La geopolitica dell’intelligenza artificiale si è trasformata in una questione di megawatt e metri quadri di cemento raffreddato a liquido. Non si parla più di algoritmi e modelli come semplice leva competitiva, ma di chi possiede i data center UK più potenti e vicini al cuore finanziario europeo. Ed è qui che entrano in scena Sam Altman e Jensen Huang, rispettivamente volto e regista di due colossi come OpenAI e Nvidia, pronti a promettere miliardi di dollari di investimenti nel Regno Unito. Una mossa che arriva non a caso in sincronia con la visita di Donald Trump, trasformando Londra e dintorni nel palcoscenico preferito per dimostrare potenza tecnologica e influenza politica.
L’ironia è che fino a pochi mesi fa il Regno Unito era visto come spettatore stanco nella corsa globale all’intelligenza artificiale. Bruxelles discute regolamenti, Washington dispensa sanzioni, Pechino sovvenziona, e Londra sembrava oscillare in un limbo post Brexit senza direzione. Poi è arrivato il nuovo governo di Keir Starmer con l’annuncio di “AI Growth Zones”, aree dedicate in cui i data center UK potranno essere approvati con corsia preferenziale, accesso privilegiato alla rete elettrica e incentivi fiscali. Tradotto in termini concreti significa: semplifichiamo le pratiche, vi diamo corrente e voi costruite. Una promessa irresistibile per chiunque voglia piantare radici digitali senza annegare nella burocrazia europea.
OpenAI ha già iniziato a esportare il proprio modello Stargate fuori dai confini americani, con il mega progetto negli Emirati e il centro norvegese finanziato insieme ad Aker. Eppure l’Europa resta un mercato cruciale, nonostante la diffidenza culturale e regolatoria verso la Silicon Valley. La mossa di investire nei data center UK rappresenta quindi non solo un segnale di fiducia ma anche una strategia di contenimento: meglio costruire infrastrutture dentro i confini britannici, piuttosto che lasciare campo libero a competitor cinesi o a start-up europee pronte a sfruttare il vuoto. Sam Altman lo sa bene: la legittimazione politica in Europa passa attraverso il mattone, non solo attraverso l’algoritmo.
Nvidia invece gioca la sua partita di fornitore indispensabile. Ogni nuovo data center UK che promette decine di migliaia di chip GB200 è di fatto una vittoria già contabilizzata nei bilanci di Jensen Huang. Che si tratti di Nscale Global Holdings o di partner più blasonati, la verità è che senza le GPU Nvidia nessuno può competere a livello industriale nell’era dell’AI generativa. La dipendenza è talmente palese che molti osservatori parlano di un monopolio di fatto. Huang lo maschera con il suo sorriso da visionario californiano, ma la realtà è che l’Europa e il Regno Unito non hanno alternative credibili nel breve termine.
Questa dipendenza tecnologica solleva un paradosso interessante. Da un lato il Regno Unito rivendica autonomia e leadership nella corsa all’AI. Dall’altro spalanca le porte a capitali e infrastrutture americane, diventando vetrina e colonia digitale allo stesso tempo. Gli incentivi governativi e i miliardi di OpenAI e Nvidia trasformano il Paese in hub internazionale, ma la proprietà intellettuale, i dati e le decisioni strategiche restano saldamente ancorati oltreoceano. È un compromesso che molti accettano in nome della crescita economica, ma che lascia aperti scenari di dipendenza politica e industriale difficili da ignorare.
Il nodo centrale resta sempre lo stesso: energia. Costruire data center UK di scala iperbolica significa impegnarsi a garantire gigawatt di potenza continua, preferibilmente rinnovabile, con sistemi di raffreddamento efficienti e approvvigionamenti stabili. In un Paese che fatica a modernizzare la rete elettrica e che si ritrova con comunità locali ostili a megastrutture che divorano terreni ed elettricità, il rischio di colli di bottiglia è evidente. L’AI Growth Zone potrà accelerare permessi e connessioni, ma non potrà inventarsi nuove centrali elettriche da un giorno all’altro. Altman e Huang sono bravi a promettere miliardi, molto meno a spiegare da dove arriverà la corrente.
Gli investimenti previsti non sono spiccioli. Le cifre in gioco oscillano tra i due e i dieci miliardi di dollari, distribuiti in più siti e su orizzonti temporali di almeno cinque anni. A questi si aggiungono i 2,5 miliardi già messi sul tavolo da Nscale, che nel sito di Loughton, Essex, prevede di ospitare fino a 45.000 chip di ultima generazione. Non è solo una partita immobiliare ma un’operazione di geopolitica industriale. Il messaggio è chiaro: Londra vuole essere vista come alternativa credibile a Francoforte e Parigi nel gioco delle grandi potenze tecnologiche. E se per farlo deve piegarsi alle regole e ai capitali americani, poco importa. L’ossessione è attrarre investimenti prima che l’Europa continentale alzi barriere e standard ancora più stringenti.
Non bisogna però sottovalutare la dimensione culturale. In Europa e nel Regno Unito il dibattito sull’AI è più critico, quasi sospettoso, rispetto all’entusiasmo californiano. I regolatori britannici sanno bene che costruire data center UK non basta per legittimarsi agli occhi dei cittadini, già scettici su privacy, uso dei dati e consumo energetico. OpenAI viene percepita come simbolo di un’AI opaca e dominata dagli Stati Uniti, e Nvidia come il monopolista che detta prezzi e condizioni. La scelta di legarsi a Nscale, un player locale, non è casuale: serve a dare una patina di britishness a un’operazione che altrimenti sarebbe vista come pura colonizzazione digitale.
Tutto questo si intreccia con un calendario politico denso. La visita di Donald Trump fornisce l’occasione perfetta per annunciare miliardi di dollari come gesto di fedeltà transatlantica. Le immagini di Altman e Huang sorridenti a Downing Street valgono quanto mille slide su PowerPoint: il messaggio è che l’asse USA UK non è morto e che il Regno Unito può ancora giocare la carta della special relationship nel mondo dell’intelligenza artificiale. La domanda, ovviamente, è quanto di questa retorica si tradurrà in contratti concreti, data center funzionanti e posti di lavoro reali. Perché se c’è una cosa che i giganti della Silicon Valley sanno fare è annunciare progetti faraonici e rinviarne puntualmente la consegna.
A lungo termine il successo o il fallimento dei data center UK dipenderà dalla capacità di bilanciare velocità di esecuzione e sostenibilità. Troppa lentezza e i capitali scivoleranno verso paesi più aggressivi come l’Arabia Saudita o gli Emirati. Troppa superficialità e l’opinione pubblica britannica si ribellerà contro i costi ambientali e sociali di questi mostri tecnologici. OpenAI e Nvidia dovranno quindi dimostrare di non essere solo colonizzatori digitali ma partner credibili, pronti a investire in formazione, ricerca locale e sostenibilità. Sarà interessante vedere se Altman, il profeta dell’AI generativa, troverà il tempo di spiegare agli studenti di Oxford perché un data center vale più di un Nobel in economia.
C’è chi sostiene che la vera partita non sia nemmeno sull’intelligenza artificiale ma sul controllo dell’infrastruttura. Un data center UK equipaggiato con decine di migliaia di GPU Nvidia diventa automaticamente calamita per startup, banche, istituzioni pubbliche e persino agenzie governative. Chi controlla l’infrastruttura decide chi ha accesso alla potenza di calcolo e a quale prezzo. In questo senso OpenAI e Nvidia non stanno solo costruendo fabbriche di bit ma vere e proprie fortezze digitali. E Londra sembra felice di offrire il terreno, purché i riflettori siano puntati sul suo nuovo ruolo da protagonista.
La verità è che i data center sono i nuovi pozzi petroliferi. Non brillano, non profumano, non emozionano, ma sono la condizione materiale su cui si fonda l’intera economia digitale. E nel momento in cui OpenAI e Nvidia puntano sul Regno Unito, è chiaro che la partita non si gioca più solo a San Francisco o a Shenzhen. La prossima rivoluzione industriale passa per i sobborghi di Londra, con rack di server che consumano più di una città e con governi pronti a vendere incentivi in cambio di un posto in prima fila. È un gioco rischioso, sporco, affascinante. Proprio quello che piace ai veri leader tecnologici.