Deloitte ha presentato un “Agentic AI Blueprint” focalizzato in particolare sul settore delle telecomunicazioni, stimando che queste applicazioni potranno generare fino a 150 miliardi di dollari di valore nei prossimi 5 anni. Parallelamente, ha lanciato una “Global Agentic Network” per accelerare lo sviluppo e la diffusione di agenti digitali in imprese globali.

All’interno della piattaforma di audit, Omnia, sta integrando moduli agentici capaci di agire in autonomia su task come revisione di documentazione, interrogazione di bilanci, redazione automatica e gestione del flusso di dati.

Con il prodotto Zora AI, Deloitte propone agenti intelligenti verticali nei domini finanziari, supply chain, procurement, sicurezza, con capacità di ragionamento, percezione e azione autonoma.

Tutto questo va accompagnato da un contorno “governance affidabile”, nel gergo “Trustworthy AI”, che include controlli, audit, regole di accesso e “human-in-the-loop”.

Il bias da overpromessa
Deloitte parla di value enorme (150 miliardi per le telco), ma queste stime come spesso accade nei white paper vanno prese con cautela. Le condizioni operative, i vincoli legacy, l’adozione culturale, i rischi normativi possono dimezzare (e talvolta annullare) il “valore teorico”.

La “zona grigia” del “che cosa non deve essere agente”
Non serve un agente per ogni workflow. Le attività statiche, i report standard che non richiedono reasoning possono continuare a funzionare meglio con modelli analitici classici, senza arretrare nella modalità “agentica”.

Governance, sicurezza, accountability
Nel campo dell’AI agentica l’errore non è solo un bug: può avere effetti a cascata. Serve un framework rigoroso di autorizzazioni, logging, rollback, possibilità di intervento umano. È proprio qui che stanno i maggiori rischi (e i maggiori fallimenti). Studi accademici recenti segnalano che delegare potere decisionale a entità autonome richiede nuovi modelli di “authenticated delegation” per responsabilizzare gli agenti digitali. vedi arXiv

Il salto tra pilota e scala
Molte aziende falliscono non per colpa della tecnologia, ma per non avere un percorso chiaro da PoC (proof of concept) a roll-out su larga scala. Deloitte lo sa: il suo blueprint è costruito proprio per “scale” reali. Però non basta un buon blueprint se l’azienda cliente non ha maturità digitale, infrastrutture moderne, cultura del fallimento rapido e un team di ingegneria capace.

Trasparenza vs “non-explanatory”
È legittimo per certi flussi (es. verifiche processuali), ma in contesti regolamentati, auditoria, finanza, i decisori vogliono “perché questa scelta?”. Se l’agente diventa “scatola nera”, il rischio di rigetto è alto. Deloitte tenta di mitigare con il concetto di “human-in-the-loop” e controlli integrati nel ciclo.

E’ un annuncio concreto, non puro marketing. Ma non è oro che luccica. La vera battaglia non è costruire l’agente più intelligente: è integrarlo nei processi, con governance forte, visibilità, rollback, fiducia umana, infrastrutture solide. Il framework è valido come filtro interno ciò che Deloitte sta aggiungendo è spesso infrastruttura, modello operativo e credibilità di scala.