New York – Se bastasse un nome ben scelto per garantire l’efficienza aziendale, Microsoft 365 Copilot sarebbe già un caso di studio in economia comportamentale. Purtroppo, non è così. E lo ha appena ricordato, con tono educato ma chirurgico, il National Advertising Division (NAD), l’organo autoregolamentare della BBB National Programs che vigila sulla correttezza pubblicitaria nel mercato statunitense. Al centro dell’indagine: il modo in cui Microsoft ha venduto — o forse è meglio dire “promesso” — le meraviglie della sua AI integrata.

Microsoft 365 Copilot, lanciato per l’utenza enterprise nel novembre 2023, si presenta come l’assistente virtuale definitivo, integrato in Word, Excel, Outlook, Teams, PowerPoint e nel meno noto Business Chat. Peccato che, scavando sotto la superficie patinata dei claim pubblicitari, emerga un quadro più sfumato. Il NAD ha trovato sì alcune affermazioni “supportate da prove”, ma ha anche raccomandato la modifica o l’abbandono di altre, specialmente quelle legate alla produttività e all’interoperabilità tra applicazioni.

Per chi non mastica la grammatica della compliance pubblicitaria americana, la distinzione è sottile ma letale: dire che Copilot “sintetizza e riassume grandi quantità di dati” è lecito, se ci sono evidenze funzionali; ma affermare che lo fa “senza limitazioni” o che “funziona in modo fluido su tutti i tuoi dati” è un altro paio di maniche. Il NAD ha deciso che, in certi casi, Microsoft ha spinto troppo sull’enfasi e troppo poco sulla trasparenza.

Nel caso specifico, il termine “seamlessly” — usato con leggerezza quasi poetica da chi si occupa di marketing tech — ha attirato l’attenzione del NAD. Il pubblico medio, sostiene l’organismo, può essere indotto a credere che ogni azione in Copilot si svolga senza attrito, senza passaggi intermedi, in una danza perfetta tra app e dati. Niente di più lontano dalla realtà, soprattutto quando entra in gioco Business Chat, il componente più ambiguo del pacchetto.

Business Chat viene descritto come il ponte tra il lavoro e i dati, uno strumento che “aiuta a radicare i prompt nel contesto del lavoro e del web”. Tuttavia, secondo il NAD, Microsoft non ha chiarito abbastanza che questo tool non è in grado di generare documenti nelle altre app (Word, Excel, ecc.) senza intervento manuale. Una piccola omissione, direbbe il copywriter; una distorsione del messaggio, dice invece l’organo regolatore. E quando si parla di AI, ogni parola è una miccia potenziale.

La vera bomba, tuttavia, esplode nel cuore del discorso su produttività e ROI, dove il marketing di Microsoft ha preso una scorciatoia troppo affascinante per non cadere in tentazione: trasformare le percezioni in fatti. Secondo uno studio commissionato dalla stessa Microsoft, il 67% degli utenti si sentirebbe più produttivo dopo sei settimane di utilizzo, e la percentuale salirebbe al 75% dopo dieci settimane. Ma come insegnano le basi della metodologia scientifica — e una qualsiasi lezione di logica al primo anno di filosofia — una sensazione non è una prova.

Il NAD ha fatto notare che questi dati si riferiscono a percezioni soggettive, e non forniscono la base per affermazioni oggettive. Tradotto: dire che gli utenti si “sentono più produttivi” va bene, ma millantare un aumento reale della produttività aziendale, senza metriche misurabili e condivisibili, è fuorviante. Un po’ come dire che bere caffè “fa sentire più intelligenti”: vero per molti, dimostrabile per nessuno.

A onor del vero, Microsoft ha risposto con la consueta eleganza diplomatica, dichiarando di non concordare con tutte le conclusioni del NAD, ma impegnandosi comunque a seguire le raccomandazioni. Niente ammissioni di colpa, solo la presa d’atto che, in un mondo dove AI e realtà si confondono sempre più spesso, anche il linguaggio deve aggiornarsi. E forse disintossicarsi.

L’elemento interessante — quasi paradossale — è che proprio un gigante dell’AI come Microsoft inciampi su un tema tanto umano come la comunicazione persuasiva. In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale è venduta come la panacea, il NAD ci ricorda che la verità è ancora sotto la giurisdizione della logica, non del branding.

Sullo sfondo resta una questione irrisolta: chi definisce cosa può essere promesso da una tecnologia in fase di evoluzione costante? Le parole “AI-powered”, “in tempo reale”, “senza interruzioni” sono diventate il nuovo lessico sacro del marketing software. Ma come ogni religione moderna, rischiano di trasformarsi in dogmi opachi se nessuno ne verifica la fede.

Nel frattempo, chi dirige aziende e investe nella trasformazione digitale farebbe bene a leggere tra le righe di queste dispute. Non si tratta solo di evitare cause legali o bad press. La vera sfida è scegliere strumenti che funzionano davvero, al di là del battage pubblicitario. Perché anche il miglior copilota, se malinteso, rischia di portarti fuori rotta.

Un proverbio zen recita: “Il dito che indica la luna non è la luna.” Nel caso di Copilot, forse il dito è l’AI, la luna è la produttività… e il marketing è la nuvola che li separa.