Il mercato ha reagito con panico alla trimestrale di Oracle, con le azioni in calo del 12 percento nel premarket e un effetto domino su Microsoft, Nvidia e AMD. In apparenza, i ricavi sembrano deludenti, ma il vero motore della crescita futura non si misura nei dati trimestrali. La montagna degli obblighi di performance residui, gli RPO, ha superato i 523 miliardi di dollari, ben oltre le aspettative. Questo backlog gigantesco rappresenta contratti già firmati e il carburante reale per la prossima ondata di ricavi AI.
Una singola mossa trimestrale ha portato 69 miliardi in nuovi RPO. Numeri del genere non sono mere statistiche: anticipano una crescita reale e tangibile. La pipeline di Oracle mostra come l’azienda stia raccogliendo la domanda di infrastrutture cloud generative prima della concorrenza, costruendo un vantaggio competitivo difficile da replicare. Mentre il mercato guarda ai numeri immediati, la traiettoria reale si sta disegnando sotto gli occhi di chi sa leggere oltre l’istante.
La monetizzazione futura di questi obblighi potrebbe aggiungere circa 4 miliardi di dollari di ricavi nel 2027. Le previsioni di crescita di Dan Ives indicano oltre il 17 percento nel 2026 e fino al 45 percento nel 2028. Questi valori non sono frutto di ottimismo sterile: derivano dalla conversione meccanica del backlog in ricavi concreti. Il paradosso è evidente: mentre il mercato punisce numeri trimestrali “medi”, il vero valore risiede in una strategia di lungo periodo che pochi sanno interpretare.
Il discorso sul debito necessario per sostenere l’espansione AI è stato gonfiato dai rumor. Oracle potrebbe richiedere molto meno dei 100 miliardi ipotizzati, grazie al contributo diretto della crescita degli RPO e del New Cloud ARR. Gli investimenti infrastrutturali, incluse le spese per i datacenter, non sono un peso ma un catalizzatore per dominare il mercato AI. Il segnale è chiaro: la capacità di anticipare la domanda e costruire infrastruttura su scala industriale rappresenta oggi il vero vantaggio competitivo.
Il cloud di Oracle, in particolare l’OCI, ha registrato una crescita del 66 percento in valuta costante, segnale che le nuove strutture stanno rispondendo in modo efficace alle richieste dei clienti. I flussi di cassa negativi, spinti da 12 miliardi di capex, sono un dettaglio operativo che racconta più di quanto sembri. In questo contesto, le preoccupazioni per possibili ritardi nei datacenter risultano infondate. La capacità di scalare rapidamente rimane il vero indicatore di successo in un mercato dove la generative AI guida la domanda di calcolo.
La percezione di Oracle come gigante in rincorsa è fuorviante. L’azienda sta sfruttando partnership strategiche, come quella con OpenAI, per specializzarsi nelle infrastrutture AI senza giocare la guerra diretta con Amazon o Google. Gli RPO diventano la lente privilegiata per leggere la futura crescita dei ricavi, una prospettiva che trasforma la trimestrale “deludente” in un’anticipazione di espansione esponenziale.
Costruire capacità prima del picco della domanda è la lezione chiave che la storia insegna. Chi arriva tardi paga costi elevati e margini ridotti; chi anticipa, come Oracle, accumula vantaggi difficilmente replicabili. La narrativa di Wall Street spesso ignora la logica dei cicli infrastrutturali, incapace di vedere oltre trimestri immediati e fluttuazioni di breve termine. La realtà tecnologica oggi impone di guardare agli RPO e ai datacenter come veri driver di valore futuro.
I contratti firmati, le capacità infrastrutturali e il backlog consolidato stanno trasformando Oracle in una rete AI pronta a monetizzare rapidamente la crescente domanda di generative AI. L’ironia è che il mercato continua a reagire alle fluttuazioni quotidiane, mentre la strategia di lungo periodo sta già disegnando uno scenario che potrebbe riscrivere la storia del cloud enterprise e dell’AI industriale nel prossimo decennio. Gli RPO, un tempo nota marginale di bilancio, diventano oggi il vero oracolo del futuro, un termometro della crescita che i trader distratti faticano a leggere correttamente.