Nel settore energetico non esistono margini d’errore. La storia di come Exelon sta ripensando la rete elettrica con Oracle ci dice molto sul futuro dell’AI nelle infrastrutture critiche

Calvin Butler, CEO di Exelon, non è tipo da partecipare a conferenze tech solo per farsi vedere. Quando si è presentato all’Oracle AI World di Las Vegas, aveva con sé il peso di una responsabilità enorme: garantire elettricità a 10 milioni di persone tra il Mid-Atlantic e Chicago. E nel suo settore, quando qualcosa va storto, non si parla solo di utenti scontenti o recensioni negative. Si parla di vite umane.

Pensateci un attimo. Viviamo in un’epoca in cui una famiglia con figli in didattica a distanza, genitori in smart working e magari un anziano che dipende da dispositivi medici elettrici non può permettersi nemmeno un’ora senza corrente. Non è più un semplice inconveniente, è una piccola catastrofe domestica. Butler lo sa bene, ed è per questo che ha fissato un obiettivo che suona quasi utopico: “giorni di cielo blu 24 ore su 24, 7 giorni su 7”. Zero guasti, zero interruzioni, zero scuse.

La tempesta perfetta

Ma raggiungere questo obiettivo non è affatto semplice. Exelon si trova a fronteggiare tre sfide che arrivano tutte insieme, come un’onda perfetta. Prima di tutto, c’è l’infrastruttura: cavi, trasformatori, sottostazioni costruiti decenni fa che stanno invecchiando e vanno sostituiti. Poi c’è la domanda energetica che sta esplodendo, trainata soprattutto dai data center che alimentano l’intelligenza artificiale – un’ironia non da poco, se ci pensate. E infine ci sono i clienti, che dopo anni di servizi digitali perfetti da parte di Amazon, Netflix e compagnia, si aspettano la stessa affidabilità assoluta anche dall’energia elettrica.

In questo contesto, la manutenzione predittiva non è più un lusso tecnologico da mostrare nelle presentazioni agli investitori. È letteralmente una questione di sopravvivenza aziendale.

L’intuizione: tutto deve parlare la stessa lingua

La partnership tra Exelon e Oracle nasce da un’intuizione interessante. Invece di comprare il database da un fornitore, le applicazioni da un altro, l’infrastruttura cloud da un terzo e poi passare mesi (o anni) a far comunicare questi sistemi tra loro, perché non usare un unico ecosistema integrato? Oracle offre proprio questo: database, applicazioni per finanza, HR e operations, e l’infrastruttura cloud OCI che fa girare tutto.

Sembra banale, ma chiunque abbia lavorato in aziende con sistemi IT complessi sa quanto sia rivoluzionario. Quante volte abbiamo visto progetti di modernizzazione tecnologica impantanarsi nella “trappola della personalizzazione”? Si parte con grandi ambizioni, poi si finisce a scrivere tonnellate di codice custom solo per far parlare sistemi incompatibili, e tre anni dopo sei ancora lì a debuggare integrazioni fragili.

Droni, AI e la promessa mantenuta

Ma veniamo al concreto. Come funziona tutto questo nella pratica? Exelon ha iniziato a usare droni che sorvolano le linee elettriche e raccolgono dati in tempo reale. Questi dati vengono analizzati dalla piattaforma AI di Oracle, che impara a riconoscere i segnali di un guasto imminente: un trasformatore che sta per cedere, un cavo che mostra segni di usura critica, un componente che sta lavorando oltre i limiti di sicurezza.

Il vero salto di qualità è che il sistema non si limita a identificare il problema. Calcola quando intervenire, organizza le squadre di manutenzione, e poi ed è qui che diventa interessante per i clienti – comunica tempi di ripristino accurati. Non più il classico “stiamo lavorando al problema”, ma “il servizio sarà ripristinato alle 14:30”. E funziona davvero: Butler stesso, che è anche cliente del servizio, lo conferma.

La sicurezza non è negoziabile

C’è un altro aspetto che Butler sottolinea con forza, e che spesso passa in secondo piano quando si parla di innovazione tecnologica: la sicurezza informatica. Ogni nuovo sensore, ogni dispositivo IoT, ogni punto di raccolta dati è potenzialmente una porta d’ingresso per attacchi informatici. E se pensiamo che stiamo parlando della rete elettrica nazionale, capiamo subito che non è roba da prendere alla leggera.

Butler è molto diretto su questo: Oracle gli permette di “rendere tutto più efficiente, veloce e migliore, minimizzando al contempo il rischio”. In un settore sotto costante scrutinio per questioni di sicurezza delle infrastrutture critiche, questa non è retorica da marketing. È il motivo per cui un CEO può presentarsi davanti alla commissione statale che approva i budget e dire: “Ecco perché dobbiamo investire milioni in AI”.

Il problema dei regolatori (e non solo)

Qui però arriviamo a un nodo cruciale, e Butler è disarmante nella sua franchezza: “I regolatori non sono early adopter”. Ed è comprensibile, se ci pensiamo. Se sei un funzionario pubblico responsabile di garantire che milioni di persone abbiano elettricità, non puoi dire “Proviamo questa tecnologia rivoluzionaria e vediamo se funziona”. Vuoi prove, vuoi dati, vuoi case study, vuoi garanzie.

Ma questo crea un circolo vizioso: per dimostrare che la tecnologia funziona serve investire, ma per ottenere l’approvazione dell’investimento servono prove che funziona. La soluzione? Progetti pilota, dimostrazioni limitate, espansione graduale. Funziona, ma significa che tra il momento in cui la tecnologia è pronta e quello in cui viene effettivamente usata passano facilmente 12-18 mesi.

Perché Oracle, e non Amazon o Google?

È una domanda legittima. Microsoft Azure, Amazon Web Services e Google Cloud sono tutti player enormi nel cloud computing, spesso con offerte più aggressive in termini di prezzo. Perché una utility come Exelon sceglie Oracle?

La risposta sta in un dato che emerge da un’analisi Gartner del 2024: il 73% delle utility mette la continuità operativa al primo posto nei criteri di scelta del fornitore, prima ancora del prezzo o delle funzionalità. E la continuità operativa non la costruisci dall’oggi al domani. Oracle lavora con le utility da oltre trent’anni. Conosce le loro esigenze, parla il loro linguaggio, capisce cosa significa operare 24/7 senza margine d’errore.

Google può raccontarti storie meravigliose sulla sostenibilità (e sono importanti), Microsoft e Amazon hanno infrastrutture cloud impressionanti, ma nessuno di loro ha passato tre decenni a capire cosa serve davvero per far funzionare una rete elettrica senza mai spegnersi.

Il fattore umano: la sfida più grande

C’è un momento nell’intervista a Butler che vale la pena sottolineare, perché ci ricorda che la tecnologia è solo metà della storia. Lui parla di “veterani con 40 anni di esperienza che devono imparare a usare gli iPad”. Sembra banale, ma è probabilmente la sfida più difficile di tutte.

Immaginate di aver fatto lo stesso lavoro per quarant’anni, di conoscere ogni centralina della vostra zona a memoria, di saper diagnosticare problemi dal suono di un trasformatore. E ora vi dicono che dovete consultare un tablet, interrogare un sistema AI, seguire procedure digitali. Non è solo una questione di imparare a pigiare bottoni diversi. È un cambio di mentalità completo.

Per questo Oracle ha puntato molto sulle interfacce in linguaggio naturale. Invece di costringere i tecnici a imparare query complesse o navigare menu astrusi, possono semplicemente chiedere al sistema “Mostrami lo storico di guasti di questo trasformatore negli ultimi sei mesi” come farebbero parlando con un collega. Sembra un dettaglio, ma fa tutta la differenza del mondo.

E c’è urgenza, perché uno studio McKinsey del 2025 prevede che il 60% dei tecnici sul campo nelle utility andrà in pensione nei prossimi sette anni. Questa non è solo una questione di assumere nuove persone, è un problema di trasferimento di conoscenza. Come fai a catturare quarant’anni di esperienza pratica prima che quella persona se ne vada?

Cosa ci insegna questa storia

La vicenda di Exelon e Oracle ci dice alcune cose importanti sull’adozione dell’intelligenza artificiale in settori dove non puoi permetterti errori.

Prima lezione: procedi per fasi. Exelon ha iniziato con sistemi rivolti ai clienti, dove i benefici sono immediatamente visibili e misurabili. Meno interruzioni, comunicazioni più accurate, clienti più soddisfatti. Una volta dimostrato che funziona, ha espanso a sistemi operativi con impatto sulla sicurezza. Solo dopo, con prove solide in mano, si scala all’ottimizzazione dell’intera rete. Chi prova a fare tutto insieme si ritrova sommerso da approvazioni regolamentarie che ritardano ogni singola iniziativa.

Seconda lezione: il business case deve parlare la lingua di chi approva i budget. Butler è chiarissimo: deve “giustificare ogni dollaro speso” davanti ai commissari statali. Questo significa dimenticarsi delle presentazioni astratte su “produttività aumentata del 30%”. Servono numeri concreti: quanti minuti di interruzione in meno per cliente, quanti incidenti di sicurezza evitati, quante ore di lavoro risparmiate. Roba che un regolatore può mettere in un report e difendere pubblicamente.

Terza lezione: l’architettura dati viene prima delle applicazioni. Exelon ha invertito la sequenza classica di migrazione cloud. Invece di spostare le applicazioni esistenti nel cloud e poi aggiungere l’AI come ciliegina sulla torta, ha modernizzato prima il livello dati per renderlo compatibile con l’AI, e poi ha migrato le applicazioni per sfruttare questa nuova base. Risultato? Meno debito tecnico, meno integrazioni fragili, meno notti insonni per i sistemisti.

Il futuro che si profila

Quello che sta facendo Exelon non è solo un bel case study da conferenza. È un modello che molte altre infrastrutture critiche dovranno probabilmente seguire nei prossimi anni. Perché le pressioni che affronta Exelon – infrastrutture che invecchiano, domanda che esplode, aspettative di affidabilità assoluta non sono uniche al settore energetico.

Le reti idriche, i sistemi di trasporto pubblico, le telecomunicazioni, persino gli ospedali affrontano sfide simili. E tutti stanno guardando con interesse a quello che succede nel settore energetico, perché è probabilmente il più complesso e regolamentato di tutti. Se l’AI funziona lì, probabilmente può funzionare ovunque.

Ma la lezione più importante è forse questa: l’intelligenza artificiale davvero utile, quella che cambia le cose, non è quella che fa titoli sui giornali con applicazioni stravaganti. È quella silenziosa, invisibile, che lavora 24 ore su 24 per fare in modo che quando schiacci l’interruttore a casa tua, la luce si accenda. Sempre.

In un mondo dove ci siamo abituati a tecnologie che ci impressionano ma non sempre ci servono davvero, vedere l’AI applicata a qualcosa di così fondamentale come la rete elettrica è, in un certo senso, rassicurante. Forse stiamo davvero iniziando a usarla per le cose che contano.