Chi pensava che la guerra tecnologica tra Stati Uniti e Cina potesse frenare la corsa dell’intelligenza artificiale applicata ai robot umanoidi non ha compreso la logica spietata del mercato globale. I nuovi protagonisti non sono le banche centrali o i ministeri della difesa, ma le schede madri, i moduli GPU e i kit di sviluppo che permettono a un robot di camminare, combattere in un ring da kickboxing o semplicemente cambiare da solo la batteria come fa il Walker S2 di UBTech. Nvidia, con il suo Jetson AGX Thor, ha deciso di puntare forte sulla Cina, nonostante le tensioni politiche, offrendo una piattaforma che promette di essere il “supercomputer definitivo per l’età dell’intelligenza fisica”. In altre parole, il cervello delle macchine che non restano più confinate nelle simulazioni digitali, ma imparano a interagire con il mondo reale.

Unitree, AgiBot, Galbot, Engine AI e UBTech non hanno perso tempo: sono tra i primi a integrare Jetson AGX Thor nelle proprie linee di produzione di robot umanoidi. La ragione è semplice. L’architettura Blackwell con 128 GB di memoria e fino a 2.070 FP4 teraflops di potenza non è solo una specifica tecnica, ma una dichiarazione politica. Nvidia offre un hardware capace di gestire modelli generativi e algoritmi di embodied intelligence con una precisione e velocità mai viste, il tutto con un consumo energetico di 130 watt, più vicino a un notebook che a un supercomputer. La vera rivoluzione è il formato FP4, un 4-bit floating point che riduce drasticamente la domanda computazionale nei processi di training e inferenza. Tradotto: più potenza, meno energia, maggiore scalabilità. È qui che la Cina intravede la possibilità di accelerare la produzione di robot autonomi a costi sostenibili.

Morgan Stanley stima che il mercato della robotica cinese passerà da 47 miliardi di dollari nel 2024 a 108 miliardi nel 2028, con un tasso di crescita annuo del 23 per cento. Non è un grafico da report finanziario, è una curva esponenziale che racconta una trasformazione industriale radicale. La Cina non vuole semplicemente costruire macchine intelligenti, vuole ridefinire la catena del valore, dalla logistica alla sanità, dall’agricoltura al retail. Con Jetson Thor, i robot possono apprendere e reagire in tempo reale, non come gadget futuristici ma come strumenti operativi, pronti a sostituire forza lavoro umana nei settori più diversi. E mentre in Occidente il dibattito politico si concentra su rischi etici e regolamentazioni, Pechino lavora già sulla messa in produzione di intere flotte di umanoidi.

Nvidia non ha scelto il momento a caso. A giugno, Jensen Huang aveva detto chiaramente che “il prossimo passo dell’era dell’AI è la robotica”. Il messaggio era per gli investitori ma soprattutto per i governi: chi controlla la piattaforma di sviluppo per la robotica intelligente controllerà il futuro dell’economia fisica. Non è un caso che tra i primi utenti di Jetson Thor, oltre alle cinesi, figurino Amazon Robotics, Boston Dynamics, Agility Robotics, Caterpillar, Medtronic e perfino Meta. È un club ristretto che anticipa la nuova fase della globalizzazione tecnologica, dove hardware e software convergono per dare vita a ciò che Nvidia chiama “intelligenza fisica”.

C’è anche un lato ironico in tutto questo. L’immagine di due robot Unitree che si affrontano in un match di kickboxing a Pechino non è un gioco da fiere hi-tech, è un messaggio geopolitico: la Cina non si limita a copiare, ma sperimenta e spettacolarizza la sua supremazia tecnologica. Un robot che cambia batteria da solo non fa notizia, ma due umanoidi che combattono in diretta tv sì. È lo storytelling che trasforma un prototipo in un simbolo nazionale, e con Jetson Thor quel simbolo diventa scalabile.

L’elemento che molti sottovalutano è la natura modulare di Jetson Thor. Non è un prodotto pensato solo per i laboratori di ricerca, ma per la produzione di massa. Il kit di sviluppo parte da 3.499 dollari, i moduli T5000 per la produzione costano 2.999 dollari ciascuno con ordini minimi di mille unità. Questo significa che un’azienda cinese può avviare una catena di montaggio per migliaia di robot con un investimento relativamente contenuto, abbattendo il costo marginale dell’automazione umanoide. Qui si gioca la vera partita: la democratizzazione della potenza computazionale necessaria per portare l’AI dal cloud al corpo delle macchine.

Chi guarda ai numeri della GPU Blackwell vede solo specifiche, chi osserva la dinamica geopolitica vede una mossa strategica. Nvidia, sotto attacco negli Stati Uniti per le forniture di chip avanzati alla Cina, ha trovato una formula di compromesso: fornire hardware specifico per la robotica, lasciando all’AI generativa cloud-based il terreno delle restrizioni. È un equilibrio fragile ma estremamente redditizio. In un certo senso, Nvidia sta vendendo il futuro della robotica cinese con la benedizione implicita del mercato globale, che non può permettersi di restare fuori da una crescita a due cifre.

C’è una provocazione nascosta nelle parole di Huang quando parla di “supercomputer definitivo per l’età della robotica”. Se i robot possono davvero sostituire parte del lavoro umano, allora il vero capitale non è più il tempo o la forza lavoro, ma la potenza computazionale distribuita in moduli da 130 watt. La Cina lo ha capito prima di altri e sta trasformando questa consapevolezza in produzione industriale. La sfida non è se i robot saranno in grado di fare conversazioni intelligenti, ma se saranno abbastanza economici e affidabili da sostituire persone nei settori produttivi e di servizio. Con Jetson Thor la risposta sembra essere sì.

Vuoi davvero capire dove sta andando l’economia? Non guardare le borse di Wall Street o i comunicati della Fed. Guarda un robot cinese che calcia in faccia un suo simile sotto le luci di Pechino. Dietro a quell’immagine non c’è solo intrattenimento, c’è la sintesi di un’era che trasforma i teraflops in potere economico e i moduli GPU in armi di soft power. Non serve immaginare distopie da film di fantascienza, basta osservare i numeri. La Cina corre al 23 per cento annuo nella robotica, Nvidia incassa miliardi vendendo cervelli modulari e il resto del mondo si domanda se ha ancora tempo per recuperare. Chi non si aggiorna rischia di restare fuori dal ring.