OpenAI non vuole più essere solo il cliente affamato di Nvidia che compra GPU come fossero noccioline. Per anni Sam Altman ha urlato al mondo che la fame di potenza computazionale stava diventando la vera barriera all’espansione dell’intelligenza artificiale. Ora arriva la risposta: un chip proprietario, disegnato in collaborazione con Broadcom, con consegne previste già dal prossimo anno. È la prima volta che la società dietro ChatGPT decide di sporcarsi le mani con il silicio, e non è un dettaglio di poco conto.
Il segnale al mercato è chiaro. La mossa replica la traiettoria di colossi come Google con i suoi TPU, Amazon con Inferentia e Trainium, Meta con MTIA. Nessuno di loro poteva permettersi di restare schiavo di un fornitore unico. Nvidia domina il settore con un margine che sembra uscito da un monopolio ottocentesco, ma i tempi cambiano. Il 44 per cento di crescita di Broadcom quest’anno, spinto dall’annuncio del misterioso cliente disposto a firmare un contratto da 10 miliardi, racconta già dove si stanno muovendo i capitali.
Altman ha giocato una partita sottile. Prima la collaborazione sperimentale con Broadcom, poi la crescita di ChatGPT fino a diventare simbolo della nuova economia dell’intelligenza artificiale, infine il salto verso l’indipendenza hardware. Perché il vero collo di bottiglia non è il software, non sono gli algoritmi, ma i wafer di silicio. Un modello come GPT-5 non si allena con dichiarazioni altisonanti, si allena con migliaia di chip a pieno regime. Ecco perché OpenAI sta raddoppiando il proprio parco macchine nei prossimi cinque mesi: serve benzina per il motore, e Nvidia non può garantire forniture illimitate a un solo cliente.
La scelta di Broadcom non è casuale. Hock Tan, il suo CEO, ha fiutato l’aria molto prima dei concorrenti. Quando parla di un quarto cliente strategico nel business dei chip AI personalizzati, senza nominarlo, la Borsa capisce e premia. La capitalizzazione vola a 1,6 trilioni di dollari, le azioni salgono di quasi il dieci per cento in un giorno, e improvvisamente Broadcom diventa il fornitore alternativo che può erodere quote a Nvidia. Non per caso gli analisti di HSBC prevedono che il ritmo di crescita dei chip custom di Broadcom supererà quello di Nvidia già nel 2026.
C’è un retrogusto ironico in tutto questo. Nvidia ha costruito il boom dell’intelligenza artificiale, cavalcando la domanda di GPU come mai prima nella storia. Ha venduto la pala nel nuovo gold rush digitale. Ma mentre il mercato cresce, i clienti più grandi iniziano a farsi la pala da soli. È la legge della tecnologia: prima dipendi da chi innova, poi ti emancipi, infine lo superi. Google non si sarebbe mai accontentata di comprare sempre GPU, così come Amazon non si sarebbe mai affidata a server altrui per la sua cloud. Oggi è la volta di OpenAI.
L’aspetto più intrigante è che il chip non sarà messo sul mercato, almeno non nell’immediato. Verrà usato solo internamente. Una mossa che rivela due cose. Primo, la domanda interna è talmente enorme che il business esterno sarebbe marginale. Secondo, l’obiettivo non è monetizzare subito il chip, ma creare un vantaggio competitivo invisibile ma devastante. Chi controlla la propria filiera hardware in un settore ad altissima intensità computazionale vince due volte: riduce i costi e stabilizza le forniture.
Naturalmente resta un rischio enorme. Creare un chip custom non è come lanciare una nuova feature software. I cicli di progettazione sono lenti, i costi di produzione astronomici, gli errori di design letali. Broadcom porta in dote esperienza e capacità produttiva, ma la sfida resta aperta. Se il progetto fallisse, OpenAI tornerebbe alla dipendenza da Nvidia con un conto salato da pagare. Ma se invece funzionasse, cambierebbe la struttura competitiva del mercato AI. Non è un caso che i titoli di Broadcom abbiano reagito con un entusiasmo così evidente: il mercato vede già materializzarsi un futuro alternativo all’attuale monopolio.
Sam Altman, con il suo stile da visionario ostinato, ha fatto capire che il vero problema oggi non è inventare nuovi modelli, ma dar loro elettricità digitale a sufficienza. Parlare di intelligenza artificiale senza considerare la geopolitica dei chip è come discutere di finanza ignorando le banche centrali. La realtà è che le GPU Nvidia hanno reso possibili i primi passi dell’AI generativa, ma l’era dell’autarchia hardware è appena iniziata. E chi ha la capacità di investire 10 miliardi su un nuovo chip non sta solo comprando potenza di calcolo, sta comprando indipendenza strategica.
La narrativa ufficiale parla di un nuovo cliente di Broadcom, ma la traduzione reale è questa: OpenAI non vuole più essere il giocattolo di Nvidia. E se davvero il primo chip vedrà la luce il prossimo anno, allora assisteremo a un terremoto. Non tanto perché Nvidia smetterà di crescere, ma perché il mito della sua indispensabilità inizierà a sgretolarsi. E in un settore che vive di percezioni e aspettative, la crepa psicologica è spesso il preludio al crollo del monopolio.
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