Microsoft ha dichiarato che investirà 15,2 miliardi di dollari negli Emirati Arabi Uniti tra il 2023 e il 2029, concentrandosi su infrastrutture cloud, intelligenza artificiale e capitale umano.In questo quadro, l’elemento più strategico è la concessione da parte degli Stati Uniti dell’autorizzazione all’esportazione verso gli EAU di GPU Nvidia avanzate (tra cui A100, H100, H200 e, nella versione successiva, Blackwell/GB300) — un privilegio rarissimo fino a oggi, dato il regime severo di controlli sulle esportazioni di tecnologia ad alte prestazioni. Microsoft afferma di aver già accumulato nel paese l’equivalente di 21.500 GPU A100 e di poter spedire altri 60.400 nell’ambito delle nuove licenze.

Questo passaggio trasforma gli EAU in un “sandbox” politico-tecnologico: un laboratorio controllato in cui gli Stati Uniti sperimentano l’equilibrio tra sicurezza nazionale e influenza tecnologica. Se funzionerà, diventerà uno “stampo” da replicare su altri paesi alleati. Se fallirà, rischia di minare la credibilità delle restrizioni alle esportazioni (soprattutto nei confronti della Cina). Alcuni critici notano che questa apertura potrebbe creare “back‑channel” attraverso paesi amici che diventano ponti involontari per tecnologie avanzate.

Microsoft non sta solo costruendo data center: sta costruendo potere geopolitico. Gli EAU, ambiziosi nel diventare un hub globale dell’IA, ottengono accesso diretto alle tecnologie più esclusive e la “benedizione tecnologica” della superpotenza che domina il cloud. In cambio, Microsoft consolida la propria leadership nell’architettura AI globale, radicandosi in una regione con ampia capacità di spesa pubblica, vantaggi fiscali e basso rischio politico (rispetto ad altri mercati).

Microsoft investirà 7,3 miliardi entro il 2025 (già in corso) e rimane impegnata a spendere ulteriori 7,9 miliardi tra il 2026 e il 2029. Parte consistente (5,5 miliardi) è destinata ai capex per infrastrutture cloud e AI.

Sul fronte talenti e soft power, Microsoft si impegna a formare un milione di residenti entro il 2027, a collaborare con istituzioni locali e a co‑guidare con G42 una “Responsible AI Future Foundation” con finalità di governance e standardizzazione regionale. Questo non è carità: è investimento nella fiducia, nella reputazione, nell’ingresso profondo nel tessuto sociale e istituzionale degli EAU.

Zero rischio non esiste. Primo, la dipendenza dalle licenze statunitensi: se Washington decidesse di stringere nuovamente i controlli o rivedere le condizioni (esposizione verso la Cina, cambi di amministrazione), l’intero progetto potrebbe subire blocchi. Secondo, le accuse di “canali indiretti” di tecnologia verso la Cina non sono trascurabili: qualunque appropriazione indebita o fuga would be politicamente esplosiva. Terzo, la competizione regionale: altri paesi del Medio Oriente (Arabia Saudita, Qatar) scalpitano per attrarre investimenti simili; è una corsa che non consente pause.

Da ultimo, la sostenibilità sul modello “importazione di GPU”: l’innovazione futura potrebbe spostarsi oltre il paradigma GPU (es. acceleratori specializzati, tecnologie quantistiche), e l’ecosistema creato oggi potrebbe restare “legacy” domani se incapace di evolversi autonomamente.

Questo annuncio segna un passo oltre la semplice “diffusione”: è il primo caso in cui un’azienda privata ottiene l’accesso sperimentale a un mercato controllato (gli EAU) tramite licenze speciali statali. Se il modello (licenze + compliance + infrastrutture + formazione) dimostrerà resilienza, potremmo assistere a un “modello UAE” replicabile in altre aree: Africa, Sudest asiatico, forse anche in Europa orientale.

In parallelo, la questione cinese diventa più complessa: gli Stati Uniti non possono blindare il controllo tecnologico globale solo sanzionando la Cina, se collaborano con paesi-ponte. La narrativa “noi impediamo le GPU alla Cina ma le diamo agli alleati” rischia di svuotare il valore delle restrizioni, se non gestita con coerenza strategica.

Per Microsoft, è una operazione che unisce strategia commerciale, lobbying internazionale, diplomazia tech e gestione del rischio. In un mondo in cui l’IA è potere, chi controlla l’infrastruttura – e chi la norma – fa le regole.