Nel 2025, l’oro nero ha cambiato forma: ora è fatto di silicio, transistor e interconnessioni neurali. E chi lo raffina non è più in Texas o in Siberia, ma a Santa Clara, California. Nvidia, il colosso dei chip AI, ha appena siglato un accordo da 18.000 unità GB300 Grace Blackwell con Humain, la startup saudita finanziata dal Public Investment Fund. Questi chip alimenteranno un data center da 500 megawatt, posizionando l’Arabia Saudita come nuovo hub dell’intelligenza artificiale nel Golfo.

Ma non finisce qui: gli Emirati Arabi Uniti potrebbero presto ricevere oltre un milione di chip Nvidia, con 500.000 unità all’anno fino al 2027. Il 20% destinato a G42, il resto a data center americani in loco, forse anche OpenAI.

La Casa Bianca, sotto la guida di Trump, ha rimosso le restrizioni imposte da Biden sulle esportazioni di chip AI verso il Medio Oriente. Una mossa che mira a rafforzare le alleanze e a contrastare l’influenza tecnologica cinese nella regione.

L’Arabia Saudita ha già acquistato 3.000 chip H100 da 40.000 dollari ciascuno, destinati al supercomputer Shaheen III presso la King Abdullah University of Science and Technology. Nel frattempo, gli Emirati hanno sviluppato Falcon, un modello linguistico open-source, addestrato su 384 chip A100.

Per aggirare le restrizioni, la UAE ha creato ambienti tecnologici regolamentati, permettendo l’uso dei chip Nvidia H100 all’interno dei propri confini, mantenendo la sovranità tecnologica.

Il risultato? Nvidia ha superato i 3 trilioni di dollari di capitalizzazione, entrando nel club esclusivo con Apple e Microsoft. Un chiaro segnale che, nel nuovo ordine mondiale, chi controlla l’AI controlla il futuro.

In questo scenario, le alleanze si ridefiniscono non più in base al petrolio, ma ai chip. E mentre l’Occidente cerca di mantenere il controllo, il Medio Oriente si prepara a diventare il nuovo epicentro dell’intelligenza artificiale globale.

Come diceva un vecchio detto da bar: “Chi ha i chip, ha il potere”.