Autore: Alessandra Innocenti Pagina 2 di 28
C’è un fenomeno curioso che si ripete con ciclicità nella storia della tecnologia: si parte sempre con la promessa di una rivoluzione totale, poi arriva la fase di caos e infine si cerca disperatamente lo strumento che semplifichi tutto. È successo con i primi personal computer, con Internet, con il cloud. Ora tocca all’intelligenza artificiale. L’AI stack non è un concetto astratto, è il coltellino svizzero che mette ordine nel delirio di tool, framework e librerie che ogni settimana promettono di cambiare il mondo. La differenza, oggi, è che gli strumenti che compongono questo stack non si limitano a velocizzare i processi: li riscrivono.
lo shopping, la prenotazione di viaggi e la gestione della vita quotidiana
Mira Murati ha annunciato ufficialmente Tinker, e l’ha presentato come la nuova API flessibile per il fine-tuning dei modelli linguistici. L’obiettivo è duplice: da un lato offrire a ricercatori e sviluppatori la possibilità di sperimentare con algoritmi e dati personalizzati senza doversi occupare dell’infrastruttura, dall’altro consolidare la missione di democratizzare l’accesso alla ricerca avanzata sull’intelligenza artificiale.
Amazon ha appena concluso il suo evento autunnale 2025, e come al solito ha trasformato quello che poteva sembrare un aggiornamento ordinario in una dimostrazione di forza tecnologica. Non si tratta solo di nuovi dispositivi, ma di un ecosistema che punta a infilarsi nella vita quotidiana con l’aggressività di un CEO che sa dove vuole arrivare. Alexa Plus non è più una promessa: è il fulcro di tutto, dall’audio domestico all’intrattenimento, fino alla sicurezza della tua porta di casa.


Se avessi un miliardo sul tavolo oggi e la possibilità di investirlo nell’intelligenza artificiale, la domanda vera non sarebbe “dove metterlo”, ma “quale tempo comprare”. Perché i capitali in AI non stanno solo scegliendo aziende, stanno acquistando futuro. E il futuro ha ritmi diversi: quello caotico e sperimentale delle startup, quello muscolare e predatorio delle corporate, quello silenzioso ma inevitabile delle infrastrutture.
Excel e word entrano nell’era dell’agente artificiale
Il concetto di “vibe coding” aveva già fatto sorridere molti sviluppatori, convinti che bastasse qualche prompt ben assestato per sostituire anni di sudore e notti insonni. Ora però il gioco si fa serio. Microsoft prende quell’idea e la porta dritta dentro la sua macchina da soldi più collaudata: la suite Office. Non più righe di codice improvvisate, ma fogli di calcolo complessi, documenti aziendali e presentazioni PowerPoint generati con un comando testuale. Lo chiamano “vibe working”, ma la sostanza è più brutale: stiamo assistendo all’automazione spinta di attività cognitive che fino a ieri richiedevano eserciti di junior consultant sottopagati.

Google ha recentemente integrato Gemini AI in Google Sheets, adesso il sistema è passato dal supporto a testi e grafici alla gestione delle formule. Il chatbot di Gemini, situato sul lato destro di Sheets, ora suggerisce formule e fornisce istruzioni dettagliate su come utilizzarle. Spiega anche perché alcune formule non funzionano e offre indicazioni per correggere gli errori. Quando più formule producono lo stesso risultato, Gemini illustra le diverse opzioni disponibili.

Dommerismo, ventiquattro giorni senza cibo solido, solo elettroliti e vitamine. Reichstadter, 56 anni, dal 1° settembre si è posizionato sul marciapiede di 500 Howard Street a San Francisco, davanti alla sede non ufficiale di Anthropic, sviluppatore del chatbot Claude. Chiede a Dario Amodei, CEO, di riconoscere il rischio esistenziale rappresentato dall’intelligenza artificiale avanzata e di sospendere immediatamente la corsa verso la superintelligenza.
La Cina non gioca più in difesa. Xiaomi ha deciso che l’era delle mezze misure è finita e con il lancio della serie 17 lo ha dimostrato con un gesto teatrale: saltare direttamente dalla generazione 15 alla 17, come se la 16 non fosse mai esistita. Una scelta che suona quasi come un dispetto a Cupertino, arrivata appena due settimane prima con i suoi iPhone 17 e convinta che il palcoscenico globale le appartenesse di diritto.
Molti utenti pensano che impostare la temperatura a zero sia una garanzia di coerenza. La verità è più sottile e, per chi lavora con modelli di grandi dimensioni, leggermente inquietante. Anche con gli stessi input e lo stesso seed, i transformer come quelli alla base di ChatGPT possono restituire risposte diverse. Non si tratta di magia, né di un capriccio dell’intelligenza artificiale. Il colpevole è la fisica del calcolo parallelo e l’aritmetica floating-point non associativa.
La morte, da sempre concepita come il termine definitivo della coscienza, sta rivelando, grazie a recenti studi scientifici, una natura più sfumata e complessa. Le scoperte sull’attività cerebrale durante le fasi terminali della vita suggeriscono che la coscienza potrebbe persistere in uno stato di “consapevolezza crepuscolare” anche dopo la morte clinica.

Google ha recentemente lanciato la sua modalità di ricerca AI in spagnolo, segnando una delle più ampie espansioni linguistiche della sua storia. Questa iniziativa consente agli utenti di lingua spagnola di interagire con un’interfaccia di ricerca conversazionale, porre domande in linguaggio naturale, partecipare a chat, caricare immagini e approfondire argomenti complessi. Tuttavia, la domanda che sorge spontanea è: quando arriverà questa funzionalità in Italia?

“Copilot continuerà a basarsi sui modelli più avanzati di OpenAI, ma ora i nostri clienti potranno anche scegliere i modelli Anthropic, sia in Researcher sia durante la creazione di agenti in Microsoft Copilot Studio”,
spiega Charles Lamanna, presidente del team Copilot Business and Industry di Microsoft. “L’integrazione di Claude Sonnet 4 e Claude Opus 4.1 rafforza il nostro impegno a offrire le più innovative soluzioni di intelligenza artificiale nel settore, ottimizzate per Microsoft 365 Copilot e personalizzate per rispondere alle esigenze delle aziende”.

Chiunque abbia mai sfogliato una brochure di un cloud provider sa che la parola “AI” è la più abusata del lessico tech moderno, seguita a ruota da “scalabilità” e “cloud-native”. Oracle, però, sembra aver adottato una strategia diversa. Meno proclami, più codice. Meno hype, più ingegneria. Il risultato è un ecosistema AI completo, coeso e, dettaglio non trascurabile, funzionante. Lo chiamano Oracle AI Services, ma sarebbe più corretto definirlo un arsenale modulare di funzionalità cognitive, costruite per integrarsi perfettamente in qualsiasi architettura OCI.

Frances Haugen non è nata attivista. È un’ingegnere informatico, una data scientist con un curriculum che farebbe invidia a chiunque nel settore tecnologico. Laureata in ingegneria informatica al Olin College e con un MBA ad Harvard, ha lavorato per Google, Pinterest e Yelp. Nel 2019, entra in Facebook come product manager nel team di “Civic Integrity”, incaricato di contrastare la disinformazione e promuovere la sicurezza online. Un ruolo che, a prima vista, sembrava allinearsi perfettamente con la sua carriera.
Microsoft ha appena lanciato una serie di agenti intelligenti che trasformeranno radicalmente la collaborazione aziendale. Non si tratta più di semplici assistenti virtuali, ma di veri e propri colleghi digitali che si integrano in Microsoft Teams, SharePoint e Viva Engage, portando l’automazione a un livello superiore. Questi agenti, disponibili per gli utenti di Microsoft 365 Copilot, sono progettati per ottimizzare ogni aspetto del lavoro quotidiano, dalla gestione delle riunioni alla creazione di contenuti, fino alla gestione della conoscenza aziendale.
system prompts and models of AI tools
Qui il Repository
Qualcuno ha scoperchiato la scatola nera. Migliaia di righe di system prompt, il codice genetico che dice alle IA come comportarsi, sono finite in chiaro su GitHub. Non stiamo parlando di un manuale di istruzioni da quattro pagine, ma di oltre ventimila righe che svelano bias, regole, limiti e trucchi con cui i colossi dell’AI addestrano i loro assistenti digitali. Se hai sempre sospettato che i tuoi tool preferiti ragionino con un copione nascosto, eccolo servito su un piatto d’argento.
Molti penseranno che sia un gesto filantropico, ma dietro l’investimento di Google in infrastrutture cloud e IA in Africa c’è qualcosa di molto più profondo e sistematico. Keyword principale: infrastruttura digitale in Africa. Keyword correlate: cloud computing Africa, investimento AI, connettività internet.
Nel 2025 Google ha aperto la sua prima cloud region in Africa, precisamente a Johannesburg, Sudafrica. Parte di un investimento totale stimato in 1 miliardo di dollari per trasformare il continente digitalmente. Questa infrastruttura include cavi sottomarini (Equiano) e la rotta “Umoja” che collega il Kenya all’Australia passando per vari stati dell’Africa orientale e meridionale.
Lanciato a ottobre 2024, AI16z DAO rappresenta un esperimento audace nel mondo degli investimenti crypto, una fusione di governance decentralizzata e intelligenza artificiale. Con un token proprietario e una capitalizzazione di mercato che ha superato i 500 milioni di dollari, il progetto non si limita a sperimentare: mira a destabilizzare il modello tradizionale di venture capital della Silicon Valley pur prendendolo apertamente in giro. Il nome stesso è una provocazione, un gioco linguistico che richiama Andreessen Horowitz, il celebre fondo VC, senza alcun legame ufficiale. L’ironia non è casuale: in un ecosistema spesso pomposo e autoreferenziale, AI16z DAO mostra come la tecnologia possa essere strumento di critica e innovazione insieme.

