La corsa per il dominio dell’intelligenza artificiale consumer è diventata un duello a tutto campo e i numeri emersi di recente rivelano che OpenAI non solo ha un vantaggio, ma rischia di trasformarlo in un’abissale distanza. Al contempo Google non si è fermata ma la domanda è: quanto può recuperare?

OpenAI ha dichiarato durante il suo recente evento DevDay che la piattaforma API elabora 6 miliardi di token al minuto, un salto di venti volte rispetto a due anni fa. Inoltre la piattaforma ChatGPT ha superato gli 800 milioni di utenti attivi settimanali. Numeri che gridano “dominanza”: un network globale, utenti consumer in massa, infrastruttura che mangia token a livelli industriali.

Nel frattempo Google ha annunciato di aver processato 1,3 quadrilioni di token al mese attraverso tutti i suoi servizi AI, incluse le funzioni di overview AI, il modello Gemini e le API di Google Cloud. Un numero impressionante in assoluto, ma ed è qui il punto costruito più su intensità computazionale che su effettiva penetrazione consumer. Come rilevato dall’analista Ross Sandler di Barclays, “la quota di mercato delle applicazioni consumer native AI probabilmente pende molto di più verso OpenAI”.

Il concetto di “token” va chiarito per evitare di farsi sedurre dai numeri facili: un token è un’unità di testo parole, parti di parole, punteggiatura che un modello di linguaggio elabora. Il numero di token è direttamente correlato ai costi di inferenza e al potenziale fatturato di servizi AI. La logica è: più token, più lavoro, più valore (o più costo). Nel caso di OpenAI l’uso massiccio della piattaforma API e di ChatGPT disegna una mappa di reale engagement, non solo infrastruttura.

Sandler stima che ChatGPT generi oltre 420 trilioni di token al mese dai suoi 800 milioni di utenti attivi settimanali (con una stima di potenziali 1,2 miliardi di utenti mensili). A confronto, stima per Gemini di Google circa 190 trilioni di token mensili per 550 milioni di utenti stimati. Lo scenario: OpenAI domina lato consumer, Google resta forte lato volume totale ma con minore “native consumer traction”.

Cosa significa in termini strategici per un CTO o un CEO tecnologico? Per prima cosa, che l’ecosistema OpenAI ha un effetto network significativo: non solo utilizzo ma anche sviluppo (4 milioni di sviluppatori costruiscono con OpenAI) secondo i dati di DevDay. Questo dà vantaggio competitivo difficile da replicare. In secondo luogo, Google si trova in una posizione di “super infrastuttura ma sotto consumer engagement”: gestisce token da più piattaforme, ma non appare capace al momento di convertire in modo visibile quell’infrastruttura in una base utenti consumer dominatrice.

Un punto di ironia: Google sfoggia il “quadrilione di token” come trofeo, ma analisti indipendenti lo descrivono come un indicatore di “compute burn” piuttosto che di “dominance utenti reali”. È come se l’azienda dicesse “abbiamo consumato più elettricità che mai” e lo presentasse come successo. Per chi guida la tecnologia è un campanello d’allarme: come si traduce capacità in valore? Come si monetizza l’utilizzo effettivo?

Nel frattempo, il segmento enterprise appare meno conteso tra questi due attori e più terreno di un terzo concorrente: Anthropic. Secondo Sandler, Anthropic detiene “quasi” il doppio della quota di ricavo rispetto a OpenAI nel segmento business, con un run-rate annuo stimato a 9 miliardi di dollari entro fine 2025 e potenziale di 20 miliardi entro fine 2026. L’importanza per chi guida una azienda è chiara: la battaglia consumer è giocata oggi tra OpenAI e Google, ma l’impresa che vince nel segmento enterprise può costruire barriere molto più alte.

Occorre che un responsabile tecnologico tenga a mente che token non sono solo metriche glamour, ma strumenti di analisi della scala, del costo, della monetizzazione, della platea utenti.

Sottile ma essenziale: un grande numero di token senza un adeguato modello di monetizzazione diventa solo un costo nascosto. OpenAI mostra che oltre all’infrastruttura hai bisogno di utenti attivi e di ecosistema produttivo. Google invece ha capacità ma forse non altrettanta conversione. Per un leader del settore digitale questo significa orientarsi non solo alla potenza dei modelli, ma alla reale penetrazione, all’engagement, alla monetizzazione.

Un’altra curiosità: il salto di OpenAI può essere visto come una manifestazione di effetto “network developer-to-consumer” dove gli sviluppatori generano strumenti, app, agenti che alimentano la piattaforma ChatGPT diventando essa stessa un marketplace. Google ha una base utenti immensa ma non appare (ancora) aver costruito una “app economy” verticale all’interno della sua app AI consumer con la stessa velocità.

Alla fine la domanda reale è: quanto durerà questo vantaggio? Quanto tempo impiegherà Google a colmare la distanza o a spostare l’asse della battaglia verso enterprise, dove OpenAI ancora non è dominante? E per le aziende che decidono ora su quale piattaforma scommettere: conviene puntare su chi ha il maggior volume di token gestiti, o su chi ha maggior engagement e monetizzazione pronta? In questo momento la risposta sembra pendere verso OpenAI.

Il gioco delle piattaforme AI non è più solo “chi ha il modello migliore” ma “chi ha l’ecosistema più attivo”, “chi trasforma token in valore” e “chi guida la prossima ondata di applicazioni consumer”. Se fossi al tuo posto, considererei il numero di token come un indicatore, non come una garanzia. La differenza tra consumo e persone che usano e pagano segna la linea tra leadership e rincorsa vistosa.