Meta ha deciso che aspettare non è più un’opzione. La fame energetica dell’intelligenza artificiale si sta trasformando in un paradosso industriale in cui i data center crescono più velocemente della capacità del sistema elettrico. Meta vuole quindi entrare nel trading elettrico per spingere la costruzione di nuovi impianti e garantirsi quella che ormai è la vera valuta del potere digitale: megawatt stabili e prevedibili. La mossa appare come un segnale piuttosto chiaro al mercato dell’energia, quasi un “se non lo fate voi, lo facciamo noi”, una frase che alcuni sviluppatori di centrali leggono con una certa dose di sollievo.

Meta sostiene che poter comprare energia a lungo termine e rivenderne una parte all’ingrosso riduce il rischio e sblocca investimenti che altrimenti rimarrebbero a languire tra permessi e incertezze regolatorie. Microsoft si sta muovendo nella stessa direzione, mentre Apple ha già ottenuto l’autorizzazione federale. Pare quasi di assistere a un curioso ribaltamento di ruoli in cui le big tech diventano catalizzatori dell’infrastruttura nazionale, come se il futuro della rete elettrica dovesse essere sovvenzionato da chi consuma più potenza di intere città.

Meta non lo nasconde e afferma che i developer energetici vogliono vedere un impegno reale da parte dei clienti prima di scommettere miliardi su nuovi impianti. La richiesta di elettricità necessaria per i data center è talmente estrema che in Louisiana, per sostenere il campus di Meta, serviranno almeno tre nuove centrali a gas. Questa semplice cifra racconta meglio di qualunque report quanto rapidamente l’ecosistema dell’intelligenza artificiale stia divorando capacità produttiva. Chi credeva che la trasformazione digitale fosse solo una questione di software scopre oggi che senza trading elettrico non si accende nemmeno una GPU.