Nel panorama ipercompetitivo dell’intelligenza artificiale enterprise, Federico Torreti (Senior Director Product / AI & ML di Oracle) preparatissimo e gentilissimo, che abbiamo avuto l’opportunità di incontrare all’AI World di Oracle ha imposto un cambio di paradigma silenzioso ma radicale. Ha spostato il discorso dall’ossessione per i modelli alla concretezza dell’infrastruttura, dall’intelligenza teorica alla realtà del dato. Ha riportato l’AI dentro il cuore dell’azienda, non come accessorio ma come tessuto connettivo operativo e ha introdotto un principio che molti fingono di capire ma pochi sanno applicare: portare l’AI ai dati, non i dati all’AI.
Questa frase, apparentemente semplice, è in realtà una rivoluzione architetturale. Significa che l’intelligenza deve vivere dove risiedono i dati aziendali, non costringere i dati a migrare verso ambienti esterni, con tutti i rischi, i costi e le complessità di compliance che questo comporta. Nella visione di Torretti, l’AI deve respirare lo stesso ossigeno dei sistemi che governa, deve essere vicina al dato, aderente ai processi e consapevole del contesto. Non un cervello isolato nel cloud, ma un organo vitale dentro l’organismo aziendale.
Oracle ha tradotto questa visione in un modello di AI for Data, dove l’intelligenza viene portata direttamente nelle piattaforme dati esistenti. Con l’AI Database 26ai, l’azienda ha ridefinito il concetto stesso di database, trasformandolo in una piattaforma per workflow agentici. Gli AI agents aziendali non si limitano a leggere informazioni, le elaborano in contesti dinamici combinando dati privati del cliente e dati pubblici, in modo sicuro, verificabile e tracciabile. È l’inizio di una fase in cui la distinzione tra dati strutturati e conoscenza contestuale si dissolve in un’unica architettura intelligente.
La sicurezza diventa qui l’elemento fondativo. Torretti spiega che la vera potenza dell’intelligenza generativa si manifesta solo quando può operare su dati sensibili senza comprometterne la riservatezza. Oracle ha introdotto meccanismi di cifratura omomorfica e di confidential computing che permettono di combinare dati aziendali con fonti pubbliche affidabili senza violare la privacy né spostare le informazioni fuori dal dominio di controllo. È l’alchimia perfetta tra conoscenza proprietaria e intelligenza collettiva, un modello di AI ibrida che non copia, ma integra.
Nel cuore di questa architettura c’è la observability degli AI agents. Per Oracle non si può governare ciò che non si vede. Un agente senza telemetria è un rischio operativo, una black box che agisce senza responsabilità. Gli agenti Oracle vengono quindi progettati con una tracciabilità totale, in cui ogni azione, decisione o inferenza è osservabile, auditabile e reversibile. È la differenza tra un sistema “intelligente” e uno “affidabile”.
L’observability diventa così il linguaggio della fiducia. Ogni interazione dell’agente viene loggata, ogni chiamata ai tool monitorata, ogni deviazione rispetto al comportamento previsto segnalata in tempo reale. Questo approccio si estende fino alla gestione dei prompt e dei modelli, tracciando non solo il risultato ma anche il processo che lo ha generato. In un ecosistema dove i modelli sono sempre più opachi, Oracle introduce la trasparenza come parametro tecnico, non come optional etico.
Torretti insiste su un punto che la maggior parte delle imprese continua a ignorare: l’AI non può essere gestita come una collezione di modelli separati. Deve essere integrata in un’infrastruttura coerente, dove la governance del dato e quella dell’intelligenza coincidono. L’errore di molti è credere che la potenza di un modello risolva la debolezza di un sistema. In realtà, è l’architettura che determina la qualità dell’intelligenza. Oracle ha costruito questa architettura su tre assi: sovranità, osservabilità e prossimità ai dati.
Con la sovranità, garantisce che ogni azienda mantenga il controllo sui propri dati e sui modelli che li utilizzano, sia in cloud pubblico che in ambienti on-premises. Con la prossimità ai dati, elimina la frizione del trasferimento e riduce la latenza decisionale. Con l’observability, rende ogni agente misurabile e governabile. È un modello che ribalta il concetto tradizionale di AI come servizio esterno e lo trasforma in un’infrastruttura intrinseca.
Gli AI agents Oracle Fusion incarnano questa filosofia. Non sono strumenti ausiliari ma componenti del workflow stesso. Analizzano, decidono, agiscono, apprendono. In un ERP, un agente Oracle non si limita a suggerire l’approvazione di una fattura: la elabora, la valida, ne gestisce le eccezioni, monitora gli errori e registra il ciclo completo dell’azione. Ogni passaggio è osservabile, ogni anomalia tracciata, ogni decisione contestualizzata. È la forma più evoluta di automazione intelligente, dove l’AI non esegue ordini ma co-gestisce processi.
Dietro questa apparente semplicità c’è un’idea che va oltre la tecnologia. Torretti spinge le imprese a smettere di trattare l’intelligenza artificiale come un progetto IT e iniziare a considerarla come una nuova forma di governance. Gli agenti diventano strumenti di introspezione aziendale. Fanno emergere incoerenze, colli di bottiglia, regole non scritte. L’AI, integrata e osservabile, diventa lo specchio della complessità organizzativa e il primo passo per semplificarla.
Oracle, in questo senso, ha trasformato la metafora della “black box” in un sistema trasparente e auditabile, dove l’intelligenza non sostituisce l’uomo ma ne amplifica la capacità di decisione. È un’AI che si lascia governare, che parla la lingua del dato e che vive nei confini del business senza invaderli. L’azienda che adotta questo modello non si limita a implementare tecnologia: costruisce un nuovo modo di pensare le proprie operazioni.
Federico Torretti non parla di futuri distopici o rivoluzioni improvvise. Parla di architettura, di ingegneria, di disciplina. In un mercato dove tutti gridano all’innovazione, lui descrive il metodo. L’AI, dice implicitamente, non ha bisogno di magia, ma di rigore. Portarla ai dati, osservarla in ogni istante, combinarla in sicurezza con il mondo esterno: è questa la vera trasformazione digitale.
Oracle non promette un’intelligenza onnisciente, promette un’intelligenza verificabile. E forse è proprio questo il suo vantaggio competitivo più profondo. In un’epoca di hype, è la concretezza a vincere. E la concretezza, nel mondo dell’AI enterprise, oggi ha un nome ben preciso: Oracle.