Nel grande teatro della tecnologia cinese, dove ogni azienda si cimenta nel reinventare la ruota mentre cerca di venderla come un’astronave, Xiaomi ha appena lanciato la sua personale interpretazione degli occhiali smart con intelligenza artificiale. E no, non è solo un altro clone di Meta o un vezzo da laboratorio R&D: è l’apertura ufficiale di una guerra di mercato che odora di chip Qualcomm, batterie da 8 ore e vocazione totalitaria per l’ecosistema.
Quando Lei Jun, fondatore e CEO di Xiaomi, sale sul palco e presenta i nuovi occhiali AI durante l’evento “Human x Car x Home”, non sta semplicemente annunciando un gadget. Sta mettendo in vetrina la propria visione del mondo: un individuo che vede, registra, riconosce, traduce e ovviamente compra, tutto attraverso un assistente vocale AI che sa chi sei, cosa leggi, e quale codice QR scannerai dopo il caffè. In fondo, anche Orwell oggi avrebbe bisogno di UX fluida e una ricarica veloce.
I numeri sono quelli di una dichiarazione di guerra. Prezzo di partenza 1.999 yuan, cioè circa 278 dollari. Fotocamera ultra-wide da 12 megapixel. Chip Qualcomm AR1. Ricarica completa in 45 minuti, autonomia doppia rispetto ai Ray-Ban Meta. È come se Xiaomi avesse preso la scheda tecnica del concorrente leader e ci avesse scritto sopra, a penna rossa: “Vediamo chi è il vero biglietto d’ingresso al Metaverso”.
Ma la potenza di fuoco non è solo nell’hardware. È nel software invisibile che ascolta e risponde. Gli occhiali, gestiti dall’assistente vocale XiaoAI, eseguono comandi vocali per foto, video, traduzioni, riconoscimenti visuali e perfino pagamenti digitali tramite scansione di QR code. In altre parole, fanno quasi tutto quello che fa uno smartphone, senza l’inutile ingombro del telefono. E lo fanno da un centimetro sopra il naso, rendendo finalmente superflua la dignità pubblica.
Naturalmente, non sono soli. Huawei ha già piazzato i suoi occhiali AI sul mercato al prezzo un po’ più arrogante di 2.299 yuan ma ha scelto di rinunciare alla fotocamera. Una mossa che qualcuno definirebbe prudente, altri semplicemente miope. Baidu ha promesso i suoi Xiaodu AI glasses alimentati dal modello Ernie, ancora in fase di pre-lancio, e con un chiaro sapore da sandbox di intelligenza artificiale patriottica.
Tutto questo fermento si spiega con un dato: il mercato degli occhiali intelligenti è esploso con una crescita del 210% nel 2024, e si prepara a un ulteriore +60% quest’anno. Un’industria che fino a ieri sembrava il terreno di gioco per nerd con nostalgia da Google Glass è ora il fronte più caldo dell’elettronica personale. E secondo Counterpoint, il 2025 sarà l’anno di una “guerra dei cento modelli”: una frase che sembra uscita da un romanzo cyberpunk, ma che in realtà sta sulle slide dei board meeting a Shenzhen.
Per Xiaomi, però, il vero vantaggio competitivo non è solo nell’oggetto ma nel contesto. Gli occhiali AI si integrano perfettamente con un ecosistema che comprende smartphone, pieghevoli, smartwatch, tablet, home appliance, aspirapolveri robot, asciugacapelli e — udite udite — SUV elettrici. La strategia è chiara: ogni elemento della tua vita è un nodo della rete Xiaomi. E se puoi controllarli tutti con un battito di ciglia, tanto meglio per loro, e forse anche per te (almeno finché funziona la connessione).
L’ironia amara? Tutto ciò accade mentre in Europa ci si interroga ancora se l’AI debba essere regolamentata come un pesticida o come un diritto umano. Mentre Bruxelles scrive tomi sul principio di precauzione, Pechino lancia dispositivi che sanno dove guardi, cosa pensi e quando sorridi. Il divario culturale è tanto profondo quanto quello tecnologico. In Cina si sperimenta, in Europa si delibera. E nel frattempo, i mercati si conquistano.
La scelta di Xiaomi di presentare contemporaneamente occhiali AI, uno smartphone pieghevole (Mix Flip 2), un tablet da 12,5 pollici (Pad 7S Pro), la decima generazione di smart band e un nuovo smartwatch ha il sapore di una mossa da tech titan, non da semplice produttore. Qui non si sta vendendo un prodotto: si sta vendendo una visione totalizzante, un modo di vivere sincronizzato, automatizzato, intelligente e, diciamolo, profondamente sinocentrico.
Ciò che resta da vedere è quanto di questa ondata tecnologica riuscirà davvero a stabilirsi fuori dai confini cinesi. Perché se Meta oggi detiene il 60% del mercato globale degli occhiali AI, lo fa grazie a un brand occidentale, a una distribuzione ben oliata e a una narrazione ancora fondata su valori vagamente libertari. Xiaomi, al contrario, si muove in una logica più ecosistemica, più transazionale, più integrata. Se vincerà il modello dell’assistente vocale che ti guida anche nella scelta del dentifricio, lo scopriremo presto.
Nel frattempo, possiamo solo osservare o indossare e chiederci se stiamo davvero guardando il futuro… o se è il futuro a guardarci.