Apple, il gigante tecnologico che ha fatto del design minimalista e della privacy un mantra, ha deciso di fare un passo audace: aumentare gli investimenti in Cina. Tim Cook, il CEO che ha sempre parlato di “responsabilità globale”, ora si trova a bilanciare la sua retorica con la realtà geopolitica. La sua visita a Beijing e Shanghai, accompagnata dal nuovo Chief Operating Officer Sabih Khan, non è solo una questione di business, ma una mossa strategica in un contesto di crescente tensione tra le due maggiori economie mondiali.

Durante l’incontro con Li Lecheng, ministro dell’Industria e dell’Informazione Tecnologica, Cook ha promesso di “continuare ad aumentare gli investimenti in Cina e migliorare la qualità della cooperazione con i partner cinesi”. Una dichiarazione che suona quasi come una sfida, considerando le minacce di dazi imposte dall’amministrazione statunitense. Cook non è nuovo a queste contraddizioni: nel 2016 siglò un accordo da 275 miliardi di dollari con il governo cinese, suscitando critiche per le implicazioni sulle pratiche di censura e sorveglianza. Ora, con un investimento di 500 miliardi negli Stati Uniti, Apple sembra voler giocare su più tavoli, mantenendo il piede in due scarpe.
La visita di Cook non si è limitata agli incontri ufficiali. Ha fatto un’apparizione a sorpresa in un evento in diretta su Douyin, la versione cinese di TikTok, per promuovere l’iPhone Air. Questo dispositivo, che supporta la tecnologia eSIM, ha ricevuto l’approvazione per i test commerciali in Cina, segnando un passo importante in un mercato che ha sempre mostrato resistenze all’adozione di nuove tecnologie. Tuttavia, l’implementazione dell’eSIM in Cina è ancora in fase iniziale, con limitazioni che ne riducono il principale vantaggio in termini di convenienza.
Sabih Khan, il nuovo COO, ha visitato diverse strutture in Cina, tra cui laboratori di ricerca e impianti di fornitori come AAC Technologies e Lens Technology. Khan ha elogiato la capacità dei fornitori cinesi di “risolvere i problemi con tutte le loro capacità”, un riconoscimento che evidenzia l’importanza della Cina nella catena di approvvigionamento di Apple. Ma questa dipendenza porta anche rischi: le tensioni geopolitiche e le politiche protezionistiche degli Stati Uniti potrebbero mettere in discussione la sostenibilità di questa strategia a lungo termine.
Apple sta cercando di navigare in acque agitate. Da un lato c’è la necessità di mantenere buoni rapporti con la Cina, un mercato cruciale per le sue operazioni. Dall’altro ci sono pressioni interne ed esterne che spingono verso una maggiore indipendenza dalla produzione cinese. La domanda rimane: riuscirà Apple a bilanciare questi interessi contrastanti senza compromettere la sua integrità e la sua posizione nel mercato globale? Solo il tempo dirà se questa strategia si rivelerà vincente o se si trasformerà in un boomerang.