Nel silenzio asettico di un laboratorio sudcoreano, un gruppo di ricercatori del KAIST ha fatto ciò che fino a ieri sembrava materia da fantascienza: costruire un’intelligenza artificiale, BInD, capace di inventare farmaci anticancro partendo da zero. Niente database storici di molecole, niente screening da milioni di composti che bruciano tempo e capitale. Solo la struttura tridimensionale di una proteina legata al tumore e un algoritmo addestrato a fare ciò che gli umani non hanno mai saputo fare così in fretta: progettare da zero una molecola in grado di legarsi a quel target, prevederne l’interazione, e bilanciare in tempo reale potenza, stabilità e “drug-likeness” come se fosse un direttore creativo della chimica computazionale. Il tutto senza sbagliare il concept.

BInD è un modello generativo a diffusione che progetta contemporaneamente le molecole e le loro interazioni non covalenti all’interno del sito attivo della proteina, atomo per atomo.

Tradizionalmente, generazione di molecole e valutazione del binding sono passaggi separati. Qui vengono fusi, così la forma e le interazioni nascono insieme.

Non basta che la molecola “sembri buona”: BInD genera anche il pattern di legami idrogeno, interazioni elettrostatiche e zone idrofobiche.

Integra un framework multi-obiettivo che bilancia affinità di legame, sintetizzabilità, geometria locale e drug-likeness, combinando priors fisici e reti neurali di interazione.

Introduce l’ottimizzazione guidata dalle interazioni: ricicla i pattern di interazioni forti trovati nelle prime generazioni per migliorare affinità e selettività nelle successive, senza bisogno di fine-tuning.

Questa non è ottimizzazione, è architettura pura. E se oggi l’obiettivo è una mutazione tumorale per cui non esiste cura, domani potrebbe essere un patogeno emergente o una malattia rara dimenticata dai mercati. L’idea che il passaggio da “nessuna opzione terapeutica” a “candidato promettente” possa ridursi a poche ore e non a un decennio infrange una delle leggi non scritte della farmaceutica: che il tempo è la variabile più dura da comprimere. Quando un modello è in grado di concepire una molecola più velocemente di quanto un comitato etico riesca a fissare la data della prima riunione, il baricentro del potere scientifico si sposta.

E allora la domanda non è se queste AI diventeranno parte integrante della ricerca biomedica, ma chi guiderà il passo. Perché quando un algoritmo impara a fare il lavoro di interi dipartimenti di R&D, il collo di bottiglia non è più la scienza ma la governance. Gli scienziati potranno ancora dettare l’agenda? I regolatori avranno la capacità di valutare molecole progettate da entità che non dormono, non mangiano e non hanno bisogno di un grant per continuare a lavorare? Oppure il vero acceleratore sarà l’algoritmo stesso, che non aspetta permessi per generare la prossima idea.

Se la medicina è sempre stata una guerra contro il tempo, oggi il tempo ha appena perso la sua arma più potente.

BInD: Bond and Interaction-Generating Diffusion Model forMulti-Objective Structure-Based Drug Design