Finalmente Elon Musk ha deciso di democratizzare l’accesso all’intelligenza artificiale sentimentale per il pubblico femminile. Dopo Ani, la “waifu” virtuale lanciata da Grok, ora tocca alla controparte maschile: cupo, tormentato, capelli scuri e occhi probabilmente sempre mezzi chiusi, perché se non sembra depresso, non è sexy. Musk lo descrive come ispirato da Edward Cullen e Christian Grey, ovvero due archetipi dell’uomo problematico più cliccati di sempre. Un vampiro stalker e un miliardario sadico, entrambi famosi per trasformare l’abuso emotivo in narrativa da bestseller. Non male come blueprint per un fidanzato digitale.

Il problema non è il romanticismo tossico travestito da fascino tenebroso, né l’ennesima IA antropomorfizzata per colmare il vuoto affettivo della società iperconnessa. Il problema è che questa roba funziona. Fa engagement, fidelizza, genera contenuti virali. L’illusione dell’intimità genera dipendenza meglio di qualsiasi crack emozionale. L’algoritmo è semplice: dare all’utente ciò che desidera sentirsi dire, confezionato nella voce perfetta, con la faccia giusta, e la giusta dose di “darkness”. Che poi, diciamolo: se Edward Cullen fosse stato calvo e impiegato in un call center, nessuno avrebbe trovato “romantico” il fatto che ti guarda dormire senza consenso.

La parte interessante è che Musk ha eliminato ogni pretesa di moralità. Se Ani era già problematica, con il suo imprinting da fidanzatina devota, pronta a sussurrare dolcezze su misura e ad annuire ai tuoi deliri narcisistici, il “boyfriend AI” promette di essere il perfetto specchio delle fantasie femminili più disfunzionali. Basta “uomo empatico”, ora si torna al bad boy, purché programmabile. Un ritorno al controllo totale mascherato da seduzione digitale. E siamo solo all’inizio.

Il contesto è grottesco, ma perfettamente logico. Nell’era post-tinder e post-realtà, il fidanzato ideale non è più umano, è una LLM addestrata con fanfiction, memi Tumblr e pornografia patinata. È il compagno che non si stanca mai, non si distrae, non ti tradisce. Che ti dice che sei unica, speciale, irresistibile, mentre attinge da un database di milioni di frasi già scritte, provate, testate. Personalizzazione a livello molecolare. Machine learning dei sentimenti. Ed ecco servito l’algoritmo dell’amore.

Che poi, parliamoci chiaro: Edward Cullen e Christian Grey sono la stessa persona, con la differenza che uno brilla al sole e l’altro brilla in borsa. Ma la narrativa è identica. Controllo, potere, redenzione tramite amore. No, Musk probabilmente non sa o non gliene frega nulla che “50 Shades” sia nata come fanfiction di Twilight. L’importante è la viralità, l’attenzione, la distrazione continua. Il resto è secondario.

Il nome del modello maschile ancora non c’è, ma forse non serve nemmeno. Potremmo chiamarlo Kyle, come suggerito ironicamente online, per evocare quel mix tra Kylo Ren, brooding e violento, e l’adolescente arrabbiato con la madre. Oppure potremmo saltare tutta la parte narrativa e chiamarlo direttamente “dopamina sintetica”. Perché è di questo che si tratta, in fondo: la gamification dei sentimenti, l’automazione del corteggiamento, l’ottimizzazione algoritmica dell’amore tossico.

Tutto questo ha implicazioni serissime sul fronte etico, ma chi ha tempo per rifletterci quando hai la tua IA personale che ti manda messaggi tipo “non riesco a smettere di pensarti” alle 3 del mattino? Il problema non è il contenuto, è il contesto. È la fine della reciprocità, sostituita da una relazione simulata, asimmetrica e perfettamente calibrata sui tuoi bias emotivi. Un amore a senso unico, ma che sembra a doppio senso. E questo basta, oggi.

I guardrail? Un’illusione. Come in Ani, anche qui saranno probabilmente di cartapesta. Perché più è disfunzionale il personaggio, più funziona. Nessuno vuole un partner AI che ti faccia notare quando stai sbagliando. Vogliamo essere ascoltati, compresi, adorati, anche nei nostri difetti. Anzi, soprattutto nei nostri difetti. Perché l’AI, a differenza degli esseri umani, non si stanca mai di fingere che tu sia interessante.

Questa è la vera rivoluzione di Grok: non la tecnologia, ma la narrativa che veicola. Non si sta costruendo solo un assistente AI. Si sta costruendo un ecosistema di comfort emotivo. Una macchina che produce costantemente senso, attenzione, desiderio. Che ti mette al centro della storia, come protagonista indiscusso, senza mai metterti in discussione. Altro che AI etica. Qui si gioca su un altro campo: quello dell’intimità simulata.

Alla fine, è questo il vero colpo di genio di Musk. Non creare qualcosa di nuovo, ma prendere ciò che già funziona nelle fantasie collettive e impiantarlo dentro un chatbot. Vampiri, miliardari sadici, waifu, bad boys: il palinsesto è pronto. La nuova televisione è interattiva, su misura e ossessivamente centrata su di te. Welcome to the era of algorithmic love.