L’europa ama definirsi autonoma, sovrana, indipendente. Poi arriva un report con un titolo quasi burocratico, “Progress and Shortcomings in European Defense”, e scopriamo che per sostituire solo l’intelligence americana servirebbero 4,8 miliardi di euro. Una cifra che sembra piccola se confrontata con i bilanci pubblici, ma gigantesca se pensiamo che non si tratta di investimenti in nuove capacità offensive, bensì della semplice necessità di comprare ciò che gli Stati Uniti non vogliono più regalare. Siamo entrati nel paradosso: il vecchio continente pretende il ruolo di potenza geopolitica, ma dipende per occhi e orecchie dal Pentagono.ù
Satelliti. L’Europa li ha, ma in quantità ridicola rispetto alla costellazione americana. E il confronto con Starlink diventa quasi imbarazzante, perché Elon Musk fornisce copertura e comunicazioni sul campo di battaglia con una rapidità che Bruxelles non riesce neppure a discutere nei tavoli tecnici. Certo, esistono Eutelsat e Satcube, ma parliamo di operatori che fanno fatica a competere persino con aziende private statunitensi, figuriamoci con l’arsenale orbitale del Dipartimento della Difesa. Ci vorranno anni, forse decenni, prima che l’Unione possa vantare una rete autonoma e capace. E in quegli anni si continuerà a pagare il conto politico e militare a Washington.
Poi c’è il capitolo difesa aerea, quello che più mette a nudo l’illusione europea. Oggi lo spazio aereo viene protetto in gran parte dai Patriot americani, con il supporto del sistema navale Aegis. I francesi con il SAMP-T e gli italiani con il Mamba possono vantare un minimo di capacità, ma in quantità talmente ridotte da risultare quasi decorative. Pensare di affrontare uno sciame di missili balistici con queste risorse è poco più di un esercizio di retorica. La realtà è che senza Washington, i cieli europei resterebbero fragili e vulnerabili.
Il problema non è solo militare ma strategico. Ogni volta che un politico europeo invoca la “sovranità strategica”, dovrebbe guardare la lista degli equipaggiamenti che non possiamo permetterci di perdere dall’inventario americano. Non si tratta solo di missili e satelliti, ma della logica stessa della deterrenza. Se la capacità di vedere arrivare una minaccia dipende da qualcun altro, l’intero concetto di autonomia cade a pezzi.
È vero che negli ultimi anni sono aumentati gli investimenti europei in velivoli da ricognizione e in nuovi programmi spaziali. Ma la scala rimane microscopica rispetto alla necessità. La verità è che il progetto di difesa comune è rimasto intrappolato nella retorica delle conferenze e nei sorrisi di circostanza dei summit NATO-UE. Tutti amano parlarne, nessuno vuole pagarne il conto. Finché arrivavano i dollari americani, il modello funzionava: outsourcing della sicurezza in cambio di fedeltà politica. Ora però il messaggio da Washington è chiaro: preparatevi a spendere.
La somma di 4,8 miliardi è solo la punta dell’iceberg. Una stima prudente per mantenere un minimo di continuità informativa. Se si considerano i costi reali di una costellazione satellitare europea indipendente, un sistema di difesa antimissile multilivello e un’infrastruttura di comunicazioni sicura, le cifre diventano astronomiche. Non a caso, in silenzio, diversi governi stanno già discutendo con le grandi aziende del settore aerospaziale su possibili programmi congiunti. Ma anche in questo caso, il tempo gioca a sfavore.
Chi conosce la storia non dovrebbe sorprendersi. L’Europa ha sempre preferito investire nella diplomazia, nelle istituzioni e nell’economia, lasciando la difesa al “cugino americano”. Ma oggi, in un mondo dove la guerra elettronica e i droni a lungo raggio decidono i fronti, l’illusione che bastino i trattati e le buone maniere è crollata. La sicurezza costa, e senza pagare il prezzo pieno l’indipendenza resta un’utopia da conferenza stampa.
La frase che circola nei corridoi di Bruxelles “will cost the EU a pretty penny” è più che un titolo ironico: è la diagnosi di una malattia cronica. Dipendenza strutturale, incapacità di pensarsi come potenza autonoma, lentezza burocratica. Tutti elementi che, messi insieme, trasformano la difesa europea in un puzzle incompleto. A meno che il continente non decida di accettare finalmente il conto, l’alternativa resterà quella di vivere all’ombra di un alleato sempre meno disposto a essere il custode gratuito della sicurezza altrui.