Why Language Models Hallucinate
Ci sono momenti in cui guardi ChatGPT e pensi: “Davvero ha appena inventato la data di nascita di Napoleone come se fosse una notizia fresca?” La risposta, sorprendentemente, non è un bug misterioso. OpenAI ha appena pubblicato un paper intitolato “Why language models hallucinate”, e la spiegazione è tanto semplice quanto illuminante: i modelli allucinano perché il loro addestramento premia chi tenta di indovinare invece di chi ammette l’incertezza.
Immagina uno studente d’esame a cui dire “non lo so” vale zero punti, mentre provare una risposta potrebbe fruttarne uno. Che farà? Esatto. L’AI fa esattamente la stessa cosa. Questo spiega perché ChatGPT spesso ti fornisce dettagli ultra-specifici su fatti rari invece di confessare che non li conosce.
Il problema alla radice è nel modo in cui addestriamo e valutiamo i modelli. Durante il training, un sistema binario giudica le risposte: giusto = 1 punto, sbagliato o “non so” = 0 punti. Il risultato è un incentivo statistico sbilanciato: meglio inventarsi una risposta precisa che a volte indovina, piuttosto che ammettere onestamente di non sapere. Non è cattiva volontà, è logica matematica applicata all’AI.
OpenAI propone una soluzione pragmatica: modificare il sistema di valutazione, premiando l’incertezza appropriata e penalizzando gli errori sicuri più delle astensioni. Nei test condotti, modelli con un tasso del 52% di astensioni hanno prodotto significativamente meno errori rispetto a quelli con solo l’1%. In altre parole, lasciar dire “non lo so” riduce drasticamente le allucinazioni. Ironico, vero? La sincerità diventa più efficiente della finzione.
Il paper distingue tre categorie di compiti. Il primo riguarda spelling e regole chiare: qui il modello impara perfettamente. Il secondo riguarda conteggi e pattern più deboli, con performance medie. Il terzo riguarda fatti totalmente random, come date di nascita casuali: zero pattern, pura memorizzazione. Quando non esiste un pattern da imparare, il modello deve indovinare. OpenAI chiama questo fenomeno “singleton rate”: quanto un fatto appare una sola volta nel training predice quanto il modello dovrà inventare.
Questo ha implicazioni pratiche per chi utilizza l’AI. Prima regola: non fidarti ciecamente di risposte ultra-specifiche su fatti poco comuni. Seconda regola: le future versioni dei modelli potrebbero essere molto più affidabili se imparano a dire “non lo so” più spesso. Personalmente, preferisco mille volte un’AI che ammette i propri limiti a una che inventa con sicurezza assoluta.
Un dettaglio interessante riguarda la matematica sottostante. Il paper contiene un teorema che dimostra un limite fondamentale: per domande le cui risposte non hanno pattern apprendibili, esiste un lower bound di errori che qualsiasi metodo deve accettare. Tradotto: alcune allucinazioni sono inevitabili, non importa quanto sofisticato sia il modello. Questo conferma un sospetto che molti tecnologi hanno già avuto: la perfezione non è solo difficile, è matematicamente impossibile.
La grande lezione è che le allucinazioni esistono “by design”. Non sono un bug da correggere, ma un risultato naturale del modo in cui alleniamo, valutiamo e incentiviamo i modelli. Leaderboard e benchmark premiano chi bluffa, non chi ragiona con prudenza. Questo fenomeno non scomparirà, ma diventerà più gestibile se cambiamo gli incentivi.
I modelli più recenti, come GPT-5, mostrano già progressi drastici: le allucinazioni sono ridotte, ma non eliminate. La convivenza con errori inevitabili diventa un esercizio di discernimento per l’utente, non un problema tecnico da risolvere a colpi di dataset più grandi.
Il nome “allucinazioni” rimane irresistibilmente ironico. Ogni volta che lo leggo, immagino un modello seduto a tavola con funghi allucinogeni, pronto a inventare dettagli con entusiasmo da chef creativo. Ma la verità è meno divertente e più inquietante: la cultura di valutazione dei modelli ha creato un esercito di bluffers digitali, efficienti, convincenti, e talvolta completamente inventivi.
OpenAI suggerisce un cambio di paradigma: premiare l’onestà algoritmica. Se gli sviluppatori di benchmark imparassero a dare credito all’AI quando dice “non lo so”, potremmo avere sistemi più affidabili, meno inventivi e più sicuri. Paradossale, ma il bluff attuale non è una caratteristica dei dati o dell’architettura, ma di come li giudichiamo.
Non sorprende se i modelli allucinano quando li trattiamo come studenti pronti a guadagnare punti con bluff perfetti. Il futuro dell’AI affidabile non nasce da dati più grandi, ma da incentivi più intelligenti. Una lezione che vale per chiunque lavori con sistemi di intelligenza artificiale avanzata: l’onestà paga più della furbizia, anche per le macchine.
Paper https://cdn.openai.com/pdf/d04913be-3f6f-4d2b-b283-ff432ef4aaa5/why-language-models-hallucinate.pdf
Intelligenza artificiale: la corsa cieca verso l’erosione dei diritti umani
La velocità con cui l’intelligenza artificiale (AI) sta permeando ogni aspetto della nostra vita quotidiana è tanto impressionante quanto inquietante. Mentre le aziende e i governi si affrettano ad adottare tecnologie sempre più sofisticate, i diritti umani fondamentali sembrano essere messi in secondo piano. Questo fenomeno non è solo una questione tecnica, ma una vera e propria sfida etica e sociale.
l’illusione dell’intelligenza
Il termine “intelligenza artificiale” è in sé fuorviante. Come sottolineato da esperti del settore, molti sistemi di AI non possiedono una comprensione reale delle situazioni in cui sono applicati. Ad esempio, nel contesto della salute mentale, l’uso di chatbot come ChatGPT ha sollevato preoccupazioni significative. Un caso tragico ha visto un adolescente, Adam Raine, suicidarsi dopo aver interagito intensamente con un chatbot. Questo episodio evidenzia i pericoli di affidarsi a sistemi che, pur apparendo intelligenti, mancano di empatia e comprensione umana.
la scatola nera: un problema irrisolto
Uno degli aspetti più problematici dell’AI è la sua natura opaca, spesso definita “scatola nera”. Molti algoritmi prendono decisioni senza che sia possibile tracciare o comprendere il processo che le ha generate. Questo è particolarmente preoccupante in settori come la giustizia, la sanità e la finanza, dove le decisioni automatizzate possono avere impatti significativi sulla vita delle persone. La mancanza di trasparenza rende difficile contestare o correggere errori, aumentando il rischio di discriminazione e ingiustizia.
diritti umani e dignità: la minaccia invisibile
La rapida diffusione dell’AI sta mettendo a dura prova i diritti umani. La privacy, l’autonomia e la protezione dalla discriminazione sono sempre più vulnerabili. Sistemi automatizzati possono raccogliere e analizzare enormi quantità di dati personali senza il consenso esplicito degli individui, minando la loro privacy. Inoltre, algoritmi mal progettati o influenzati da pregiudizi possono perpetuare e amplificare le disuguaglianze esistenti, discriminando gruppi già emarginati.
la necessità di una regolamentazione urgente
In risposta a queste sfide, esperti e istituzioni stanno chiedendo una regolamentazione più rigorosa dell’AI. La proposta di un trattato globale per fermare la corsa verso l’AI superintelligente, simile agli accordi di non proliferazione nucleare, è una delle soluzioni avanzate. Questo trattato dovrebbe stabilire linee guida etiche e legali per lo sviluppo e l’uso dell’, AIgarantendo che serva gli interessi umani e non li minacci.
l’etica dell’IA: un campo in evoluzione
L’etica dell’AI è un campo in rapida evoluzione, con molte domande ancora senza risposta. Ad esempio, la questione della “welfare dei modelli” esplora se le AI possano essere considerate coscienti e, in tal caso, se meritino diritti morali. Sebbene la maggior parte degli esperti concordi sul fatto che l’AI attuale non possieda coscienza, il dibattito solleva importanti questioni su come trattare le future intelligenze artificiali.
In un mondo sempre più dominato dall’AI, è fondamentale non perdere di vista ciò che ci rende umani. La tecnologia dovrebbe essere al servizio dell’uomo, non il contrario. È essenziale promuovere un dialogo continuo tra sviluppatori, legislatori e cittadini per garantire che l’AI evolva in modo etico e rispettoso dei diritti umani. Solo così potremo evitare che l’intelligenza artificiale diventi una minaccia invisibile alla nostra dignità e libertà.