Google ha deciso di trasformare lo shopping online da un’esperienza spesso noiosa e ripetitiva in qualcosa di più naturale, fluido e, perché no, persino divertente. A pochi mesi dal picco natalizio, il colosso di Mountain View ha annunciato una serie di aggiornamenti basati sull’intelligenza artificiale che promettono di riscrivere il modo in cui acquistiamo online. Conversational shopping in Google Search, funzioni di acquisto integrate nell’app Gemini, il nuovo agentic checkout e un assistente capace di chiamare i negozi locali per verificare la disponibilità di un prodotto sono solo alcune delle novità introdotte.

La chiave di tutto è la personalizzazione intelligente. L’utente può ora porre domande di acquisto in linguaggio naturale, ottenendo risposte visive e pertinenti. Si può chiedere, per esempio, “mostrami maglioni autunnali color ruggine”, e Google risponde con immagini, prezzi aggiornati, recensioni e disponibilità in tempo reale. È lo shopping come conversazione, un’esperienza che unisce la logica della ricerca semantica con la spontaneità del dialogo umano. Dietro questo salto qualitativo si nasconde la potenza del Shopping Graph, una mappa digitale di oltre 50 miliardi di prodotti, due miliardi dei quali vengono aggiornati ogni ora.

Chi ha seguito l’evoluzione di Google sa che non si tratta solo di estetica tecnologica. L’azienda sta ridisegnando l’interazione tra consumatore e mercato digitale. L’AI non si limita a filtrare informazioni ma le interpreta, trasforma la ricerca in ispirazione e la scelta in decisione guidata. Nel nuovo AI Mode, integrato in Search e presto anche nel browser mobile, le risposte diventano conversazioni a più livelli, con immagini, tabelle comparative e suggerimenti dinamici. Tutto, naturalmente, con un occhio al business: gli annunci sponsorizzati continueranno a comparire, ma in modo più discreto e contestuale.

L’integrazione con l’app Gemini è un altro passo strategico. Google non si accontenta più di suggerire prodotti ma costruisce vere e proprie esperienze di acquisto guidate, dove la richiesta “voglio un’idea per un regalo tecnologico sotto i 200 dollari” si trasforma in un racconto di possibilità concrete, corredato da immagini e link diretti ai negozi partner. È un ecosistema che punta a trattenere l’utente dentro la piattaforma, erodendo spazi di influenza a competitor come Amazon e TikTok Shop.

Il pezzo più interessante, però, è il cosiddetto agentic checkout. Un sistema che non solo notifica le variazioni di prezzo ma può acquistare automaticamente per conto dell’utente, dopo la sua conferma, utilizzando Google Pay. Una funzione già disponibile negli Stati Uniti con partner come Wayfair, Chewy, Quince e alcuni negozi Shopify. Il principio è semplice: eliminare la frizione del “troppe decisioni” e portare la transazione nel momento emotivo giusto, quando l’interesse è alto ma l’attenzione scarseggia. “È utile per gli utenti, ma anche per i retailer che possono riconquistare clienti distratti”, ha spiegato Lilian Rincon, VP di Google Shopping.

Dietro la patina di efficienza, emerge un disegno più profondo. Google sta costruendo un layer conversazionale sopra il web commerciale, un’infrastruttura che collega intelligenza semantica, dati di inventario e sistemi di pagamento. L’obiettivo non è solo semplificare lo shopping ma diventare l’intermediario intelligente tra desiderio e acquisto. L’idea che un’intelligenza artificiale possa “chiamare” i negozi per chiedere la disponibilità di un prodotto suona futuristica, ma è già realtà. Basata sulla tecnologia Duplex, introdotta nel 2018, questa funzione permette di cercare un articolo “vicino a me” e lasciare che Google telefoni ai negozi, raccolga le informazioni e le presenti all’utente in un report sintetico.

C’è ironia nel fatto che, mentre molti si preoccupano che l’AI ci tolga lavoro, Google la sta addestrando a fare telefonate che nessuno vuole più fare. L’assistente digitale parla con il negoziante, chiede il prezzo, verifica eventuali sconti e restituisce la risposta in pochi minuti. Un piccolo lusso di efficienza quotidiana che riduce il rumore delle interazioni umane, ma anche una mossa che posiziona Google come infrastruttura di fiducia per la ricerca e la transazione locale.

Non mancano naturalmente le cautele. I rivenditori possono scegliere di non ricevere queste chiamate e Google si impegna a limitare la frequenza dei contatti e a essere trasparente sull’identità dell’interlocutore AI. Tuttavia, la direzione è chiara: l’intelligenza artificiale non è più solo un assistente, è un attore operativo che gestisce pezzi del ciclo di vendita.

Chi guarda questo scenario con un occhio strategico capisce che Google non sta solo aggiornando le funzioni shopping, sta ridefinendo la customer journey. Dalla scoperta del prodotto alla comparazione, fino al pagamento, ogni passaggio diventa parte di un dialogo unico con l’AI. È un paradigma in cui l’utente non naviga più tra link ma conversazioni, e dove il confine tra motore di ricerca e personal shopper digitale si fa sempre più sottile.

Il tempismo non è casuale. Le festività rappresentano il banco di prova ideale per testare la nuova esperienza d’acquisto. Se l’esperimento funzionerà, Google potrà vantarsi di aver reso lo shopping non solo più intelligente ma anche più umano, paradossalmente grazie alle macchine. E forse, nel processo, convincerà milioni di utenti che parlare con un algoritmo può essere più produttivo che discutere con un commesso distratto.