Alibaba ha deciso che la competizione sull’intelligenza artificiale non si gioca più sui miliardi ma sui trilioni, e lo ha fatto con Qwen-3-Max-Preview, il suo primo modello con oltre un trilione di parametri. Una cifra che evoca più la finanza dei derivati che la tecnologia, ma che nella narrativa dell’AI serve a un obiettivo preciso: dire al mondo che non si è più follower di Silicon Valley ma attore principale di una sfida globale con OpenAI, Google DeepMind, Anthropic e i nuovi campioni cinesi come MoonShot o DeepSeek. Il problema è che il numero di parametri è un indicatore tanto seducente quanto ingannevole, perché se da un lato segnala potenza e complessità, dall’altro apre la porta al sospetto che si stia vendendo fumo più che intelligenza.

Il modello, distribuito su Alibaba Cloud e su OpenRouter, non è open source. Questo dettaglio non è secondario, perché se fino ad ora la forza della serie Qwen stava nell’essere scaricabile e manipolabile da una comunità di sviluppatori in piena euforia creativa, ora Alibaba preferisce blindare l’accesso e monetizzare pesantemente con tariffe che superano i tre dollari per milione di token in output. È una scelta di posizionamento che contrasta con l’immagine di motore dell’open source che la compagnia aveva costruito negli ultimi anni con più di 20 milioni di download e oltre 100.000 modelli derivati su Hugging Face. Ma evidentemente, quando si superano i trilioni, si torna a ragionare con logiche da club esclusivo.

Chi pensa che sia solo marketing si sbaglia. Qwen-3-Max-Preview ha già superato nei test interni rivali come il Kimi K2 di MoonShot, una versione non reasoning del Claude Opus 4 di Anthropic e persino DeepSeek V3.1. Le metriche non sono state ancora ufficializzate in paper scientifici ma la narrativa è chiara: Alibaba vuole rivendicare il primato, almeno sul fronte della comprensione bilingue cinese-inglese, dell’esecuzione di istruzioni complesse e della capacità multilingua. Una sfida diretta a chi pensa che la leadership tecnologica sia prerogativa delle coste californiane. La frase “scaling works” ripetuta dai portavoce ha un tono quasi di sfida, come se fosse un avvertimento: “preparatevi, l’ufficiale vi sorprenderà”.

C’è un elemento che colpisce: la monetizzazione aggressiva. Mentre OpenAI ha mantenuto un pricing relativamente stabile, Alibaba posiziona il suo modello Max come un prodotto premium, con prezzi quasi tripli rispetto al Qwen3-235B-A22B-2507. È un messaggio al mercato e agli investitori: “stiamo costruendo infrastrutture da 380 miliardi di yuan nei prossimi tre anni e vogliamo ritorni subito”. Del resto, secondo i dati finanziari, le linee AI del gruppo hanno registrato otto trimestri consecutivi di crescita a tre cifre. Un risultato che, se confermato, trasforma Alibaba da semplice retailer e cloud provider a polo tecnologico con ambizioni globali.

La provocazione più interessante arriva da Binyuan Hui, ingegnere AI di Alibaba, che ha anticipato l’arrivo di una versione “pensante” del modello. È qui che la semantica diventa arma di marketing: cosa significa “pensante” per un modello linguistico? È un modo di dire che si sta lavorando a ragionamento simbolico, logica deduttiva e capacità di contestualizzare oltre la semplice predizione statistica delle parole? Oppure è un’altra parola da aggiungere al lessico hype che mescola “general AI”, “reasoning” e “multimodalità” in cocktail perfetti per presentazioni corporate? La verità, come spesso accade, sta nel mezzo.

Gli osservatori cinesi leggono in questa mossa la volontà di superare i confini nazionali e posizionarsi come alternativa credibile ai modelli occidentali, sfruttando anche l’asimmetria regolatoria che permette a Pechino di investire massicciamente senza gli stessi limiti di governance etica che vincolano gli Stati Uniti e l’Europa. Non è un caso che Alibaba abbia annunciato più investimenti in AI nei prossimi tre anni che in tutta la decade precedente. Una dichiarazione di potenza, più che una semplice scelta industriale.

La narrativa ufficiale spiega che il modello Qwen-3-Max-Preview migliora in modo sostanziale la gestione dei task aperti e soggettivi, oltre all’invocazione di strumenti. In altre parole, punta a diventare non solo un generatore di testo, ma un orchestratore di sistemi, un mediatore tra AI e infrastrutture digitali. Se questa promessa fosse mantenuta, significherebbe che Alibaba ha trovato il modo di trasformare i suoi modelli in piattaforme operative per il business, con ricadute enormi su e-commerce, fintech e servizi cloud. L’ironia è che il modello che vuole cambiare tutto resta comunque “text only”, come se la multimodalità fosse ancora un lusso da rimandare.

Il confronto con OpenAI resta inevitabile. GPT-4.5 è stimato tra i 5 e i 7 trilioni di parametri, numeri che spostano la discussione su un terreno quasi metafisico. È la corsa agli armamenti dell’intelligenza artificiale, dove nessuno sa davvero se sia meglio avere più parametri o più dati puliti, più ragionamento o più creatività. Ma intanto il messaggio al mercato è chiaro: i trilioni sono la nuova valuta del potere tecnologico, e chi non partecipa rischia di restare irrilevante.

Alibaba si inserisce in questo gioco con la determinazione di chi ha già costruito infrastrutture digitali che supportano centinaia di milioni di utenti e con la spavalderia di chi può permettersi investimenti da decine di miliardi senza dover giustificare troppo ai regolatori. Qwen-3-Max-Preview diventa quindi non solo un modello di AI, ma un manifesto politico-industriale che dice: la Cina non intende rincorrere, vuole guidare.

Qwen Chat: https://chat.qwen.ai Alibaba Cloud API: https://modelstudio.console.alibabacloud.com/?tab=doc#/doc/?type=model&url=2840914_2&modelId=qwen3-max-preview

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