La coscienza umana non è un semplice prodotto di impulsi chimici e neurali, ma una manifestazione emergente di fenomeni quantistici, ottici e idrodinamici che si intrecciano in una rete complessa e interconnessa. Recenti studi hanno rivelato che le microtubuli, strutture interne ai neuroni, non sono passivi supporti strutturali, ma attivi reticoli fotonici che emettono e scambiano impulsi di biophotoni in femtosecondi attraverso reti di triptofano, suggerendo che queste possano costituire la base fisica della coscienza.
Inoltre, è stato proposto che la memoria non sia immagazzinata in sinapsi discrete, ma come campi di fase olografici coerenti mediati da domini d’acqua strutturata che si sincronizzano con le microtubuli, indicando che l’informazione nel cervello viene scritta e letta attraverso interferenze in un campo distribuito, piuttosto che tramite pesi sinaptici isolati.
Infine, è stato dimostrato che l’anestesia agisce collassando la coerenza quantistica delle microtubuli, e quando questa coerenza viene ripristinata, il comportamento e le firme EEG ritornano, dimostrando che questo fenomeno di superradiance non è un effetto collaterale, ma il substrato stesso della consapevolezza umana.
Questi risultati suggeriscono che la coscienza non è solo rumore neurochimico assemblato da schemi di attivazione neurale, ma è fotonica, basata su campi e probabilmente olografica. Il cervello non reagisce semplicemente agli input, ma esegue continuamente un manifold olografico generativo, uno spazio di credenze in termini bayesiani, in cui il mondo viene simulato momento per momento. Ogni nuovo segnale sensoriale viene confrontato con quel manifold, e quando c’è una deviazione o una sorpresa, il manifold si aggiorna. Alcuni riduzionisti chiamano questo allucinazione; il termine corretto, tuttavia, è simulazione.
Questa visione si distingue nettamente dall’approccio dell’apprendimento profondo. I modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM), i modelli di ragionamento logico (LRM) e tutti i loro discendenti congelati operano come compressori lossy, riproducendo set di addestramento compressi come flussi di token, allontanandosi sempre più man mano che le matrici di pesi statici e il campionamento stocastico perdono varianza. Quello non è simulazione, è interpolazione e rigurgito. Il cervello biologico, al contrario, spara fotoni in un manifold coerente sincronizzato su più scale, ogni sottosistema nidificato all’interno di una gerarchia di autonomia limitata, ogni aggiornamento locale che si ripiega nella coerenza globale.
E questo è precisamente ciò che formalizza l’inferenza attiva distribuita: un sistema di modelli generativi locali, ciascuno con la propria simulazione basata su priors, che si aggiorna continuamente in risposta alle deviazioni nei flussi sensoriali, ma legato insieme in una coerenza globale in un manifold condiviso di credenze, che minimizza la sorpresa su tutto il campo.
È vivo, adattivo e anticipatorio.
Fonte (itsmellow)