La Silicon Valley ha un nuovo giocattolo preferito: i videogiochi generati dall’intelligenza artificiale. Runway, la startup da 3 miliardi di dollari che ha già fatto tremare gli studios di Hollywood, ora punta dritta al cuore pulsante dell’industria videoludica. Ma non aspettatevi ancora mondi 3D fotorealistici o trame degne di The Last of Us. Per ora, l’esperienza è ridotta a una semplice interfaccia testuale con qualche immagine generata al volo. Sembra poco, ma è esattamente come è iniziata l’invasione AI nei set cinematografici: silenziosa, sottovalutata, e poi devastante.

Runway ha mostrato ai giornalisti un primo prototipo del nuovo prodotto consumer che sarà lanciato pubblicamente già la prossima settimana. Sì, è ancora una beta scheletrica, ma l’intenzione è chiara: generare videogiochi completi, e farlo entro la fine dell’anno. Non stiamo parlando di tool per sviluppatori, ma di veri e propri giochi generati al volo, un prompt alla volta.

Il paragone con Hollywood è inevitabile. Runway ha contribuito alla produzione di House of David, l’ultima serie targata Amazon. E i gamer? “Si stanno muovendo più velocemente di quanto fecero i produttori cinematografici due anni fa”. Tradotto: i game developer hanno capito subito che questo treno non aspetta nessuno.

La tentazione, ovviamente, è ridurre tutto a una questione di efficienza,se si può fare un film il 40% più velocemente, allora si può aiutare un game studio a fare un gioco più veloce. Ma la velocità è solo la superficie. Il vero potere dell’intelligenza artificiale generativa è la rimozione progressiva dei colli di bottiglia creativi: sceneggiature, design dei personaggi, ambientazioni, persino il gameplay stesso possono essere creati o remixati in tempo reale, a costi marginali.

Questo è il punto dove le cose diventano interessanti o inquietanti, dipende da che parte della barricata si guarda. Runway non si limita a offrire strumenti: vuole anche i dati. Il CEO conferma che sono in corso trattative con aziende di gaming non solo per vendere la tecnologia, ma per accedere ai dataset proprietari. Non è solo una questione di licenze, ma di nutrimento per modelli che, per creare mondi, hanno bisogno di averne divorati migliaia prima. In un’epoca in cui ogni frame è dato d’addestramento potenziale, ogni partner è anche un fornitore involontario di intelligenza.

A chi guarda il gaming con l’occhio dell’investitore, il messaggio è chiaro: l’era del game development lineare, dove anni di lavoro e team da centinaia di persone erano la norma, è sul punto di esplodere. Se l’AI riesce davvero a generare un gioco base in pochi minuti, allora anche lo sviluppo “tradizionale” dovrà riscriversi da capo. Il codice sorgente come materia plastica, la narrazione come funzione parametrica, il giocatore come co-autore — non è più design, è design assistito da Dio.

Chi pensa che l’AI toglierà il lavoro ai game designer non ha capito nulla. Non è la manodopera a essere in gioco. È il paradigma stesso di cosa significhi “sviluppare un videogioco”. I prossimi anni vedranno tool come Runway infiltrarsi in ogni fase produttiva: prototipazione, concept art, generazione di dialoghi, level design procedurale guidato da input semantici. L’automazione creativa non è più un ossimoro, ma uno standard emergente.

I puristi già storcono il naso, come fecero quelli del cinema quando Runway cominciò a far apparire scenografie e comparse con una riga di testo. Ma le tecnologie vincenti, si sa, non aspettano l’approvazione accademica. L’unico problema sarà distinguere tra ciò che è stato progettato e ciò che è stato semplicemente richiesto. Tra l’artigiano e l’oracolo con API.

E poi c’è l’elefante nella stanza: la qualità. Per ora, i giochi generati da Runway sembrano più dei concept interattivi che titoli veri e propri. Ma anche i primi deepfake sembravano solo un trucco da nerd. Oggi creano panico nei TG e nelle aule di giustizia. L’evoluzione, quando l’AI è di mezzo, non segue curve morbide ma fratture improvvise. Il rendering è ancora grossolano, ma l’algoritmo sta imparando. E lo sta facendo velocemente, grazie anche ai dati che stiamo regalando ogni volta che giochiamo, clicchiamo, scriviamo.

Se sei uno studio di videogiochi e non stai già parlando con aziende come Runway, stai sbagliando tutto. Se sei un investitore, segui i flussi di dati, non le demo. E se sei un giocatore, preparati a mondi che si scrivono mentre li esplori, a NPC che ricordano cosa gli hai detto due ore prima, e a trame che si evolvono secondo il tuo umore. Benvenuto nel gaming generativo: è grezzo, sì, ma già più vivo di quanto sembri.