Ogni trimestre la narrativa su Microsoft (MSFT) tende a polarizzare: è colosso “sicuro” o scommessa estrema sull’AI? Il risultato dell’ultimo trimestre, con ricavi anno su anno in crescita di circa il 18 %, per il secondo trimestre consecutivo, scardina gli scetticismi e presenta una tesi fin troppo facile da ignorare Azure non è più un driver, è il motore.
Il fulcro della narrativa “buy the dip” degli analisti ruota attorno a tre elementi: le prenotazioni commerciali (commercial bookings) cresciute del 111 % su base annua, il RPO (remaining performance obligations) salito del 51 %, e una crescita Azure del 39 % in valuta costante, che ha superato la guidance di 37 % ma mancato di un punto le attese della parte bull del mercato. Morgan Stanley definisce questo “miss” come un dettaglio che distoglie dall’essenza: «la crescita accelera».
Amy Hood, CFO di Microsoft, ha ammesso che la domanda per i servizi AI su Azure “ha superato la capacità”, anche se “abbiamo portato online maggior capacità”. Qui risiede la tensione sottostante: le infrastrutture AWS / Google / veri concorrenti AI pagano il conto della latenza nel colmare il divario infrastrutturale.
J.P. Morgan, pur notando che alcuni investitori “forse troppo speranzosi” avessero anticipato cifre esagerate, riconosce che lo “slip” di un punto percentuale non intacca la tesi di lungo periodo: l’esecuzione disciplinata di Microsoft e la sua strategia di fungibilità sono evidenti nei numeri (+23 % di crescita dell’Operating Income).
Un altro asse cruciale è la rinnovata partnership con OpenAI. Bank of America definisce la questione “largamente risolta” con l’annuncio del rinnovo, che include un impegno di 250 miliardi di dollari per Azure e continuità dell’esclusività AI. Questo rafforza il ruolo centrale di Microsoft nell’ecosistema AI.
Wedbush spiega che “ogni reazione emotiva negativa è un’opportunità d’acquisto” e che Microsoft è sulla strada per entrare nel club dei 5 trilioni. In realtà, il match con Nvidia nel club delle megacapitalizzazioni è già in corso.
Tuttavia, non mancano i rischi sotterranei: il Capex record di quasi 35 miliardi nel trimestre ha riacceso tensioni sul capacité spending — il mercato teme che la corsa all’AI finisca col mangiarsi i margini. In altre parole, Microsoft sta bruciando capitali per alimentare una crescita che deve dimostrare di “incassare” di più del costo infrastrutturale.
C’è un aspetto di design strategico poco percepito: Microsoft non vuole essere semplicemente un host di modelli altrui, ma un attore che costruisce propri modelli e piattaforme AI — riducendo la dipendenza da OpenAI e aprendo porte a collaborazione anche con altri (xAI, Mistral, Meta…) mantenendo la centralità di Azure.
Il mercato azionario reagisce con moderazione: la discesa del 2 % nelle ore di pre-mercato riflette la doppia interpretazione del “bene già scontato” e della “cresciuta attesa”. Gli analisti che mantengono rating Overweight/Buy aumentano i target (Morgan Stanley a 650, J.P. Morgan a 575, BofA a 640), segno che pochi credono che il tetto sia vicino.
Questa dinamica riflette una verità tecnologica: stiamo entrando in una fase in cui l’hardware AI e la latenza infrastrutturale sono diventati il collo di bottiglia delle aspirazioni enterprise. Microsoft lo ha compreso prima, investendo tutto quello che serviva. Oggi la sfida è trasformare quella capacità in ricavo ricorrente e difendibile. Se succede, Azure smette di essere uno spin-off strategico e diventa la leva principale del valore Microsoft per i prossimi 5-10 anni.