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Bill Gates ottimista epidemico

Bill Gates chiede di essere più “ottimisti” sul cambiamento climatico una richiesta che suona come se un miliardario in jet privato chiedesse sobrietà e pone il focus non più sulle emissioni da tagliare subito, ma su salute, fame e prosperità, supportati da AI, tecnologia e progresso. Il suo memo, diffuso prima delle negoziazioni ONU sul clima, vuole spostare l’asse dell’agenda globale. Ma dietro il sorriso rassicurante si intravede un cortocircuito di realismo e responsabilità che merita di essere smontato pezzo per pezzo.

Gates sostiene che il “doomsday outlook” l’idea che il declino irreversibile sia imminente — distorca le priorità, facendo concentrare eccessivamente la comunità climatica su obiettivi immediati di riduzione delle emissioni a scapito di interventi che migliorerebbero la vita delle persone mentre il clima continua a peggiorare. Secondo lui, “il cambiamento climatico è un problema serio, ma non sarà la fine della civiltà” . In sintesi: “Sì al clima, ma prima gli esseri umani”.

L’argomento è seducente a prima vista: chi potrebbe obiettare che debbano vivere meglio le popolazioni più vulnerabili? Ma è proprio nella scelta delle priorità che si cela il veleno. Minimizzare l’importanza del percorso di decarbonizzazione oggi significa disinnescare l’arma più potente che abbiamo contro il collasso climatico. Il “pilota automatico progressista” di Gates rischia di diventare il cavallo di Troia del disimpegno climatico.

Il memo non manca di contraddizioni interne. Gates chiede di misurare il progresso non in gradi Celsius bensì con l’Indice di Sviluppo Umano. Fa sognare tecnologie AI che diano consigli su cosa seminare e quando fertilizzare ai contadini dei Paesi poveri. Promuove investimenti in salute e agricoltura come baluardi anti-clima. Ma non menziona adeguatamente che l’AI è un baco in crescita: enorme consumo energetico, fabbisogni idrici e ricadute infrastrutturali che ricadono in gran parte sui sistemi climatizzati che si vorrebbe difendere. Il suo “green premium = zero” non cancella la realtà che, oggi, pulito costa ancora di più in molte aree del mondo.

Scienziati critici chiedono: se non misuriamo le emissioni, come sapremo se stiamo vincendo? La reputazione di chi porta avanti modelli climatici derivati da generazioni di ricerca (inclusi i pericoli dei tipping point) verrà sacrificata sull’altare di un new deal percepito come “umano”? Già Jeffrey Sachs ha bollato il memo come “poco chiaro, vago e fuorviante”. Katharine Hayhoe invita a non trattare il clima come un tema a compartimenti stagni — ogni problema globale si amplifica quando il clima peggiora

La peggior beffa è che Gates propugna l’innovazione nei sistemi agricoli impattanti, ma ignora (o minimizza) il contesto locale. In Africa, contadini cui si propongono algoritmi e semi brevettati non dispongono sempre di acqua sufficiente per coltivare. Gabriel Manyangadze, manager in Zimbabwe, afferma che “l’AI può dare l’informazione, ma non aiuta nell’azione” — serve una pompa solare, non un modello alimentato da server fossili. La sua fondazione è stata anche chiamata a risarcire, con una lettera aperta pubblicata da gruppi africani, i danni alla sovranità alimentare imposti dai suoi schemi agricoli industrializzati

Chi alimenta la decarbonizzazione oggi può dire “prima miglioriamo le vite”? È come sussurrare che prima tassiamo chi inquina, poi vediamo se esistiamo. Gates, in realtà, propone implicitamente una tregua parziale: il disinquinamento può attendere purché l’innovatore ponga persone e salute al centro. Ma chi stabilisce che priorità deve venire “prima”?

Sì, voglio respirare aria pulita e non subire inondazioni, e contemporaneamente voglio che i bambini non muoiano di malaria. Non siamo in uno scenario di esclusione mutua. Le politiche intelligenti devono moltiplicare gli effetti positivi, non scegliere tra vite e atmosfera. Il memo di Gates vorrebbe ridurre il clima a un vincolo marginale, non il vincolo centrale.

Gates non è un idiota: ha investito miliardi in Breakthrough Energy, sostiene energie rinnovabili e tecnologia climatica. Ma oggi, nel 2025, quando l’equilibrio climatico vacilla, minimizzare l’aspetto “emis­sioni” nei fatti alleggerisce la pressione che governi e aziende avrebbero sul cambiamento sistemico. È persino sospetta la tempistica: un cambio di tono subito prima del COP30 in Brasile, che sia un tentativo di rimodellare l’agenda negoziale?

Non è accettabile che un protagonista tecnologico proponga di “lasciare salire la temperatura di 0,1 °C per eliminare la malaria” come se fosse una scommessa plausibile. Sono numeri che pesano, non metafore. Se concedi questo spazio, dove fermerai la scala?

Essere “più ottimisti” non significa ignorare l’urgenza, ma tenerla come stella polare. Gates ci invita a voltare lo sguardo dalle pene ambientali verso le miserie immediate. Peccato che le miserie e il clima siano intrecciate: peggiore il clima, più feroce la miseria. Il memo di Gates è un elegante invito a perdere tempo mentre il pianeta brucia.