Google sta valutando di spingere con forza su Anthropic, la startup fondata da ex ricercatori di OpenAI che ha dato vita alla famiglia di modelli linguistici Claude. Secondo Business Insider, il gigante di Mountain View sarebbe in trattative preliminari per un nuovo round di finanziamento che potrebbe far lievitare la valutazione di Anthropic oltre i 350 miliardi di dollari, cifra che trasformerebbe la società in una delle più costose e strategiche del settore. Una mossa che, tradotta in termini geopolitici dell’AI, significa soltanto una cosa: Google non intende lasciare il terreno a Microsoft e Nvidia.
La struttura dell’investimento resta fluida. Potrebbe assumere la forma di un round di equity tradizionale all’inizio del 2026, oppure di una nota convertibile, o ancora di un accordo strategico basato su infrastrutture cloud aggiuntive. In sostanza, Google potrebbe offrire potenza di calcolo come moneta d’investimento, un baratto ad alto valore tecnologico che ridurrebbe l’esborso finanziario diretto ma aumenterebbe la dipendenza di Anthropic dal suo ecosistema. È una strategia già vista: mantenere il controllo non tanto attraverso la proprietà, ma attraverso la fornitura dell’infrastruttura critica.
Pochi giorni fa le due aziende avevano già annunciato un accordo che consentirà ad Anthropic di utilizzare fino a un milione di processori TPU, le unità di calcolo ottimizzate per il machine learning sviluppate da Google. È un segnale chiaro di escalation. Da un lato c’è la necessità di potenza computazionale crescente, che sta diventando la vera valuta dell’intelligenza artificiale; dall’altro c’è la volontà di Google Cloud di non perdere terreno rispetto ad Azure, che grazie alla partnership tra Microsoft e OpenAI sta capitalizzando un’enorme ondata di domanda.
L’ironia è che Anthropic, nata come alternativa “più sicura e trasparente” a OpenAI, si ritrova ora al centro di un gioco di potere identico, dominato dagli stessi attori. Se OpenAI è diventata il braccio armato di Microsoft nel campo della generative AI, Anthropic rischia di trasformarsi nel braccio destro di Google. Gli ideali di indipendenza etica evaporano rapidamente quando le GPU costano quanto un jet privato.
Da un punto di vista di mercato, una valutazione di 350 miliardi di dollari collocherebbe Anthropic vicino ai livelli delle big tech storiche, un’anomalia per una società con poche fonti di ricavo dirette e una sola linea di prodotto realmente matura. Ma in questa fase la logica è diversa: chi controlla i modelli linguistici più avanzati controlla il futuro dell’interazione uomo-macchina, dell’automazione cognitiva e, in ultima analisi, dell’economia digitale stessa. Google lo sa bene, e sta reagendo come un gigante che ha sentito l’odore del pericolo.
La battaglia non è solo tecnologica, è simbolica. Microsoft con OpenAI e Nvidia con i suoi chip dominano la narrativa dell’innovazione. Google, dopo il debutto poco brillante di Bard e il successivo rilancio con Gemini, non può permettersi un altro passo falso. L’investimento in Anthropic è quindi un modo per comprare tempo e visibilità, ma anche per garantirsi accesso privilegiato a un modello linguistico competitivo che potrebbe integrarsi con i suoi servizi, dal cloud alla ricerca, fino a YouTube e Android.
Nel frattempo, i confini tra partnership e controllo diventano sempre più sfumati. Quando un’azienda fornisce infrastruttura, capitale e distribuzione, non è solo un partner: è un co-creatore dell’ecosistema. E quando l’ecosistema si muove nell’orbita del cloud, la sovranità tecnologica si misura in petaflop e in contratti di hosting, non in quote azionarie.
Il futuro di Anthropic si giocherà quindi su un equilibrio delicato: restare indipendente abbastanza da non essere percepita come un’estensione di Google, ma integrata abbastanza da trarne vantaggio competitivo. Una tensione che potrebbe definirne la traiettoria nei prossimi due anni, quando la corsa per la supremazia dei modelli multimodali e del reasoning artificiale entrerà nella fase più intensa.
Chi pensava che la partita dell’intelligenza artificiale fosse già decisa tra Microsoft e OpenAI, dovrà aggiornare la lavagna. Google ha appena rimesso le fiches sul tavolo, e questa volta sembra intenzionata a giocare fino in fondo.