di democratizzare la governance dell’IA. OpenAI ha rilasciato i dati su Hugging Face, invitando la comunità globale a partecipare alla definizione dei comportamenti predefiniti dei modelli. Ma dietro l’apparente apertura si cela una domanda inquietante: è possibile conciliare la pluralità dei valori umani con la necessità di coerenza algoritmica?

In un’epoca in cui l’IA non è più solo uno strumento, ma un attore sociale, la questione dell’allineamento etico diventa cruciale. Se l’intelligenza artificiale riflette solo la visione di una ristretta élite tecnologica, rischiamo di perpetuare bias invisibili su scala globale. Se, al contrario, ogni cultura o gruppo sociale impone la propria visione, l’IA potrebbe diventare un campo di battaglia ideologico.

OpenAI, con il suo approccio “public-in-the-loop”, sta cercando di trovare un equilibrio tra apertura e responsabilità. Ma la vera sfida non è solo tecnica: è politica, culturale e, soprattutto, umana.

Fonte: OpenAI Collective Alignment Research