Rivista AI

Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

Zuckerberg voleva scorporare Instagram: quando la paura dei regolatori batte l’ego di un imperatore digitale

Non è un segreto che il regno di Menlo Park sia stato costruito a colpi di acquisizioni strategiche, mosse predatorie e una visione quasi napoleonica del controllo dei dati personali. Ma ciò che emerge dal processo antitrust tra la Federal Trade Commission e Meta è un retroscena che profuma di auto-preservazione travestita da strategia imprenditoriale.

Secondo e-mail interne risalenti a sette anni fa, Mark Zuckerberg avrebbe considerato lo scorporo volontario di Instagram, proprio perché il suo successo crescente rischiava di oscurare Facebook, la piattaforma madre.

FS Research Center Prevedere o costruire il futuro? L’illusione del cigno nero e il risveglio del planner visionario

Nel panorama rarefatto della pianificazione infrastrutturale italiana, Mario Tartaglia Lead del Research Center lancia una provocazione tanto elegante quanto velenosa: “To Predict or to Build the Future?”. Una domanda che non è un semplice invito alla riflessione, ma un’accusa neanche troppo velata verso la cronica miopia decisionale di chi dovrebbe disegnare il nostro domani su rotaie, asfalto e reti digitali.

Tartaglia non gioca sul banale ottimismo futurista. Mette in fila quarant’anni di incoerenza istituzionale – dal primo Piano dei Trasporti del 1985 alla tragicomica sequela di liste della spesa strategiche della cosiddetta Legge Obiettivo del 2001 per farci capire che il vero cigno nero non è la pandemia, né il cambiamento climatico. Il vero Black Swan è l’incapacità sistemica di pianificare con visione. E, come suggerisce il buon Nassim Taleb, il COVID non era nemmeno un cigno nero: era un elefante nella stanza, annunciato da Gates, Quammen e mezzo mondo scientifico. Ma come al solito, nessuno ha ascoltato Cassandra.

Cercasi mecenati digitali: tra datacenter, AI e la solita italianissima miopia normativa, Mario Nobile AGID

Al Festival dell’Innovability quel teatro vicino al Bar dei Daini, a metà tra marketing ambientale e fiolosofia tecnologica Mario Nobile (un Illuminato), direttore dell’AGID, ha sparato tre cartucce apparentemente innocue ma potenzialmente esplosive se solo avessimo la polvere da sparo (leggasi: visione, capitale, coraggio).

La prima riguarda la semplificazione delle regole. E qui viene da chiedersi: com’è possibile che nel 2025 dobbiamo ancora parlare di “snellire la burocrazia”? In realtà, la normativa italiana è progettata come una ragnatela per bloccare sul nascere ciò che non si riesce a controllare. Ogni innovatore che ha provato a scalare un progetto in Italia si è ritrovato a combattere con mille regolamenti incrociati, interpretazioni divergenti tra enti locali, e una PA in cui il cloud è ancora percepito come una minaccia alla “custodia” dei faldoni cartacei. Se semplificare le regole diventa il primo punto di un’agenda digitale, significa che siamo ancora in pre-produzione, mentre il resto del mondo ha già caricato la V2 in beta pubblica.

Huawei sfida Nvidia: la supernode cinese che punta a riscrivere le regole dell’intelligenza artificiale

Mentre l’occidente dorme e si gingilla con le sue regolazioni etiche e i suoi panel consultivi, Huawei ha appena alzato il sipario su qualcosa che, nel gergo bellico delle tecnologie emergenti, suona come un messaggio nucleare: la CloudMatrix 384 Supernode. Non è un nome da blockbuster hollywoodiano, ma dietro a questo acronimo rigido si nasconde una bestia da 300 petaflop, un Frankenstein di silicio che – se i numeri dichiarati reggono surclassa la tanto celebrata NVL72 di Nvidia (ferma a “soli” 180 petaflop). Fonte: STAR Market Daily

Il tempismo non è casuale. Gli USA hanno sbarrato l’accesso ai chip avanzati? Huawei risponde rilanciando con un’architettura AI che fa a meno di Santa Clara. La risposta cinese alla fame mondiale di potenza computazionale non è più una replica, è una dichiarazione di indipendenza. Ed è strategica, non solo tecnologica. Il fatto che la supernode sia già operativa a Wuhu, nella provincia centrale dell’Anhui, non è un dettaglio geografico: è la conferma che l’infrastruttura AI cinese non sta più nei laboratori, ma nei datacenter attivi, quelli veri.

Google vuole girare il tuo cinema interiore: arriva Veo 2, l’IA che fa video su prompt ma ti mette il guinzaglio

Google ha deciso che il cinema del futuro non lo faranno più i registi indie né gli studios di Hollywood: lo gireremo tutti noi, un prompt alla volta, con Veo 2, la nuova generazione del suo modello di intelligenza artificiale per la creazione di video realistici e ad alta risoluzione. Per ora, però, solo i Gemini Advanced subscribers possono giocare con questa nuova macchina dei sogni. Sì, sempre che abbiano tempo, fantasia e pazienza da vendere. E soprattutto: sempre che non sforino la quota mensile imposta da mamma Google. Perché l’intelligenza artificiale sarà anche generosa, ma mica gratis.

Visita il blog Google.

Da oggi, gli abbonati a Gemini possono scegliere Veo 2 dal menù a tendina nella versione web o mobile e generare clip da otto secondi in formato 720p. Più che cinema, un trailer di TikTok. A proposito: se stai usando l’app su mobile, puoi caricare il tuo capolavoro direttamente su TikTok o YouTube grazie al tasto share. Come dire: se non diventi virale, è colpa tua, non dell’algoritmo.

Claude diventa impiegato modello: Anthropic sfida Google e Microsoft con ricerca autonoma e Google Workspace integrato

Leggi l’annuncio ufficiale

Chiudete gli occhi e immaginate un assistente aziendale che non dorme mai, non prende ferie, non si lamenta della macchina del caffè rotta, e soprattutto: non perde mai una mail. È questo il sogno che Anthropic ha deciso di monetizzare. Oggi lancia due novità pesanti come mattoni nella vetrina già affollata dell’intelligenza artificiale aziendale: l’integrazione con Google Workspace e una nuova funzione di ricerca “agentica” che promette di cambiare le regole del gioco. O, per i più disillusi, di spostare l’asticella un po’ più in là nel far finta di sapere di cosa si parla.

Claude, il chatbot elegante e moralista di Anthropic, ora diventa più ficcanaso e più utile. Dopo aver chiesto il permesso, naturalmente. Si collega alla tua Gmail, ai documenti su Google Drive e al tuo Google Calendar. Risultato? Ti evita l’inferno quotidiano di cercare “quel PDF di tre mesi fa che conteneva forse il piano marketing”. Claude lo trova, te lo spiega, ti fa un riassunto e magari ti dice pure se sei in ritardo con le consegne. Questo lo trasforma da semplice chatbot a qualcosa di molto simile a un vice-assistente operativo, pronto a competere direttamente con Copilot di Microsoft e altri tentativi simili (spesso più promessi che mantenuti).

Luciano Floridi: L’eclissi dell’analogico: perché i bit stanno divorando il mondo e il mondo non se ne accorge

Articolo completo disponibile qui

Nel suo saggio The Eclipse of the Analogue, the Hardware Turn, and How to Deal with Both, Luciano Floridi firma un manifesto filosofico che è tanto un’allerta quanto una diagnosi cinica e lucida sul rapporto sempre più tossico tra digitale e analogico. Il testo, a tratti feroce nella sua chiarezza, è una lettura che ogni CTO, policymaker e filosofo (anche quelli travestiti da imprenditori) dovrebbe tenere come guida per non diventare l’ennesimo adoratore del feticcio digitale.

Floridi articola tre tesi connesse ma devastanti nella loro implicazione: primo, l’epistemologia del nostro tempo è mediata da modelli digitali che eclissano i sistemi reali; secondo, il potere non è più nel codice ma nell’hardware che lo supporta, in quella che chiama “hardware turn“; terzo, la soluzione non è un ritorno nostalgico al passato analogico, ma una combinazione riformulata di educazione critica (Paideia), legislazione robusta (Nomos), e una sovranità digitale capace di presidiare il confine sempre più labile tra ciò che è vero e ciò che è simulato.

AMD produrrà chip CPU presso l’impianto TSMC in Arizona

​AMD ha annunciato che inizierà a produrre i suoi processori di quinta generazione EPYC, destinati ai data center, presso il nuovo impianto di Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC) in Arizona. Questa mossa segna la prima volta che i prodotti AMD saranno fabbricati negli Stati Uniti, riflettendo una tendenza più ampia di riportare la produzione di semiconduttori sul suolo americano, in risposta ai crescenti rischi legati al commercio e alle tariffe.

Il nuovo processore EPYC, nome in codice “Venice”, sarà il primo chip di calcolo ad alte prestazioni di AMD finalizzato per la produzione con la tecnologia avanzata a 2 nanometri di TSMC. Sebbene TSMC inizierà inizialmente la produzione di chip a 2 nm a Taiwan, gli sforzi di AMD indicano una pianificazione robusta per il futuro nella progettazione di chip avanzati.​

OpenAI e il suo social network, Il B2C, signori, non è solo il futuro è la macchina che vince sempre

OpenAI si sta buttando nell’arena più tossica, affollata e umanamente compromessa dell’intero universo tech: il social networking. Non stiamo parlando di un’estensione corporate da 4 slide su PowerPoint o di una funzionalità da developer preview, ma di un progetto vero, con tanto di feed visuale centrato sulla generazione di immagini di ChatGPT. La notizia è arrivata da The Verge, citando fonti interne che parlano di un prototipo già operativo.

Per ora siamo ancora in fase embrionale, ma il fatto stesso che OpenAI colosso dell’AI da 97 miliardi di valutazione e braccio operativo di Microsoft nella guerra per la dominance cognitiva dell’umanità stia anche solo valutando una piattaforma sociale, dice molto. Dice che il B2C, alla fine, vince sempre. Perché è lì che stanno gli occhi, i dati, le interazioni, le emozioni. È lì che si costruiscono le dipendenze. Ed è lì che l’AI vive e prospera.

Google photos e Gemini: l’intelligenza artificiale sa quando ti scade il passaporto e cosa hai mangiato in vacanza

La notizia è secca, quasi banale: Google sta integrando Photos con Gemini, il suo nuovo assistente AI. Ma attenzione: è solo per “un gruppo selezionato di utenti invitati”.

L’effetto è quello di una festa a cui non sei stato chiamato, ma dalla strada vedi tutto attraverso le finestre.La vera questione non è cosa fa, ma cosa promette di diventare.

L’integrazione, attualmente in rollout graduale su Android e iOS, permette a Gemini di accedere al tuo archivio fotografico e di rispondere a richieste del tipo “mostrami le foto con Mario al lago di Como” oppure “quando ho rinnovato il passaporto?” o ancora “che cavolo ho mangiato a Barcellona l’anno scorso?”.

Recommended on-demand hosting solution for an inference server

Gpu, compliance and chaos: the survival guide for university researchers in the low-cost inference wild west

There’s a moment—right after your first PyTorch model compiles and right before deployment—where a university researcher turns into a guerrilla hacker of cloud economics. Do you have a GPU? No. Do you have a budget? Not a chance. Need HIPAA compliance? Of course, and maybe a unicorn on sale while you’re at it. But that’s not the point. The point is, you want to do on-demand inference with a GPU, pay only when someone actually uses your model, and keep the compliance people happy, without burning half your grant on spinning VMs or dealing with neurotic IT teams.

Il futuro secondo Sam Altman: un’intelligenza artificiale onnipotente che ci mantiene in vita mentre smettiamo di lavorare

Sam Altman non investe, orchestra. La sua strategia assomiglia più a una sinfonia tecnofuturista che a un classico portafoglio da venture capitalist. Non è il classico miliardario che diversifica per ridurre il rischio, ma uno che punta tutto su un futuro ben preciso e spaventosamente coerente. Se uno si ferma a un solo annuncio, tipo lo scanner oculare di Worldcoin può pensare a un’altra Silicon Valley gimmick. Ma mettendo insieme Retro Biosciences, Roboflow, Operator, OpenResearch, Oklo, e soprattutto Stargate, il quadro si fa chiarissimo: Altman non vuole costruire l’ennesima startup. Vuole ricablare la civiltà.

Partiamo dall’inizio, o dalla fine, a seconda di come lo si guarda: Retro Biosciences. Un’azienda che lavora per allungare la vita di dieci anni. Non cinquanta. Dieci. Quel tanto che basta per arrivare vivi e vegeti all’era in cui le macchine faranno tutto. Un’umanità mantenuta efficiente ma sempre meno necessaria, che deve solo resistere abbastanza per non perdersi la festa finale.

Hugging Face mette le mani su Pollen Robotics: l’AI si fa carne e servo-meccanismi

La notizia, apparentemente innocua, ha il sapore di una mutazione darwiniana per il mondo dell’intelligenza artificiale. Hugging Face, la ben nota piattaforma da developer-nerd cool che distribuisce modelli AI open source come fossero caramelle alle fiere di settore, ha deciso di scendere dal cloud per toccare il metallo vivo.

Ha appena acquistato Pollen Robotics, startup francese con quartier generale a Bordeaux, produttrice del robot Reachy, una creatura da laboratorio dal prezzo di listino di 70.000 dollari, capace di prendere una mela o una tazza mica male per un golem 2.0 con ruote e braccia.La cifra dell’acquisizione?

Chatgpt 4.5 supera il test di Turing: benvenuti nel bluff perfetto dell’intelligenza artificiale

Se Alan Turing potesse vedere cosa è successo a San Diego, probabilmente alzerebbe un sopracciglio e accennerebbe un mezzo sorriso. Non perché le macchine abbiano finalmente conquistato l’umano, ma perché ci siamo lasciati fregare con una naturalezza che ha dell’artistico. L’Università della California ha recentemente condotto uno studio che ha mostrato come ChatGPT-4.5, il chiacchieratissimo modello di OpenAI rilasciato solo lo scorso febbraio, sia riuscito a superare una versione moderna del test di Turing nel 73% dei casi. Avete capito bene: in quasi tre conversazioni su quattro, la gente ha pensato che dietro allo schermo ci fosse un umano.

Il test, che richiede semplicemente a un giudice umano di distinguere tra una persona reale e una macchina basandosi esclusivamente sul dialogo, ha sancito che GPT-4.5 sa camuffarsi meglio di un PR in crisi reputazionale. Mentre altri modelli come LLama-3.1-405B o la storica e ormai patetica ELIZA annaspano, GPT-4.5 emerge come il nuovo Casanova digitale.

Apple reinventa la privacy: intelligenza artificiale migliore, dati personali intatti

Apple ci ha abituati a muoversi lentamente, a volte troppo lentamente, quando si tratta di intelligenza artificiale. Ma ora sembra che voglia recuperare terreno con una mossa che fa sembrare OpenAI e Google dei guardoni digitali. L’azienda di Cupertino ha annunciato, con il solito tono da “vi spieghiamo tutto ma non troppo”, un nuovo metodo per migliorare i propri modelli AI senza toccare, copiare o sbirciare i dati degli utenti. Sì, hai letto bene: nessun dato che varca il perimetro sacro del tuo iPhone o Mac.

In una mossa che sa tanto di “vedi mamma, niente mani”, Apple userà dei dataset sintetici, ovvero dati finti ma verosimili, per addestrare i suoi modelli. Come funzionerà? Il dispositivo confronterà questi dati sintetici con porzioni di email o messaggi reali, ma solo per chi ha deciso (volontariamente?) di aderire al programma Device Analytics. A quel punto, il sistema individua quale input finto somiglia di più al contenuto reale e invia ad Apple solo un segnale: niente testo, niente contenuti, solo l’informazione che dice “questo è il più simile”.

Xpeng scavalca Nvidia: la Cina mette il turbo ai chip per auto autonome

Il profumo di autonomia non è più solo una questione di chilometri: ora è una guerra di cervelli in silicio. E mentre Nvidia gioca ancora a fare il monopolista nel campionato occidentale dell’AI automobilistica, Xpeng – il costruttore di EV cinese che un tempo sembrava l’ennesimo clone con touchscreen – ha deciso di farsi il cervello in casa. E non un cervello qualsiasi, ma un chip chiamato Turing, che secondo il fondatore e CEO He Xiaopeng, batte l’onnipresente Drive Orin X di Nvidia di tre volte in potenza computazionale. Tre. Volte.

Il messaggio è chiaro: o si innova, o si muore. E in Cina, dove l’EV è religione di Stato e la guida autonoma è diventata il nuovo campo di battaglia per il predominio tecnologico, la sopravvivenza passa dalla verticalizzazione assoluta. La Turing chip non è solo una dimostrazione di forza, è un atto politico, un gesto di indipendenza strategica in un’epoca dove i semiconduttori sono le nuove armi nucleari del XXI secolo.

Dietro il sorriso dell’intelligenza artificiale cinese: genio, gloria e morti premature

La corsa globale all’intelligenza artificiale è un tritacarne. Gli Stati Uniti e la Cina sono impegnati in una guerra tecnologica dove il dominio sull’AI non è solo una questione di supremazia economica, ma un braccio di ferro geopolitico. Mentre le startup americane cavalcano la bolla della generative AI a colpi di venture capital e stock option, la Cina gioca la sua partita con ferocia quasi darwiniana: cervelli reclutati, rimpatriati, spremuti. E talvolta, prematuramente sepolti.

Negli ultimi anni, l’industria dell’AI in Cina ha perso alcune delle sue menti più brillanti, stroncate da malattie improvvise, stress, missioni militari o sfortune ad alta quota. Le storie sembrano uscite da un episodio di Black Mirror girato a Pechino: giovani talenti, progetti ambiziosi, pressioni etiche e ambienti di ricerca tossici che non concedono tregua.

Antitrust in ritardo e disastri annunciati: quando il governo USA rincorre le Big Tech col fiatone

Se c’è un’immagine che descrive perfettamente il rapporto tra governo e Big Tech, è quella di un poliziotto che insegue un’auto sportiva… in triciclo. Non importa se ha ragione, arriverà comunque troppo tardi. È la fotografia sbiadita dei processi antitrust intentati dalla Federal Trade Commission contro colossi come Google e Meta. Processi che sembrano nati da fototessere di un’epoca passata, scolorite quanto inutili, e che pretendono di giudicare un mercato tecnologico con dinamiche mutate più velocemente di una story su Instagram.

Il caso contro Meta, sbarcato in tribunale a Washington, si basa sull’acquisizione di Instagram e WhatsApp, avvenute rispettivamente nel 2012 e nel 2014. Due ere geologiche fa, in scala digitale. All’epoca Instagram era poco più di una fotocamera con filtri carini, e WhatsApp un servizio di messaggistica senza modello di business. Oggi sono pilastri dell’impero Zuckerberg, ma accusarlo adesso per quelle mosse equivale a multare un’auto in sosta perché vent’anni fa ha superato il limite di velocità.

GenAI senza filtri: risorse gratuite GitHub Repos per un weekend di immersione totale

Il venerdì di Pasqua è quel momento magico della settimana in cui i CTO con sindrome da burnout e i founder che fingono di non controllare Slack si concedono il lusso di fare finta di rilassarsi. In realtà, quello che facciamo è scavare dentro GitHub come archeologi del codice, alla disperata ricerca del prossimo tool open source che ci faccia risparmiare soldi, tempo e neuroni. E guarda caso, oggi ti porto esattamente questo: una manciata di risorse gratuite su Generative AI che non solo non costano nulla, ma che possono trasformare il tuo weekend in un piccolo laboratorio personale di automazione, modelli e sperimentazione nerd.

Non serve piangere per l’ennesima subscription a 99$/mese. Il bello della GenAI è che la community sta già costruendo tutto — gratis — mentre i soliti noti cercano di vendertelo impacchettato come “enterprise-ready”. Andiamo dritti al punto, senza romanticherie.

Come creare il tuo video AI: guida per aspiranti creatori di meme politici

Grok sotto indagine in europa: il gioco pericoloso di Elon Musk con i dati degli utenti

L’Irlanda, terra di folletti, di San Patrizio e headquarters tech europei, ha deciso di non farsi incantare dalle magie di Elon Musk. Il suo nuovo giocattolo, Grok, l’intelligenza artificiale sviluppata da xAI, è ufficialmente sotto indagine da parte del Data Protection Commission (DPC) irlandese. E come sempre, non si parla di dettagli tecnici ma di privacy, la moneta più preziosa nell’economia dell’attenzione.

Il cuore della questione è la presunta violazione del GDPR, quel famigerato regolamento europeo che ogni CEO americano sembra conoscere solo per sentito dire, ma che puntualmente riesce a ignorare finché non arriva una sanzione milionaria. Secondo l’autorità irlandese, Grok sarebbe stato addestrato usando i post degli utenti europei su X, la piattaforma social ex-Twitter, di proprietà dello stesso Musk. Il problema? Quei dati potrebbero essere stati utilizzati senza un consenso esplicito e informato, come richiesto dalla normativa comunitaria. In altre parole: “Caro Elon, non puoi usare i nostri tweet per insegnare al tuo robottino a parlare, se prima non ci chiedi il permesso.”

Eric Schmidt serve più energia o più cervello?

A Washington si è celebrata l’ennesima seduta teatrale mascherata da audizione congressuale, dove il sipario si è alzato su un paradosso tutto americano: per dominare il futuro dell’intelligenza artificiale, bisogna consumare il passato dell’energia. Una corsa al primato tecnologico che brucia elettricità come se fosse carbone dell’Ottocento, mentre la questione climatica viene elegantemente ignorata come un cameriere troppo zelante a un gala di miliardari.

Eric Schmidt, ex CEO di Google e oggi nuovo profeta dell’IA sotto le vesti del suo think tank “Special Competitive Studies Project”, ha scodellato la nuova verità: “Abbiamo bisogno di energia in tutte le forme, rinnovabili o meno, subito e ovunque”. Una chiamata alle armi energetica che sa tanto di manifesto industriale più che di politica nazionale.

Durante l’audizione della Commissione Energia e Commercio della Camera, la parola d’ordine è stata una sola: “dominanza”. Dominanza sull’energia. Dominanza sull’IA. Dominanza sulla Cina. E se per raggiungerla bisogna mettere in pausa il pianeta, pazienza. Quattro ore di interventi bipartisan dove repubblicani e democratici si sono annusati e ignorati a turno, uniti da un’ansia esistenziale: perdere la corsa contro Pechino.

Nvidia porta l’intelligenza artificiale in USA: 500 miliardi per smarcarsi da Pechino e accarezzare Trump

L’amministrazione Trump ritratta sulla decisione di bloccare l’esportazione delle GPU Nvidia H20 HGX verso la Cina, a seguito di un incontro tra il CEO dell’azienda, Jensen Huang, e l’ex presidente americano. Durante una cena esclusiva presso il resort Mar-a-Lago, Huang avrebbe garantito ingenti investimenti nelle infrastrutture di intelligenza artificiale negli Stati Uniti, spingendo l’amministrazione a riconsiderare la propria posizione.

La Silicon Valley si trova ora alle porte di una rivoluzione senza precedenti, con Nvidia al centro della scena come leader indiscusso dei chip per l’AI. Con l’ombra di una potenziale guerra commerciale e le crescenti tensioni geopolitiche con la Cina, Nvidia ha scelto di puntare tutto sulla produzione domestica americana. Non si tratta di un semplice gesto simbolico, ma di un impegno concreto: Huang ha annunciato un investimento colossale di mezzo trilione di dollari per sviluppare infrastrutture Made in USA.

E non stiamo parlando di cavilli contabili o buyback travestiti da innovazione. Si tratta di un piano di industrializzazione da far tremare le vene ai polsi: un milione di metri quadrati tra Phoenix, Dallas e Houston dedicati a produrre chip Blackwell e supercomputer per alimentare la corsa globale all’AI. Questo non è reshoring, è un atto di guerra commerciale camuffato da patriotismo tecnologico. Il messaggio è chiaro: il futuro dell’AI si costruisce negli States. Il resto è rumore.

Alibaba svela il suo piano per dominare l’intelligenza artificiale nell’industria automobilistica, Nio, BMW e potenzialmente Tesla

Alibaba Group sta intensificando il suo impegno nel settore automobilistico con un piano che prevede l’integrazione di tecnologie di intelligenza artificiale (AI) nelle automobili, raggiungendo accordi significativi con alcuni dei principali attori globali, tra cui Nio, BMW e potenzialmente Tesla. La mossa arriva in un momento cruciale per la tecnologia cinese, che punta ad affermarsi come il fulcro dell’innovazione nel settore dell’auto intelligente. Ma ciò che potrebbe sembrare un semplice passo verso il futuro, nasconde sotto la superficie una strategia ben più profonda e ambiziosa. Vediamo come Alibaba sta pianificando di conquistare il mercato dell’auto intelligente, e perché potrebbe avere tutte le carte in regola per farlo.

La Nato adotta il Maven Smart System di Palantir

Palantir Technologies ha appena ottenuto un contratto significativo con la NATO, con l’adozione del suo sistema Maven Smart System (MSS NATO), un sistema di comando e controllo alimentato dall’intelligenza artificiale. Questo accordo, finalizzato il 25 marzo, è stato descritto come uno dei più rapidi nella storia della NATO, con un tempo di acquisizione di soli sei mesi.

Il sistema Maven è già ampiamente utilizzato dalle forze armate statunitensi e ora verrà implementato nel quartier generale delle operazioni alleate della NATO, con l’obiettivo di migliorare la consapevolezza situazionale sul campo di battaglia aggregando dati provenienti da numerose fonti per generare un quadro operativo unificato.

L’adozione del sistema Maven da parte della NATO segna un passo significativo verso l’integrazione dell’intelligenza artificiale nelle operazioni militari alleate. Analisti come Louie DiPalma di Barrington Research hanno interpretato l’accordo come geopoliticamente significativo, suggerendo una continua dipendenza europea dai sistemi di difesa statunitensi. Questo sviluppo potrebbe rafforzare la posizione di Palantir nel settore della difesa, con implicazioni potenzialmente positive per le sue prospettive future.

Il futuro incerto di OpenAI: ex dipendenti si oppongono alla trasformazione in società a scopo di lucro

La lotta legale in corso tra Elon Musk e OpenAI sta assumendo contorni sempre più drammatici, con una nuova e rilevante memoria legale depositata da un gruppo di ex dipendenti dell’organizzazione. Questo gruppo di ex collaboratori, tra cui figure di spicco come Daniel Kokotajlo e William Saunders, ha espresso in modo chiaro e fermo il proprio disappunto riguardo ai cambiamenti strutturali proposti, che potrebbero trasformare radicalmente l’organizzazione da no-profit a un’entità a scopo di lucro.

Il cuore della questione ruota attorno alla missione originaria di OpenAI, creata con lo scopo di garantire che l’intelligenza artificiale avanzata fosse sviluppata a beneficio dell’umanità. Gli ex dipendenti, che hanno firmato una memoria a sostegno della causa intentata dal CEO di Tesla, sostengono che qualsiasi modifica radicale che vada a ridurre il controllo dell’entità no-profit comprometterebbe non solo la missione iniziale, ma anche la fiducia riposta da donatori, dipendenti e altre parti interessate. La critica che si leva contro la trasformazione in società a scopo di lucro si fonda sull’idea che tale scelta contraddirebbe i principi fondanti dell’organizzazione, violando l’impegno verso il bene comune e mettendo a rischio la credibilità stessa dell’azienda.

Meta assume ex consigliere di Trump e CEO di Stripe: perché no, il consiglio di amministrazione mancava proprio di “diversità”

Venerdì, in un audace tentativo di dimostrare che il concetto di “coerenza” è ormai obsoleto, Meta ha annunciato l’ingresso nel suo board di due personaggi dal curriculum perfettamente in linea con la sua missione di “connettere le persone”: Dina Powell McCormick, ex consigliera di Donald Trump e bancaria di alto livello, e Patrick Collison, CEO di Stripe, perché, si sa, quando pensi a “etica e responsabilità sociale”, Stripe è la prima cosa che ti viene in mente.

Mark Zuckerberg, con la solita faccia da poker, ha dichiarato: “Patrick e Dina portano un’esperienza unica nel supportare aziende e imprenditori” – sottintendendo: “Soprattutto quelli che pagano bene o hanno amici potenti”. McCormick, che oltre ad aver servito nell’amministrazione Trump ora gestisce i servizi clienti globali di BDT & MSD Partners, porterà sicuramente quella delicatezza diplomatica che mancava a Meta dopo le varie accuse di manipolazione politica.

Trump esenta smartphone e laptop dagli aumenti tariffari

(Perché anche i tiranni hanno bisogno del loro iPhone)

Che tenero gesto da parte del nostro amato leader supremo, Donald “Tariff Man” Trump, che ha deciso di graziare smartphone e laptop dalla sua personale crociata economica contro la Cina. Venerdì sera, mentre il mondo si chiedeva se i dazi del 145% fossero un errore di battitura o una follia calcolata, l’amministrazione ha annunciato con magnanimità: “Nah, su questi no, grazie, li usiamo troppo.”

Tra i fortunati esentati ci sono iPad, smartwatch e TV a schermo piatto – perché, diciamocelo, anche un protezionista ha diritto al suo binge-watching su Netflix. Apple, HP, Dell e compagnia bella possono tirare un sospiro di sollievo, mentre i consumatori potranno continuare a comprare l’ultimo MacBook senza dover vendere un rene. Peccato per i marchi cinesi come TCL e Lenovo, che dovranno ancora capire se la loro merce è abbastanza americana per sfuggire alla furia tariffaria.

Google Classroom e il nuovo strumento AI per la creazione automatica di quiz: una rivoluzione per gli insegnanti?

Nel panorama dell’educazione moderna, dove la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale sono ormai una realtà consolidata, Google Classroom fa un passo importante con l’introduzione di uno strumento AI che promette di semplificare e potenziare il processo di creazione dei quiz. L’annuncio, fresco di roll-out, riguarda l’integrazione di Gemini AI, un motore avanzato di intelligenza artificiale che, a partire da file caricati o testo inserito manualmente, è in grado di generare domande di quiz in modo completamente automatico.

Il concetto di base è semplice: gli insegnanti, grazie a Gemini AI, possono creare domande mirate che coprono diverse competenze e conoscenze, risparmiando tempo prezioso. Non si tratta solo di generare domande generiche, ma di personalizzarle in modo che siano in linea con gli obiettivi educativi specifici. L’IA permette anche una selezione precisa delle abilità che si vogliono testare, un aspetto fondamentale per ottenere un feedback dettagliato sul progresso degli studenti.

Gemini Blog: https://workspaceupdates.googleblog.com/2025/04/use-gemini-in-google-classroom-to-generate-questions-from-text.html

Sabotare l’IA con ritmi da mal di testa: Benn Jordan e il suono avversario

Nel mondo della musica digitale e dell’intelligenza artificiale, Benn Jordan ha lanciato una sfida che sembra destinata a scuotere le fondamenta della produzione musicale automatizzata. Utilizzando una tecnica chiamata “adversarial noise”, Jordan ha trovato un modo per sabotare i generatori musicali basati su IA, creando quello che lui stesso definisce un “attacco di avvelenamento” che rende la musica generata non solo inutilizzabile, ma potenzialmente dannosa per il sistema stesso. Questo concetto di sabotaggio sonoro sta aprendo un nuovo capitolo nell’intersezione tra arte e tecnologia, dove il confine tra creatività umana e potenza dell’IA è sempre più sfumato.

Il trucco dietro il “Poisonify” di Benn Jordan è tanto semplice quanto geniale: l’aggiunta di rumore avversario a file audio che, per l’orecchio umano, suonano perfettamente normali. Tuttavia, per i modelli di IA, questi file non sono ciò che sembrano. Il rumore avversario agisce come un “veleno” sonoro che destabilizza l’apprendimento della macchina, facendo sì che i generatori musicali non siano più in grado di produrre musica coerente. Il risultato è devastante: non solo la musica diventa “non allenabile”, ma l’intero modello rischia di essere compromesso.

Google sviluppa un’intelligenza artificiale per decifrare il linguaggio dei delfini: DolphinGemma, la nuova frontiera della comunicazione animale

Google ha messo in campo una delle sue creazioni più sorprendenti: un modello di intelligenza artificiale, soprannominato DolphinGemma, sviluppato per analizzare e decifrare i suoni dei delfini. La notizia ha suscitato una curiosità generale, aprendo un nuovo capitolo nella comprensione del mondo animale e nel tentativo, ormai quasi ossessivo, di creare ponti tra le forme di comunicazione non umane e la tecnologia. Ma cosa c’è veramente dietro questo progetto?

Meta e il futuro dell’IA: Formazione sui dati degli utenti dell’UE o nuova era di sorveglianza?

Meta ha recentemente annunciato che prevede di allenare la propria intelligenza artificiale sui dati degli utenti dell’Unione Europea, incluse informazioni da piattaforme come Facebook e Instagram. Questo annuncio non arriva certo come una sorpresa, considerando il crescente interesse dell’azienda per l’AI, ma ci sono implicazioni più profonde che vanno oltre la semplice giustificazione di migliorare i modelli di IA. Meta ha messo in luce che si tratta di un passo necessario per perfezionare l’interazione dell’IA con il pubblico europeo, ma ciò solleva inevitabili interrogativi sul rispetto della privacy, sulle possibili ripercussioni legali e sull’accesso che l’azienda avrà ai dati degli utenti.

I senatori repubblicani chiedono abrogazione dell’AI Diffusion Rule

Il 14 aprile 2025, sette senatori repubblicani hanno inviato una lettera al Segretario al Commercio Howard Lutnick, chiedendo l’abrogazione della “AI Diffusion Rule“, una normativa introdotta dall’amministrazione Biden che limita l’esportazione globale di chip per l’intelligenza artificiale.

Secondo i senatori, questa regola potrebbe danneggiare la leadership degli Stati Uniti nel settore dell’IA, creando incertezza per le aziende americane e ostacolando gli investimenti e le partnership tecnologiche globali. La normativa classifica i paesi in tre livelli, con solo 18 nazioni che godono di un accesso facilitato alla tecnologia americana, mentre la maggior parte, inclusi alleati come Israele, affronta restrizioni significative.

I senatori avvertono che tali limitazioni potrebbero spingere i paesi del secondo livello a rivolgersi a soluzioni cinesi, indebolendo l’influenza tecnologica degli Stati Uniti. Microsoft ha espresso preoccupazioni simili, affermando che la regola potrebbe dare alla Cina un vantaggio strategico nella diffusione della propria tecnologia IA.

Il Segretario Lutnick ha dichiarato che è necessario impedire alla Cina di utilizzare la tecnologia americana per costruire i propri sistemi IA. La questione evidenzia le divisioni interne al Partito Repubblicano su come gestire le esportazioni tecnologiche in un contesto di crescente competizione con la Cina.

OpenAI rilancia la sfida: gpt-4.1 abbassa i costi, alza l’asticella e guarda dritto agli sviluppatori

OpenAI ha appena lanciato GPT-4.1, e se ti stavi ancora leccando le dita con GPT-4o, forse è il momento di rimettere la sedia sotto la scrivania. No, non è GPT-5, e sì, è una mossa calcolata. Più strategia da CEO che show da keynote. Perché la verità è che questo nuovo rilascio – GPT-4.1, con le sue varianti Mini e Nano – è un prodotto che profuma meno di demo spettacolare e più di macchina da guerra per sviluppatori che hanno bisogno di potenza, efficienza e costi sotto controllo.

Kevin Weil, Chief Product Officer di OpenAI, si è lasciato andare in un livestream che sa di “state of the union”, affermando senza mezzi termini che questi nuovi modelli “sono migliori di GPT-4o in quasi tutte le dimensioni” e riescono a “eguagliare o superare GPT-4.5 in molti aspetti chiave”. Boom. Questo è uno statement. Soprattutto se consideriamo che il modello di punta della generazione precedente veniva ancora percepito come il non plus ultra.

Sovranità digitale e AI: perché il DDL Meloni è l’inizio di una rivoluzione strategica per l’Italia

C’è una certa retorica che, quando si parla di tecnologia e pubblica amministrazione, tende a oscillare tra l’allarmismo catastrofista e l’idealismo tecno-utopico. Il DDL sull’intelligenza artificiale, noto come Atto 1146, approvato dal Senato il 20 marzo 2025, ha acceso entrambe le micce. Eppure, al netto del rumore, c’è una verità semplice: per la prima volta, l’Italia sta tentando di scrivere una strategia industriale coerente in un ambito — quello dell’AI e del cloud, in cui finora abbiamo giocato solo da comparse.

Certo, il dibattito si è acceso in particolare sull’articolo 5 del disegno di legge, che stabilisce che “lo Stato e le altre autorità pubbliche” devono orientare le proprie piattaforme di e-procurement verso fornitori di AI che garantiscano la localizzazione e l’elaborazione dei dati strategici su data center in Italia. Non è un vezzo autarchico, ma un segnale preciso: i dati strategici, come l’energia o la difesa, non possono essere affidati a chiunque. Pretendere che il cloud della PA risieda in territorio nazionale significa affermare un principio di accountability e controllo operativo che non è più rimandabile. E non è affatto una provocazione: è una scelta politica e tecnologica matura.

Elon e Zuck nei semafori: l’AI che sussurra al tuo attraversamento pedonale

I sistemi vocali normalmente servono a guidare i pedoni non vedenti, avvertendoli di attendere o attraversare. Ma da venerdì, a Palo Alto, 12 incroci del centro hanno cominciato a vomitare frasi deliranti del tipo “Vuoi essere mio amico? Ti do un Cybertruck” oppure “È normale sentirsi violati mentre forziamo l’AI in ogni aspetto della tua esperienza cosciente”. Tutto questo con la voce di Elon o di “The Zuck”. Aggiungici una guest star con voce alla Trump che sussurra a Musk “Sweetie, torna a letto”, ed eccoci in pieno territorio deepfake theatre.

Kawasaki presenta Corleo: il cavallo robotico alimentato a idrogeno

Kawasaki Heavy Industries ha recentemente svelato Corleo, un concetto futuristico di veicolo a quattro zampe alimentato a idrogeno, progettato per affrontare terreni difficili con agilità e sostenibilità. Presentato il 4 aprile 2025 all’Expo Osaka Kansai, Corleo rappresenta l’incontro tra l’esperienza di Kawasaki nella robotica e nella tecnologia motociclistica.

La nuova trovata: Tariffe settoriali e paranoia industriale, la crociata di Trump contro l’Asia tech

Benvenuti nel nuovo episodio della soap opera Tariff Wars: Made in America, dove ogni giorno è una roulette russa per le supply chain globali. Howard Lutnick, Segretario al Commercio USA e fedele araldo del trumpismo 2.0, ha rivelato in un’intervista alla ABC che l’amministrazione ha deciso di separare i destini tariffari dei prodotti tech – smartphone, computer, semiconduttori e altra elettronica di prima fascia – da quelli soggetti ai dazi “reciproci” annunciati ad aprile. Ora, questi prodotti rientreranno sotto una nuova categoria: le “tariffe settoriali”.

Sam Altman come John Lennon? “OpenAI è più famosa di Dio”, “Qualcosa come il 10% della popolazione mondiale usa i nostri sistemi”

Se John Lennon nel 1966 aveva scioccato il mondo dicendo che i Beatles erano “più famosi di Gesù Cristo”, Sam Altman oggi sembra rilanciare lo stesso tipo di provocazione, ma in chiave post-umana: Qualcosa come il 10% della popolazione mondiale usa i nostri sistemi. Diciamolo: se Dio esiste, probabilmente ora sta facendo il login su ChatGPT.

Durante il TED 2025, Altman si è fatto intervistare da Chris Anderson, e non ha perso tempo per gettare benzina sul fuoco già divampante del culto di OpenAI. Altman ha affermato candidamente che gli utenti della startup hanno toccato gli 800 milioni. Un numero che vale da solo una parabola. O una IPO.

L’ascesa di OpenAI: Un viaggio tra successi e conflitti

Nel dicembre del 2015, un gruppo di visionari fondò OpenAI con un obiettivo che sembrava impossibile da realizzare: sviluppare un’intelligenza artificiale che potesse beneficiare l’umanità. Con la creazione di strumenti rivoluzionari come GPT e ChatGPT, la compagnia ha cambiato radicalmente il panorama tecnologico, influenzando non solo l’industria dell’intelligenza artificiale, ma anche l’intera società. Tuttavia, questo viaggio non è stato privo di ostacoli, tensioni e decisioni difficili. La trasformazione di OpenAI da una missione no-profit a una delle realtà meglio finanziate della Silicon Valley è una delle storie più affascinanti del nostro tempo.

Pagina 33 di 142

CC BY-NC-SA 4.0 DEED | Disclaimer Contenuti | Informativa Privacy | Informativa sui Cookie