La notizia, riportata con toni trionfali da metà stampa europea, è che Taiwan Semiconductor Manufacturing Company l’indiscusso Leviatano della produzione globale di chip ha deciso di piazzare il suo primo Design Centre nel cuore pulsante della Germania tecnoindustriale: Monaco di Baviera. C’è chi parla di svolta, chi di “autonomia strategica europea”, chi ancora di “rivincita contro Cina e USA”. La realtà, però, è meno poetica e molto più cinica: l’Europa sta solo comprando un biglietto in economy su un aereo che vola da anni verso l’intelligenza artificiale.

Il centro progettuale TSMC, attivo dal terzo trimestre 2025, sarà dedicato a sviluppare chip “high-density, high-performance, energy-efficient” per settori nobili come l’automotive, l’industriale, l’IoT e, ovviamente, l’AI. Ma attenzione: progettare non significa produrre, e soprattutto non significa decidere.

Chiariamo subito la keyword principale: intelligenza artificiale. È lei la vera posta in gioco. E attorno a lei orbitano le semantiche satellite: microchip e sovranità tecnologica. Ma di sovrano, in Europa, resta solo il sogno.

Perché TSMC sceglie Monaco? Non è solo una questione logistica. È geopolitica travestita da strategia commerciale. È il tentativo elegante di colonizzare con silicio una terra che ha perso l’ambizione imperiale e si accontenta di fare da junior partner.

Intendiamoci: l’iniziativa tedesca di accogliere con Infineon, Bosch e NXP una megafabbrica da 10 miliardi di euro a Dresda, sotto l’egida dell’European Semiconductor Manufacturing Company (ESMC), è certamente una delle operazioni più sensate mai viste sul continente. Ma è anche il trionfo dell’asimmetria: la tecnologia chiave resta taiwanese, l’infrastruttura europea, il capitale misto ma la direzione è da Taipei.

Kevin Zhang, executive TSMC, lo dice chiaramente ma in linguaggio diplomatico: il design centre “può potenzialmente essere sfruttato per supportare i nodi avanzati”. Tradotto: forse, in futuro, se sarete bravi, vi concederemo accesso ai nodi di produzione realmente in grado di alimentare i modelli AI generativi di nuova generazione.

Siamo nel 2025 e parlare ancora di “potenziale accesso ai nodi leading-edge” è come discutere se dotare le truppe napoleoniche di mitragliatrici. La distanza tecnologica non si colma con i buoni propositi né con i fondi PNRR. Si colma con decenni di ecosistema, supply chain, cultura ingegneristica distribuita, IP accumulato, e soprattutto con il potere di imporre standard.

E in tutto questo, TSMC sta giocando su più scacchiere. Mentre apre il centro design in Baviera, dialoga con Apple, già presente con il suo più grande engineering hub europeo sempre a Monaco (due miliardi di euro l’investimento, per la cronaca). Coincidenza? Certo, come no.

Apple è il più grande cliente di TSMC. E avere Apple fisicamente vicina – con la sua ossessione per i SoC personalizzati, il controllo dell’architettura e la fame di nodi da 3nm in giù – non è un dettaglio secondario. È la conferma che l’Europa, per tornare centrale, ha bisogno che siano gli altri a mettere la testa – e le fonderie – dentro i suoi confini.

La realtà è che l’intelligenza artificiale non è solo software. Chi controlla i nodi avanzati – oggi 3nm, domani 2 e poi 1.4 – controlla anche chi può far girare il prossimo GPT-6, o il modello LLM che deciderà le sorti dei mercati, della difesa, della sanità.

Il chip è il nuovo petrolio, ma raffinato in Asia. E l’Europa, come un’Arabia Saudita senza pozzi, può solo sperare di convincere l’OPEC taiwanese a costruire una raffineria sul Reno. Con l’aggiunta che qui non si tratta solo di forniture, ma di logiche militari, sicurezza nazionale, edge computing per il battlefield, veicoli autonomi e gestione predittiva di infrastrutture critiche.

La Commissione Europea, intanto, blatera di “AI Act“, di “etica by design“, di “modelli trasparenti“. Ma chi non possiede la tecnologia per implementare davvero queste policy resta vittima della propria ingenuità normativa. Come dire: dettiamo le regole di un gioco al quale non partecipiamo.

TSMC lo sa. E gioca sul filo della seduzione. Ti dà il centro design, ti costruisce la fabbrica, ti manda i suoi executive con l’accento internazionale, ma si tiene stretti i segreti. Perché la vera sovranità tecnologica non si compra. Si conquista.

Intanto, mentre l’Europa brinda al “ritorno della microelettronica”, nel retrobottega si prepara solo a essere un sito di back-end. La vera fabbrica del futuro resta altrove. Quella che decide cosa può essere calcolato, come, quando e da chi.

Come diceva il vecchio André Citroën: “Bisogna fabbricare l’avvenire, non solo prevederlo.” Ma per fabbricarlo servono i transistor. E quelli, per ora, li disegna Taipei.