In tutta Europa la sovranità digitale è diventata il nuovo terreno di confronto politico, tecnologico e industriale. Non è più una discussione da convegno, né un’espressione di moda. È il tentativo concreto dei Paesi di recuperare il controllo su infrastrutture, dati e piattaforme che oggi determinano tanto la competitività economica quanto la sicurezza nazionale. Ed è interessante notare come, mentre l’Unione europea spinge verso cloud sovrani, regole condivise e data space settoriali, il Regno Unito stia tracciando una strada tutta sua, con un pragmatismo tipicamente britannico e una certa ambizione strategica.
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Microsoft ci ha appena dato una lezione magistrale di finzione tecnologica. Il suo nuovo servizio cloud “solo UE” promette la luna: dati europei custoditi in centri dati europei, personale locale a monitorare ogni accesso, tutto sotto un tappeto di log e monitoraggio costante. Sulla carta, perfetto. Nella realtà, un bluff gigantesco. Durante un’audizione al Senato francese sul tema della sovranità digitale, Anton Carniaux, direttore degli affari pubblici e legali di Microsoft Francia, ha dichiarato sotto giuramento ciò che tutti sospettavano: non può garantire che i dati dei cittadini francesi siano al sicuro dall’accesso del governo statunitense. Letale per il mito del cloud sovrano. La cruda verità è questa: anche con data center in Europa e personale europeo, la piattaforma resta soggetta alla legge americana.