Le recenti interviste podcast con Demis Hassabis, CEO di Google DeepMind, e Mustafa Suleyman, CEO di Microsoft AI, non sono semplici chiacchierate da salotto tecnologico ma dichiarazioni di guerra sotterranea sulle strategie di sviluppo dell’Intelligenza Artificiale Generale (AGI). Questi due pionieri, co-fondatori di DeepMind, oggi guidano laboratori concorrenti con visioni radicalmente diverse su cosa debba diventare l’AGI e su come debba essere governata. La dicotomia emerge con la forza di un fulmine in una notte senza luna: per Hassabis l’AGI è strumento scientifico supremo, mentre per Suleyman è un motore economico da contenere e governare con ferrea disciplina.

La storia non è banale. Hassabis e Suleyman, che un tempo costruivano insieme la road map per una nuova era dell’intelligenza, ora sembrano parlare due linguaggi antitetici. Google DeepMind incarna la visione della conoscenza come fine ultimo, Microsoft AI propone la contabilità economica dell’intelligenza artificiale come misura di successo. Queste non sono differenze accademiche ma divergenze profonde nei modelli mentali su cui l’industria dell’intelligenza artificiale basa ogni scelta di prodotto, ogni allocazione di risorse e ogni decisione etica.

Se vuoi ascoltare direttamente Hassabis discuterne, c’è un episodio rilevante del podcast “Google DeepMind: The Podcast” condotto da Hannah Fry con Demis Hassabis come ospite. Ascolta l’intervista di Demis Hassabis su Google DeepMind Podcast Per Suleyman, c’è un episodio di “Moonshots with Peter Diamandis” in cui il CEO di Microsoft AI espone la sua visione sulla corsa all’AGI come “fake” e sul ruolo che gli agenti economici autonomi dovrebbero svolgere. Ascolta Mustafa Suleyman su Moonshots with Peter Diamandis

Nel cuore di queste conversazioni affiora una parola chiave che fa tremare qualsiasi CTO abituato a pensare in termini quantistici: jagged intelligence. Hassabis utilizza questo termine per descrivere l’incoerenza delle IA contemporanee che eccellono in compiti matematici di alto livello ma falliscono di fronte a compiti logici basilari. Google DeepMind sta cercando di colmare questo “gap di coerenza” con benchmark fisici avanzati e simulazioni che spingono i modelli a comprendere e interagire con le leggi della fisica reale, non solo con illusioni visive plausibili.

La keyword principale in tutta questa narrazione è strategia AGI, mentre le keyword semantiche correlate che emergono sono jagged intelligence, motore economico AGI e contenimento dell’intelligenza artificiale. Queste parole non sono etichette di marketing, ma i segni distintivi di due modelli mentali radicalmente diversi su come costruire, testare e governare intelligenze sempre più capaci.

Per Hassabis l’AGI non è un prodotto da lanciare sul mercato. È una forma di scienza computazionale che decodifica l’universo. Il suo approccio è simile a quello di un fisico teorico che si infila nei problemi “root node”: superconduttori a temperatura ambiente, fusione nucleare, compiti cognitivi che richiedono una comprensione profonda delle leggi naturali. In questa visione l’AGI è l’equivalente digitale della scoperta dei quark o dell’energia di punto zero. Non si misura in ricavi trimestrali ma in capacità di spiegare ciò che non capivamo.

La visione di Suleyman riflette invece una metrica economica dell’intelligenza artificiale. Il suo benchmark AGI non è un test scientifico astratto ma un esperimento di mercato: dare a un agente 100.000 dollari e vedere se riesce ad autonomamente trasformarli in un milione sul mercato libero. È un’interpretazione pragmatica che porta l’AGI nel mondo reale, dove le prestazioni vengono giudicate non in base alla capacità di risolvere equazioni di fisica quantistica ma di generare valore economico reale con rischi gestibili.

Questa differenza di prospettiva si riflette anche nel modo in cui le due aziende affrontano la questione dell’allineamento umano. Hassabis parla di comprendere e modellare comportamenti complessi, costruendo sistemi che non solo simulano la realtà ma la comprendono profondamente. Microsoft, sotto la guida di Suleyman, dà la priorità alla costruzione di quadri rigorosi di responsabilità oggettiva e di limitazioni fisiche sulle capacità dei sistemi prima ancora di tentare di “programmare valori umani”. Qui la parola chiave è contenimento: limitare la sfera d’azione dell’intelligenza artificiale per evitare derive incontrollabili, prima di preoccuparsi di allineare ogni singolo valore morale con quello umano.

Il contrasto è così netto che Suleyman arriva a definire la corsa all’AGI come una narrazione falsa, una corsa senza linea del traguardo che distrae dal vero compito: costruire superintelligenze utili e governabili oggi, non domani. Per lui l’AGI non è una singola pietra miliare da raggiungere ma un continuum di capacità sempre più integrate nei processi economici, sociali e produttivi con una presenza 24 ore su 24, 7 giorni su 7 nella vita delle persone tramite assistenti conversazionali.

La profonda differenza tra “mettere l’uomo al centro” e “sbloccare i segreti dell’universo” potrebbe sembrare stilistica, ma riflette modelli di business completamente opposti. Nel primo caso, l’intelligenza artificiale è un augmento umano, un’estensione delle capacità biologiche che non le sostituisce ma le potenzia con un cappello di sicurezza ben stretto. Nel secondo, l’AGI è un acceleratore scientifico che, come una fusione nucleare concettuale, può liberare energie cognitive ben oltre ciò che l’intelletto umano può fare da solo.

Curiosamente, nonostante le apparenti divergenze, entrambi concordano su alcune asserzioni di base: l’intelligenza artificiale sta progredendo a ritmi ultra-veloci, potenzialmente accelerando decenni di progresso in pochi anni. Entrambi riconoscono che la strada verso un’AGI veramente robusta passerà attraverso una combinazione di innovazione tecnica e governance responsabile. L’unico punto di disaccordo è come e perché farlo.

A un osservatore esterno, questa biforcazione potrebbe ricordare l’alba di due epoche: da una parte i filosofi della scienza che inseguono verità assolute, dall’altra gli economisti che misurano la performance con KPI monetari. Eppure, come in ogni grande dibattito tecnologico, il vero valore non sta nel proclamare un vincitore, ma nel riconoscere che la strategia AGI di domani sarà definita là dove queste visioni si incontrano e si scontrano nello stesso campo di battaglia: il mondo reale.