C’era una volta l’inviolabilità. O meglio: l’illusione di essa. In un mondo sempre più dominato dalla paranoia della cybersicurezza e da feticci tecnologici spacciati per “impenetrabili”, la Cina si è lanciata a capofitto nel sogno di un’internet quantistica mondiale, indossando come medaglia il satellite Micius (Mozi, per gli amici) primo del suo genere, primo nello spazio, primo a essere venduto come “teoricamente inespugnabile”.

Peccato che “teoricamente” e “realmente” stiano agli antipodi. E oggi, un’ex mente russa della quantistica, riparata a Singapore, ha appena bucato quella patina di infallibilità con una lama affilatissima: ritardi infinitesimali nei laser di bordo, che potrebbero essere sfruttati per compromettere l’intera rete.

Non stiamo parlando di semplici glitch. Sono micro-secondi fatali che, in un sistema basato sulla quantum key distribution (QKD), equivalgono a lasciare socchiusa la porta blindata con tanto di invito sul tappetino per eventuali ficcanaso.

La Cina è corsa subito ai ripari. Yin Juan, fisica d’assalto e deputata del Congresso del Popolo, ha rilanciato durante il meeting di Pechino con l’entusiasmo da startupper in overdose di fondi pubblici: 12.800 km di comunicazioni quantistiche Beijing-Sudafrica, un bel titolo per Nature, e forse anche per un nuovo episodio di “Black Mirror: versione sinocentrica”.

Secondo Yin, il salto nella emisfero sud è una “prima assoluta” e apre la via alla nascita della futura rete globale quantistica dei BRICS, con la Cina come regista, regina e censore. “Ultra-secure, low-cost, real-time”. Ma la domanda non è quanto è sicura. La vera domanda è: quanto è verificabile?

Nel mezzo del feticismo tecnologico, ci dimentichiamo che anche la meccanica quantistica, per quanto affascinante, vive nell’ombra delle sue stesse implementazioni. Il protocollo BB84, adottato da Micius, è una perla teorica, sì, ma nel mondo reale cammina su gambe di plastica. E le gambe, si sa, si spezzano.

Alexander Miller, il ricercatore russo con base a Singapore (mica un dilettante), ha pubblicato un preprint non peer-reviewed su arXiv che dovrebbe far tremare più di un burocrate a Zhongnanhai. Ha analizzato i dati di Micius in azione, e ha scoperto che le differenze di timing tra i laser piccole, quasi irrilevanti per l’occhio umano sono invece abbastanza per un attacco di tipo side-channel. Tradotto: intercettare le chiavi quantistiche è possibile. Non facile, certo, ma nemmeno impossibile.

Sappiamo tutti che la promessa principale della QKD è che se qualcuno cerca di intercettare la chiave, i due interlocutori (Alice e Bob, per gli amanti della metafora infantile) se ne accorgono subito. Ma questo è vero solo se tutto funziona secondo il modello perfetto. E la realtà, come sanno anche gli ingegneri più idealisti, è sporca, rumorosa e piena di bug.

Il rischio non è banale, soprattutto se consideriamo l’ambizione cinese di lanciare un servizio globale quantistico entro il 2027. Peccato che questa corsa all’iper-sicurezza si stia svolgendo con strumenti ancora acerbi, affidati a satelliti ormai obsoleti (Micius è in orbita dal 2016) e gestiti in un ecosistema politico dove il controllo è più importante della trasparenza.

Il paradosso è servito: la Cina sta cercando di costruire la comunicazione più sicura del mondo, ma lo sta facendo nel modo più opaco e autoreferenziale possibile. Yin ha parlato di attrarre talenti internazionali. Difficile, se intanto i ricercatori indipendenti che osano pubblicare critiche vengono ignorati (o peggio).

Una curiosità a margine: il nome del satellite, Micius, deriva da un filosofo cinese vissuto oltre 2.000 anni fa, fautore della logica, del pacifismo e della meritocrazia. Se solo potesse vedere oggi il suo nome associato a un sistema che per quanto avanzato è più propaganda quantistica che scienza condivisa, probabilmente si farebbe una risata. O un facepalm cosmico.

Nel frattempo, l’Occidente guarda. Qualcuno con ammirazione, altri con cinismo. Ma c’è un fatto innegabile: la Cina sta guidando il gioco quantistico, almeno nei numeri. La vera domanda però è: dove ci porta questo gioco? Verso un mondo più sicuro? O verso un nuovo tipo di dominio tecnologico, talmente avanzato da sembrare magia ma così fragile da crollare sotto il peso della prima vera verifica sperimentale?

Nel silenzio cosmico dello spazio, i fotoni di Micius viaggiano ancora. Ma forse, da qualche parte lungo quei 12.800 chilometri, qualcuno sta già ascoltando. E sta prendendo nota.