Immagina la più grande potenza militare del mondo che scopre all’improvviso di spendere più per pagare i creditori che per i missili ipersonici. Sembra una barzelletta, e invece è il nuovo volto del bilancio federale americano: oltre 1.130 miliardi di dollari in interessi sul debito nazionale, a fronte di 1.125 miliardi destinati alla difesa. Se usiamo la definizione più stretta del Pentagono, la cifra militare scende addirittura a 850 miliardi, rendendo ancora più imbarazzante la sproporzione. Wall Street sorride, i contribuenti no.

Quattro anni fa la storia era diversa. Nel 2020 Washington pagava 345 miliardi di interessi. Oggi la cifra è quasi triplicata, con un balzo del 175 per cento. Una traiettoria che non ha bisogno di metafore: è pura matematica. Con 37 trilioni di dollari di debito, ogni aumento dell’1 per cento dei tassi significa tra i 250 e i 300 miliardi di dollari in più all’anno da versare agli obbligazionisti. La Congressional Budget Office ha già messo nero su bianco il futuro: entro il 2035 gli interessi divoreranno il 22 per cento delle entrate federali, arrivando al 28 per cento a metà secolo. Tradotto: un dollaro su quattro raccolto con le tasse andrà a coprire spese passate, non a finanziare innovazione o infrastrutture.

La politica? Distratta, quando non complice. Durante la campagna presidenziale del 2024 nessun candidato ha toccato seriamente il tema, come se il problema fosse troppo grande per essere pronunciato. Nel frattempo, le agenzie di rating hanno fatto il loro lavoro sporco: S&P ha abbassato la valutazione già nel 2011, Fitch l’ha seguita nel 2023 e Moody’s ha completato il trittico nel 2025. Per la prima volta da un secolo, il debito sovrano americano non è più considerato privo di rischio. È come se il custode dell’ordine globale fosse diventato improvvisamente un debitore poco affidabile.

Gli effetti collaterali sono devastanti. Le risorse inghiottite dagli interessi non finanziano più ponti, reti elettriche, ricerca o istruzione. La capacità di rispondere a crisi improvvise si riduce, le tasse diventano più pesanti e la valuta rischia di entrare in turbolenza. Le analogie storiche fanno tremare i polsi: la Spagna degli Asburgo, la Francia prerivoluzionaria, l’Impero Ottomano e perfino la Gran Bretagna del 2010 hanno superato questo punto di non ritorno, pagando il prezzo con declino politico e sociale.

La generazione più giovane paga il conto più salato. Professionisti ventenni e trentenni erediteranno infrastrutture logore e un fardello fiscale stimato fino al 24 per cento più alto rispetto ai genitori, per onorare debiti contratti quando loro ancora non erano sul mercato del lavoro. Una forma di tassazione invisibile che rende i millennials e la Gen Z azionisti di maggioranza di un’azienda in perdita.

E l’Europa? Qui il quadro appare meno drammatico, ma non per questo rassicurante. Nel 2023 gli interessi sul debito nell’Unione Europea rappresentavano circa il 2,9 per cento delle entrate pubbliche complessive. Una cifra gestibile se confrontata con la voragine americana. Ma la vera differenza sta nella spesa militare: mediamente l’1,7 per cento del PIL, salita a 1,9 nel 2024 con un totale di 326 miliardi di euro. Ancora lontana dai livelli americani, ma in rapida crescita. Alcuni governi parlano apertamente di portarla verso il 3 o addirittura il 3,5 per cento del PIL.

A livello nazionale le divergenze sono impressionanti. L’Italia spende in interessi quasi tre volte quanto destina alla difesa, un’asimmetria che dice tutto sulla fragilità dei suoi conti pubblici. Spagna, Regno Unito e Ungheria sono attorno al doppio. Solo la Germania mantiene un profilo diverso, con gli interessi ancora sotto il livello della spesa militare. Ma con i nuovi impegni verso la NATO e l’instabilità geopolitica, anche Berlino valuta di scardinare il freno al debito per finanziare il riarmo.

Il paradosso europeo è evidente: nonostante la pressione sugli interessi sia più contenuta rispetto a Washington, la scelta di potenziare la difesa rischia di comprimere welfare, pensioni e istruzione. È la classica coperta corta: copri i soldati e scopri i cittadini. Bruxelles ha persino discusso di eurobond difensivi da 800 miliardi, scorporati dai parametri di bilancio. Una mossa che conferma quanto la retorica della disciplina fiscale sia elastica quando entra in gioco la sicurezza.

Il confronto tra Stati Uniti ed Europa rivela un destino convergente ma con traiettorie diverse. Gli americani hanno lasciato che gli interessi divorassero il loro bilancio, trasformando i creditori in un esercito invisibile più potente del Pentagono. Gli europei, invece, rischiano di fare l’errore opposto: inseguire la potenza militare mentre i conti pubblici restano fragili, illudendosi che gli interessi bassi possano durare all’infinito. In entrambi i casi, la prossima generazione erediterà un’architettura finanziaria instabile, con margini di manovra sempre più stretti.

L’unica certezza è che il futuro dell’economia globale non sarà deciso dai generali né dagli ingegneri della Silicon Valley, ma dai custodi silenziosi del debito pubblico. Se la superpotenza americana può scivolare su una buccia di interessi, nessun continente può sentirsi al sicuro.

Fonti:
World Bank, Trading Economics, IEP Bocconi, IFO Institute, Financial Times, Reuters, Business Insider, The Guardian.