Il lunedì scorso il mondo digitale ha tremato sotto i piedi di milioni di utenti e aziende. Amazon Web Services, la macchina da guerra del cloud computing che alimenta centinaia di migliaia di siti web e applicazioni, ha subito un blackout diffuso che ha mandato in tilt Snapchat, Reddit, Roblox, Venmo e persino servizi interni di Amazon come Prime Video e Alexa. Non si trattava di un malfunzionamento qualunque: la perturbazione ha ricordato il blackout di CrowdStrike dell’anno scorso, quello che paralizzò ospedali, banche e aeroporti, mostrando quanto fragile sia la rete globale interconnessa.

AWS ha confermato “significativi segni di recupero” dopo circa tre ore di caos, con richieste gradualmente processate e backlog in via di smaltimento. Il gigante del cloud, che compete a colpi di infrastruttura con Google Cloud e Microsoft Azure, si è limitato a rimandare a una pagina di status, senza rilasciare commenti pubblici. Un silenzio che alimenta il dubbio su quanto davvero siano preparate le grandi piattaforme a gestire un disastro digitale su vasta scala.

Secondo Junade Ali, ingegnere del software e cyber esperto, il problema sembrerebbe legato a uno dei sistemi di rete utilizzati da AWS per gestire i database. In teoria risolvibile centralmente, questo tipo di guasto può sembrare banale fino a quando non si considerano milioni di richieste in coda e dipendenze incrociate tra servizi globali.

Il monitoraggio dell’evento su Downdetector di Ookla ha mostrato oltre quattro milioni di segnalazioni. Snapchat ha visto un calo dai picchi di oltre 22.000 segnalazioni a circa 4.000, Roblox è passato da 12.600 a meno di 500. Reddit, Chime e piattaforme finanziarie come Coinbase e Robinhood hanno continuato a registrare disservizi. Perfino Fortnite, Clash Royale e Clash of Clans, insieme a Lyft negli Stati Uniti, sono stati vittime della dipendenza da un singolo provider cloud.

In Gran Bretagna il blackout ha colpito Lloyds Bank, Bank of Scotland, Vodafone, BT e persino il sito HMRC, mettendo in luce quanto la vita digitale quotidiana sia legata a pochi provider globali. Nishanth Sastry, direttore di ricerca presso l’Università di Surrey, sintetizza la fragilità con brutalità: “Il motivo principale di questo problema è che tutte queste grandi aziende si affidano a un unico servizio”.

Anche senza segnali di cyberattacco, la scala del blackout ha alimentato speculazioni. Rafe Pilling di Sophos ricorda che “AWS ha un’impronta intricata e diffusa, quindi qualsiasi problema può causare un grande sconvolgimento”. La lezione è chiara: la resilienza digitale non è una questione di marketing, ma di strategia e diversificazione.

Questo episodio potrebbe sembrare un semplice disservizio tecnico, ma riflette un rischio sistemico per l’economia globale. Dipendere da un numero limitato di provider cloud espone imprese e cittadini a vulnerabilità che pochi ancora considerano seriamente. Nel mondo dei dati e dei servizi digitali, il black swan non è più un concetto teorico: è il post lunedì mattina di milioni di utenti con app e servizi offline, mentre i CEO si chiedono come proteggere infrastrutture critiche da un singolo punto di guasto.

In fondo, l’ironia non sfugge a chi osserva la scena: la tecnologia pensata per rendere tutto più veloce e affidabile, se concentrata nelle mani di pochi, può fermare tutto con un solo click sbagliato. AWS sta tornando online, ma il messaggio è chiaro: nessun colosso è immune e la resilienza digitale è l’arma più sottovalutata di tutte.