La notizia è semplice e clamorosa: OpenAI sta preparando le basi per una IPO che potrebbe valorizzare la società fino a 1 trilione di dollari. Le prime discussioni verrebbero lanciate con la SEC negli Stati Uniti già nella seconda metà del 2026, e un’eventuale quotazione nel 2027. Il capitale che si pensa di raccogliere parte “da almeno 60 miliardi USD” ma molto probabilmente sarà di più.
Perché questa IPO è tanto significativa e perché dovresti tenerla d’occhio:
La prima ragione: dimensioni. Un’offerta pubblica che punta a 1 trilione significa che OpenAI non sta soltanto “diventando grande”, ma ambisce a diventare un colosso comparabile a Apple Inc., Microsoft o Nvidia in termine di capitalizzazione.
La seconda ragione: il contesto. Il mercato dell’intelligenza artificiale è entrato nella fase “spinta” dell’infrastruttura chip, data‑center, modelli su larga scala — e questo richiede somme impressionanti di denaro. OpenAI sembra aver deciso: o si scala enormemente o si rimane nel limbo. E una IPO dà accesso a capitali pubblici e a strumenti di acquisizione.
La terza ragione: la struttura societaria. OpenAI ha recentemente “sistemato” il suo modello interno: il controllo del nonprofit (ora OpenAI Foundation) che detiene una partecipazione significativa, la preparazione alla quotazione, la diminuzione della dipendenza da Microsoft, etc. È una condizione necessaria per affrontare i mercati pubblici.
Ma sì, c’è un “ma” grosso come un data‑center :
Nonostante l’entusiasmo, nessuna decisione definitiva è stata presa. Le fonti dicono che i piani “potrebbero cambiare” in base a crescita del business e condizioni di mercato. “An IPO is not our focus, so we could not possibly have set a date,” ha detto un portavoce di OpenAI.
Poi: 1 trilione di valutazione è fantastico sulla carta, ma implica che gli investitori credano che OpenAI possa giustificare quella cifra con utili futuri, cash‐flow, e soprattutto scala. E finora, per quanto storica, la strada è ancora in salita: infrastrutture costose, burn rate elevato, margini ancora da definire.
Un’altra considerazione: il mercato delle IPO, l’appetito degli investitori, la regolamentazione, la macroeconomia tutti fattori che possono far deragliare anche il progetto meglio costruito. Insomma: grande ambizione, grandi rischi.
L’incertezza è comunque elevata: tempistiche, numeri, strategia potrebbero cambiare.
Bisognerebbe osservare la metriche chiave che giustificherebbero una valutazione così alta: tasso di crescita dei ricavi, margini lordi, CAPEX, costo marginale di ogni nuovo utente/cliente enterprise. Se OpenAI va in IPO, gli investitori vorranno un percorso chiaro verso la redditività.
Controllare la governance e la struttura societaria: come fa una società che è nata come nonprofit a gestire la transizione in un’entità quotata? Ci sono conflitti di interesse? Qual è il ruolo del nonprofit che detiene 26%? (sì, 26% è il numero citato).
Analizzare la dipendenza da infrastruttura: chip, data centre, energia, latenza. OpenAI non compete solo nel codice, compete nella fisica e nell’hardware. Una valutazione da 1 trilione richiede che questi costi vengano controllati e che la scala funzioni.
Il tempismo: la finestra “tarda 2026/2027” è plausibile, ma se rimane troppo a lungo privata, rischia che il mercato muta, che sorgano concorrenti, che la narrativa cambi. Quindi è una corsa contro il tempo.
L’idea che una startup (nel senso “ancora privata”) possa arrivare a una IPO da alcune decine di miliardi non è nuova, ma venire a una valutazione da migliaia di miliardi richiede che il mercato creda davvero che questa IA generativa sia «la nuova elettricità». Sì, leit‑motiv già sentito. Ma se lo sei tu che lo dici, allora ha un altro peso.
Poi: se la IPO avverrà, pensa ai “vecchi” fondatori, early‑employee, VC: sarà un evento “storico” come fu per Alibaba Group o Saudi Aramco (a suo tempo) per scala. Ma noterai che tra le maggiori aziende quotate, poche sono diventate “monopoliste” dal giorno zero. Quindi il rischio implosione è reale.
Infine: la narrativa “AI che salva il mondo” unita a “ IPO da 1 trilione” ha un profumo da (auto)promozione che richiede un occhio critico da parte tua. Non basta dire “guardate quanto saremo grandi”; bisogna mostrare “così diventiamo redditizi”.