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Direttore senior IT noto per migliorare le prestazioni, contrastare sfide complesse e guidare il successo e la crescita aziendale attraverso leadership tecnologica, implementazione digitale, soluzioni innovative ed eccellenza operativa.

Apprezzo le citazioni, ma il narcisismo dilaga proprio quando ci si nasconde dietro frasi altrui. Preferisco lasciare che siano le idee a parlare, non il mio nome.

Con oltre 20 anni di esperienza nella Ricerca & Sviluppo e nella gestione di progetti di crescita, vanto una solida storia di successo nella progettazione ed esecuzione di strategie di trasformazione basate su dati e piani di cambiamento culturale.

Gemini 2.5 Computer Use una mossa strategica nell’arena degli agenti autonomi

Google ha appena aperto — in preview — un pezzo molto concreto del proprio arsenale agentico: Gemini 2.5 Computer Use. Il modello è pensato non più solo per “parlare” o “generare testo/immagini”, ma per interagire visivamente con interfacce software come un utente umano.


In pratica: dare all’IA la capacità di cliccare bottoni, scrivere in campi, fare drag & drop, scrollare, ecc., in un workflow iterativo dove lo stato del browser (screenshot + URL + storico azioni) viene continuamente feedato al modello. Google sostiene che su benchmark “web / mobile control” questo modello batte le alternative, offrendo latenza ridotta e accuratezza competitiva.

Paris fashion week mostra il rinnovamento creativo in mezzo al caos politico francese

Parigi non smette mai di stupire, nemmeno quando la politica nazionale sembra un reality show che nessuno ha chiesto. La Paris Fashion Week ha offerto un contrasto quasi teatrale alla crisi politica che sta scuotendo la Francia, con quattro delle principali maison di lusso che hanno svelato trasformazioni creative audaci, confermando Parigi come epicentro globale dell’innovazione nella moda. Mentre il governo francese vacilla tra dimissioni lampo e stallo istituzionale, il mondo della moda ha scelto di puntare sul rinnovamento, sull’arte e sulla resilienza.

Due anni di guerra a Gaza: il piano Trump per la pace che nessuno vuole davvero

“Sono stati due anni molto dolorosi. Due anni fa, in questo atto terroristico, sono morte 1.200 persone. Bisogna pensare a quanto odio esiste nel mondo e cominciare a porci noi stessi la domanda su cosa possiamo fare. In due anni, circa 67 mila palestinesi sono stati uccisi. Bisogna ridurre l’odio, bisogna tornare alla capacità di dialogare, di cercare soluzioni di pace”.

È certo che non possiamo accettare gruppi che causano terrorismo, bisogna sempre rifiutare questo stile di odio nel mondo. Allo stesso tempo l’esistenza dell’antisemitismo, che sia in aumento o no, è preoccupante. Bisogna sempre annunciare la pace, il rispetto per la dignità di tutte le persone. Questo è il messaggio della Chiesa”.

Papa Leone XIV nel pomeriggio di oggi, 7 ottobre.

Il cielo su gaza non ha conosciuto tregua ieri carri armati, jet da combattimento e navi israeliane hanno martellato zone del territorio palestinese nel giorno che da due anni rappresenta l’anniversario dell’attacco di Hamas, evento scatenante del conflitto prolungato che continua a mietere vittime e distruzione.

Oracle in crisi di margini: il lato oscuro dell’AI cloud di Larry Ellison

Oracle shares fall on report the company is struggling to make money renting out Nvidia chips

Il sogno di Oracle, quello di diventare il braccio infrastrutturale dell’intelligenza artificiale globale. Un piano audace, costruito su miliardi di dollari di chip Nvidia e sul carisma indistruttibile del suo fondatore, Larry Ellison, che da anni promette una rinascita tecnologica degna dei tempi d’oro della Silicon Valley. Ma come ogni sogno alimentato da hype e grafici proiettati fino al 2030, anche questo inizia a mostrare le prime crepe.

Il titolo di Oracle ha perso il 5% dopo un report di The Information (basta cosi’ poco? Speculation come chiede CNBC) che ha messo in dubbio la redditività del suo business di noleggio GPU Nvidia. Un calo che non sorprende chi conosce la fisica elementare della finanza: quando spendi miliardi per affittare chip a margini da discount, la gravità fa il resto. Secondo il report, il margine lordo del business cloud AI di Oracle sarebbe intorno al 14% su 900 milioni di dollari di vendite trimestrali, una cifra modesta se confrontata con il margine complessivo dell’azienda che viaggia al 70%. In termini più crudi, Oracle sta guadagnando briciole su un banchetto costosissimo.

Gino Roncaglia: il filosofo che decifra il futuro digitale e l’era dell’IA

Gino Roncaglia è da tempo un punto di riferimento imprescindibile per chiunque voglia comprendere le complesse dinamiche tra il mondo del libro, l’editoria digitale e la cultura di rete. Filosofo, saggista e Professore Ordinario di Filosofia dell’informazione, Editoria digitale e Digital Humanities presso l’Università Roma Tre, Roncaglia non si limita a osservare l’evoluzione tecnologica; la analizza con l’occhio acuto di chi conosce sia la storia profonda del sapere (dalla logica medievale alla biblioteca) sia le frontiere più estreme del digitale, in primis l’Intelligenza Artificiale Generativa (IAG).

Tildeopen LLM: il risveglio digitale dell’Europa o solo un abile esercizio di autocelebrazione tecnologica?

C’è un rumore nuovo nei corridoi digitali di Bruxelles, e per una volta non è il suono metallico di una nuova regolamentazione in arrivo. Si chiama TildeOpen LLM, ed è il secondo grande modello linguistico open source sviluppato in Europa, un colosso da 30 miliardi di parametri addestrato sul supercomputer EuroHPC LUMI grazie a 2 milioni di ore GPU generosamente finanziate dalla “AI Grand Challenge”. Niente Silicon Valley, niente cloud americano, niente GPU disperse in data center con indirizzi esotici. Tutto europeo, tutto dichiaratamente conforme all’AI Act, tutto, in teoria, trasparente. Il che, in Europa, vale più di qualsiasi record di performance.

Shannon Vallor: lo specchio dell’AI e l’etica delle virtù tecnomorali

Ci sono momenti nella storia della tecnologia in cui una voce filosofica riesce a interrompere il rumore di fondo dei bit e dei bilanci trimestrali. Shannon Vallor è una di queste voci. Filosofa americana, docente all’Università di Edimburgo e direttrice del Centre for Technomoral Futures, Vallor non parla di etica come un esercizio accademico per addetti ai lavori, ma come una strategia di sopravvivenza per una civiltà che ha affidato la propria capacità di giudizio al calcolo automatizzato. L’etica dell’intelligenza artificiale, nel suo pensiero, non è un paragrafo di regolamento europeo, ma una disciplina morale che decide se l’umanità sarà ancora capace di desiderare un futuro degno di sé.

Quando la democrazia digitale incontra l’intelligenza artificiale: progettare l’incertezza per salvare il dialogo pubblico

Designing with Uncertainty Sylvie Delacroix

C’è un paradosso che attraversa la nostra epoca digitale. I sistemi che più hanno eroso la fiducia democratica potrebbero diventare proprio quelli capaci di rigenerarla. Non si tratta di un sogno utopico da tecnofilo incallito ma di una possibilità concreta, se si ha il coraggio di riscrivere le regole del design tecnologico.

La tesi, audace ma fondata, arriva da Designing with Uncertainty, il nuovo paper pubblicato su Minds and Machines da Sylvie Delacroix del King’s College London. L’idea è semplice quanto dirompente: l’intelligenza artificiale, e in particolare i Large Language Models (LLM), non dovrebbero limitarsi a rispondere alle nostre domande ma dovrebbero imparare a sostenere l’incertezza.

OpenAI: Come sarebbe un Agent Builder ideale che protegge l’apertura pur dandoti potenza da gigante?

Il punto di partenza è che OpenAI ha già dichiarato da mesi l’obiettivo di rendere gli “agentic applications” molto più semplici. Il loro “New tools for building agents” include API, SDK, strumenti di orchestrazione e osservabilità integrata. (vedi OpenAI) Anche l’integrazione fra OpenAI e Temporal su Durable Execution per agent SDK è realtà: la promessa è che i tuoi agent resistano a crash, latenza, guasti di rete, riprendano da dove hanno lasciato senza che tu debba costruire un’infrastruttura da zero.

Reshuffle: perché la coordinazione, non l’automazione, è la vera rivoluzione

Quando ho letto Reshuffle di Sangeet Paul Choudary, ho capito che molti nel mondo tech stanno giocando a indovinare come “automazione” cambierà i settori, mentre la vera mossa vincente è altrove. Choudary invita a uno shift mentale radicale: l’IA non come strumento che fa meglio ciò che già facciamo, ma come strato di coordinazione dell’intelligenza artificiale che rimappa flussi, nodi e potere nei sistemi.

Se continui a pensare all’IA come “macchina per sostituire lavoro”, stai perdendo il gioco. Invece guarda all’orchestrazione sistemica: chi saprà disegnare la danza tra attori umani, dati e modelli, controllerà il nuovo paesaggio competitivo.

L’evoluzione dei Large Language Models: tra esplorazione, memoria e verità

Un developer al Bar dei Daini

L’intelligenza artificiale sta vivendo un momento di straordinaria fermento. Mentre il mondo continua a meravigliarsi delle capacità dei grandi modelli linguistici, nei laboratori di ricerca si sta combattendo una battaglia silenziosa ma fondamentale: quella contro i limiti intrinseci di queste tecnologie. Le ultime settimane hanno portato una serie di scoperte che potrebbero ridefinire il modo in cui pensiamo all’addestramento, all’architettura e all’allineamento dei modelli di intelligenza artificiale.

Lo Zohar e l’intelligenza artificiale: quando la mistica incontra la macchina

Ci hanno recapitato in redazione Il Libro della Zohar (Sacred). Non un’edizione tascabile, ma una versione monumentale, con copertina rigida e pagine in pergamena. Il nostro primo pensiero? “Ecco un altro tentativo di vendere spiritualità a buon mercato”. Ma, dopo aver sfogliato qualche pagina, la curiosità ha preso il sopravvento. Se in fondo, ci fosse qualcosa di più? Qualcosa che potesse illuminare le ombre dell’intelligenza artificiale con la luce della mistica?

Nel panorama attuale dell’intelligenza artificiale, molti sistemi continuano a lottare con due limiti apparentemente insormontabili. Primo, la dipendenza da domini specifici è quasi patologica: un modello addestrato sulla medicina difficilmente sa cosa fare se spostato nel campo della finanza. Secondo, e forse più grave, l’AI tradizionale ha trascurato quasi completamente la componente emotiva e comportamentale della conoscenza, concentrandosi quasi esclusivamente sugli aspetti cognitivi e implementativi.

Oracle AI Cloud: la scommessa più sottovalutata del decennio tecnologico

La Silicon Valley è un teatro in cui il dramma del capitale incontra la commedia dell’innovazione. Dentro questo copione, Oracle recita da decenni il ruolo del sopravvissuto che nessuno invita più alle prime, salvo poi trovarlo sul palco quando cala il sipario sugli altri. Il tema oggi si chiama Oracle AI cloud, una definizione che fino a due anni fa avrebbe strappato un sorriso scettico ai fedeli di Amazon Web Services o ai discepoli di Microsoft Azure. Ma qualcosa si sta muovendo, e non solo per effetto dell’hype intorno all’intelligenza artificiale.

Arte Bio-AI: semi di futuro tra luna, cellule e intelligenza artificiale

L’arte contemporanea ha superato da tempo i confini terrestri. All’inizio del 2024, diverse opere di Amy Karle hanno lasciato la Terra per la Luna, portando con sé cultura, DNA umano, messaggi e intelligenza artificiale. La Golden Archive, progetto 2023-2024, rappresenta una nuova generazione del concetto di Golden Record: un archivio vivente dell’ecosistema terrestre che integra biologia, cultura, conoscenza e un’intelligenza artificiale capace di interpretare i dati per le generazioni future.

Quantum Computing e la rivoluzione silenziosa che arriva dalla Cina

Photo: Handout

Pan Jianwei non è nuovo ai titoli dei giornali, ma questa volta il suo team ha messo in scena un atto che sembra uscito da un racconto di fantascienza. Più di duemila atomi di rubidio, ognuno trasformato in un qubit, sono stati allineati in schemi perfetti in sessanta millesimi di secondo. Non con una paziente manipolazione manuale, ma grazie a un’intelligenza artificiale che governa fasci di luce capaci di intrappolare e muovere la materia a piacimento. La Cina non ha soltanto aumentato la scala rispetto alle limitazioni precedenti, ha cambiato la regola del gioco.

Italian Tech Week: Bezos parla di intelligenza artificiale, bolle e data center nello spazio

Quando Jeff Bezos decide di parlare di intelligenza artificiale, i mercati ascoltano e i giornalisti impazziscono. Alla Italian Tech Week ha pronunciato la parola che nessun investitore ama sentire: bolla. Non una bolla qualsiasi, ma un’“industrial bubble” che ricorda il biotech degli anni Novanta e la febbre dot-com dei primi Duemila.

Il parallelo non è casuale, perché la traiettoria è sempre la stessa: euforia irrazionale, capitale che piove ovunque, startup improvvisate che raccolgono milioni senza un modello di business credibile, e un inevitabile bagno di sangue per chi resta con il cerino in mano.

Bezos ha il dono di saper essere spietato e ottimista nello stesso momento: “Gli investitori fanno fatica a distinguere le buone dalle cattive idee quando tutti corrono, ma alla fine vince la società intera, perché le innovazioni solide sopravvivono”. È la vecchia legge darwiniana applicata ai mercati.

La costruzione della realtà: quando il cervello non registra ma inventa

Ogni tanto la scienza svela che viviamo in un videogioco cerebrale, e l’ultima frontiera lo dimostra con un’aggressiva eleganza: non siamo spettatori, siamo registi inconsapevoli. Recenti studi hanno utilizzato optogenetica a due fotoni per stimolare specifiche cellule nel cervello di topi, inducendo illusioni visive “artificiali” in pratica, attivando circuiti che causano al cervello la sensazione di vedere qualcosa che non c’è. (Allen Institute)

Questo esperimento rivoluziona la prospettiva dominante: la percezione non è una registrazione fedele del mondo, ma una costruzione attiva, guidata da inferenze, modelli interni e vincoli evolutivi.

Il futuro distopico che tanto ci preoccupa è largamente esagerato

Un caffè al Bar dei Daini

La distopia è il nuovo clickbait. Ogni giorno, tra titoli sensazionalistici e post virali, ci viene venduta la narrativa di un mondo sommerso dall’intelligenza artificiale, dove l’umanità è ridotta a spettatrice impotente. Ma, come spesso accade, la verità è meno drammatica e più complessa di quanto i titoli lasciano intendere.

Chi guida aziende di intelligenza artificiale, organizza workshop o scrive libri su come “sopravvivere all’era dell’IA” ha un interesse diretto nel seminare paura. È il trucco più antico del marketing: vendere la soluzione a un problema che si è abilmente creato. Eppure, la storia ci insegna che ogni era di “disruptive innovation” è stata accompagnata da apocalittiche previsioni, puntualmente smentite dai fatti.

Italia vuole competere con OpenAI: Fomyn punta a 1 miliardo di euro per la sua AI gigafactory

Domyn, la startup milanese specializzata in modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) e intelligenza artificiale, sta preparando una delle più significative operazioni di raccolta fondi in Europa, mirando a 1 miliardo di euro nei prossimi sei mesi. Fondata nel 2016 e precedentemente nota come iGenius, la società ha già raggiunto lo status di unicorno dopo un investimento di 70 milioni di euro nella Serie A nel 2024. Attualmente, Domyn sta progettando una raccolta complessiva di 10 miliardi di euro nei prossimi tre anni per potenziare le sue operazioni commerciali e ampliare la capacità dei suoi data center.

Intelligenza artificiale e fisica statistica, il secolo di ritardo che THOR AI ha finalmente cancellato

L’ossessione della fisica statistica per i cosiddetti integrali di configurazione è una delle storie meno sexy della scienza, eppure più decisive per capire come funziona la materia. Per oltre un secolo questi calcoli hanno rappresentato il tallone d’Achille della modellazione dei materiali, un enigma matematico così ostinatamente complesso da costringere generazioni di ricercatori a usare surrogati imperfetti come la dinamica molecolare o le simulazioni Monte Carlo. Siamo rimasti prigionieri di una scorciatoia permanente, illudendoci che bastasse aumentare la potenza di calcolo per avvicinarci alla verità.

Ora succede che un gruppo dell’Università del New Mexico e del Los Alamos National Laboratory ha deciso di riscrivere la storia con un approccio radicalmente diverso, usando intelligenza artificiale e reti tensoriali. Hanno battezzato il framework THOR AI, acronimo di Tensors for High-dimensional Object Representation. Nome roboante e volutamente mitologico, per una ragione: qui non si tratta di una variante più veloce, ma di un cambio di paradigma.

Gen Z e il futuro del lavoro: valori, aspettative e la sfida delle aziende

Un caffè al Bar dei Daini

Parlare di Gen Z in azienda oggi non è più un esercizio accademico o una moda da LinkedIn. È un atto di sopravvivenza strategica. I dati emergono con una chiarezza imbarazzante: solo il 2% degli studenti di Gen Z condivide i valori che le aziende dichiarano di voler premiare. Se i datori di lavoro celebrano risultati, formazione continua e ambizione, i giovani professionisti pongono al centro self-care, aiuto agli altri e autenticità¹. Un mismatch che definirei culturale, psicologico e strategico.

Mario de Caro e Benedetta Giovanola presentano intelligenze, etica e politica delle AI

L’intelligenza artificiale non è più una promessa lontana o un espediente da film di fantascienza, è un fatto concreto che entra nella vita quotidiana senza bussare. Il nuovo volume Intelligenze, etica e politica delle AI, appena pubblicato per Il Mulino, affronta questo fenomeno con uno sguardo lucido e problematizzante, senza cedere alla fascinazione dei futuristi o al catastrofismo dei complottisti. L’idea centrale è semplice e ambiziosa: studiare come l’intelligenza artificiale modifichi, interferisca e reindirizzi le nostre vite nel bene e nel male, basandosi sui fatti più che sulle narrazioni precostituite.

Attori digitali e l’illusione Hollywoodiana: l’anima che manca all’intelligenza artificiale Report

Hollywood sta affrontando un bivio tecnologico che sa di fantascienza ma ha implicazioni economiche concrete. La nascita di Tilly Norwood, attrice AI sviluppata dalla londinese Xicoia, ha acceso il dibattito su cosa significhi davvero essere un performer nel XXI secolo. Il personaggio, frutto della mente combinata di Eline Van der Velden, comica e tecnologa, è stato svelato la settimana scorsa durante lo Zurich Film Festival. L’attenzione online è stata immediata, con diversi agenti di talento che avrebbero già manifestato interesse a “ingaggiare” la personalità digitale.

La sfuriata di Pete del pentagono su FAFO fallisce a Quantico

Immaginate la scena: 800 generali, ammiragli e ufficiali di alto rango costretti a un raduno convocato all’improvviso a Quantico, in Virginia, quartier generale simbolico della potenza militare americana. Sul palco, Pete Hegseth, ex conduttore televisivo e ora improvvisato “segretario alla guerra”, un titolo che non esiste ma che lui ostenta con la sicurezza di chi confonde la propaganda con la dottrina. Quarantacinque minuti di discorso, slogan compreso, quel “FAFO” che nel gergo goliardico dei marines significa fondamentalmente “provaci e vedrai”. Un linguaggio più adatto a una t-shirt da palestra che a un’agenda strategica del Pentagono. Non sorprende che la platea abbia reagito con imbarazzo, un silenzio glaciale interrotto solo da qualche sorriso teso, mentre le telecamere cercavano invano un applauso spontaneo.

La pareidolia della coscienza artificiale e il mito del nano-brain quantistico

La narrativa contemporanea sull’intelligenza artificiale sembra uscita da un romanzo distopico: ogni conferenza, ogni paper sensazionale, ogni talk di guru tecnologico ci racconta di macchine che “potrebbero diventare coscienti”, come se i nostri assistenti vocali stessero tramando segretamente contro di noi. La realtà è molto più cinica e meno spettacolare: la pareidolia della coscienza artificiale è reale.

Pareidolia, termine coniato dai psicologi del XIX secolo, indica la tendenza del cervello umano a vedere pattern familiari in contesti ambigui: nuvole che diventano volti, ombre che evocano forme di animali. Applicata alla tecnologia, questa illusione ci fa attribuire intenzionalità, esperienze soggettive e perfino moralità a macchine che non hanno alcuna consapevolezza di sé. Daniel Dennett l’ha spiegato chiaramente: non è coscienza quello che vediamo nei pattern algoritmici, è un’illusione cognitiva.

Perché uno screening migliorato della sintesi genetica è diventato urgente

L’intelligenza artificiale (AI) nel settore biologico non è più un sogno lontano: è uno strumento tangibile che accelera progettazione, simulazione e ottimizzazione di sequenze genetiche. Permette di esplorare mutazioni, varianti, funzioni proteiche nuove, combinazioni che sarebbero state troppo costose o lente da scoprire con i soli metodi tradizionali. Quando questo potere viene usato male, diventa la base tecnica delle armi biologiche.

Quando due menti si fondono: il segreto scientifico dell’entanglement umano che può rivoluzionare la tua creatività

Un recente post di Stefania de Matteo AI Physics Research Scientist sul concetto di “entanglement umano” mi ha colpito, questo rappresenta per me una frontiera affascinante e ancora in gran parte inesplorata nella comprensione delle dinamiche cognitive e interpersonali. Mentre la fisica quantistica ha introdotto l’idea che particelle separate possano rimanere istantaneamente correlate, la trasposizione di questo fenomeno al piano umano solleva interrogativi profondi sulla natura della coscienza, della comunicazione e dell’interazione sociale.

flag of usa

Shutdown governo USA: la distopia politica di Trump e Musk che sembra realtà

Lo shutdown governo USA non è mai stato solo un dettaglio tecnico da burocrati con la calcolatrice in mano. È uno spettacolo crudele e affascinante che mescola democrazia, potere e caos amministrativo. La parola stessa evoca immagini di corridoi vuoti nelle agenzie federali, dipendenti senza stipendio, cittadini lasciati a chiedersi se lo Stato più potente del pianeta non sia in realtà una grande startup sempre sull’orlo del fallimento. Negli ultimi decenni lo shutdown è diventato un rituale americano quasi quanto il Super Bowl, con la differenza che non ci sono halftime show né spot miliardari a renderlo più digeribile.

L’intelligenza artificiale generativa non funziona solo con il codice, ma con i valori

Un caffè al Bar dei Daini

Se Machiavelli avesse costruito un’intelligenza artificiale generativa, e Clayton Christensen ne avesse progettata un’altra, non avremmo due gemelli digitali. Avremmo due creature con la stessa architettura di base ma con l’anima modellata da visioni opposte. E questa non è un’iperbole letteraria. È il cuore della rivoluzione che stiamo vivendo.

Per decenni, Silicon Valley ha vissuto con un’ossessione quasi maniacale: l’ingegneria pura. Progetta, ottimizza, scala. Il computer non chiedeva mai il perché. Non importava chi fosse l’ingegnere, quali convinzioni avesse, quali bias inconsci infilasse nel codice. Il silicio era cieco, muto e obbediente. Con l’intelligenza artificiale generativa, la storia cambia direzione.

Un caffè al Bar dei Daini: la fine dell’illusione elettrica e il banchetto dell’AI

Jim Farley, CEO di Ford, ha appena buttato sul tavolo un dato che suona come uno schiaffo al sogno elettrico made in USA. Non si tratta di un’analisi da manuale di economia, ma di un sospetto dichiarato con la leggerezza di chi sa già che la matematica non mente: senza i 7.500 dollari di credito federale, la quota di mercato dei veicoli elettrici negli Stati Uniti potrebbe precipitare dal 12 al 5 per cento in un mese. Un collasso annunciato che smaschera il paradosso della transizione ecologica a stelle e strisce, più sostenuta dalle stampelle fiscali di Washington che da una domanda reale. Farley non ha nemmeno avuto bisogno di drammatizzare. Ha semplicemente svelato quello che molti fingevano di ignorare, ovvero che l’EV non è ancora un prodotto desiderato di per sé, ma un bene drogato dagli incentivi. In altre parole, il re è nudo, e la sua Tesla Model Y non è nient’altro che un bambino sovvenzionato che senza aiuti rischia di non sopravvivere.

Sarajevo Security Conference NATO e la sicurezza nei balcani occidentali: un puzzle strategico irrinunciabile

I Balcani Occidentali continuano a essere un nodo cruciale per la sicurezza euro-atlantica, un punto dove le fragilità locali possono avere ripercussioni continentali. La conferenza di Sarajevo sulla sicurezza si è consolidata come piattaforma capace di trasformare il dialogo in iniziativa concreta, alimentando partnership indispensabili in un contesto globale sempre più complesso e frammentato. Non parliamo di rituali diplomatici sterili: qui si testa la resilienza della sicurezza europea in tempo reale.

Claude 4.5 e la vera sfida della comprensione del contesto nell’intelligenza artificiale

Claude 4.5 è arrivato con la solita fanfara tipica delle big tech, accompagnato da grafici patinati e dichiarazioni solenni che evocano rivoluzioni culturali oltre che tecnologiche. In realtà il cuore della questione è più semplice e più interessante: questa nuova versione del modello di Anthropic si propone come campione nella gestione e comprensione del contesto, il tallone d’Achille di ogni intelligenza artificiale generativa. Non parliamo di un dettaglio tecnico, ma della capacità di connettere informazioni lontane, ricordare conversazioni complesse, mantenere il filo logico senza perdersi nella nebbia dei token. È il momento in cui l’AI smette di sembrare uno stagista brillante ma smemorato e comincia ad assomigliare a un consulente senior con memoria strategica.

Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: non possiamo permettere che l’intelligenza artificiale venga impiegata sul campo di battaglia senza supervisione e regolamentazione

Leggete International Committee of the Red Cross – ICRC

La coscienza quantistica è davvero capace di piegare la realtà fisica? provocazioni tra fisica e filosofia

Un caffè al Bar dei Daini

È quasi irresistibile l’idea che la coscienza possa avere un ruolo attivo nel determinare la realtà, soprattutto quando si parla di meccanica quantistica, quella teoria che da più di un secolo sbriciola certezze e mette in crisi la nostra visione del mondo. Il punto più controverso rimane il cosiddetto problema della misura: un sistema quantico può esistere in una sovrapposizione di stati, una specie di limbo statistico, fino a quando non viene misurato. L’atto stesso della misura sembra far collassare la funzione d’onda, trasformando una nuvola di possibilità in un fatto concreto. A quel punto, la domanda velenosa che torna ciclicamente è questa: chi o cosa compie davvero il collasso? Un detector, un apparato, un algoritmo, oppure l’osservatore cosciente con la sua mente che interpreta i dati?

Obbligo informativa intelligenza artificiale: la nuova illusione normativa della legge 132/2025

Viviamo nella società dell’apparenza e quindi non poteva mancare un tocco cosmetico anche nella legislazione. È arrivata la legge 132/2025 che con l’articolo 13 regala ai professionisti un nuovo dovere: comunicare ai clienti se e come utilizzano sistemi di intelligenza artificiale. A partire dal 10 ottobre 2025 ogni avvocato, notaio, commercialista, consulente e simile dovrà scrivere nelle lettere di incarico e nelle informative che ruolo gioca l’AI nel proprio lavoro, chiarendo che resta solo un supporto strumentale e non può mai sostituire l’apporto umano e intellettuale.

Un inciso che suona come una liberatoria collettiva, una confessione preventiva: non vi preoccupate, non ci stiamo facendo rimpiazzare da un algoritmo, ci limitiamo ad addomesticarlo.

Un caffè al Bar dei Daini di via P. Raimondi

Chi si ferma al bar di Villa Borghese per il caffè del mattino trova spesso notizie che valgono più dei titoli dei giornali finanziari. È la magia del microcosmo italiano: due cornetti, un espresso al volo, Rivista.AI e all’improvviso la geopolitica digitale si intreccia con la sorte dei mercati finanziari globali.

La notizia del giorno è che ByteDance, il colosso cinese che ancora regge le sorti di TikTok, non uscirà davvero dal business americano come i titoli rassicuranti potrebbero suggerire. Bloomberg ci dice che metà dei profitti continueranno a confluire nelle casse di Pechino, camuffati da una raffinata struttura di licenze e diritti sull’algoritmo.

In altre parole, il cuore pulsante della piattaforma, quell’intelligenza artificiale che decide cosa vediamo e cosa non vediamo, resterà saldamente sotto controllo cinese. Si chiama divestimento sulla carta, ma in pratica è la globalizzazione che si prende gioco della politica industriale USA.

Intelligenza artificiale rivoluziona la diagnosi del cancro al seno: più efficacia e accuratezza nello screening

L’AI nello screening mammografico non è una semplice evoluzione tecnica, ma una rivoluzione culturale nella diagnostica. I radiologi si trovano davanti a un bivio: resistere al cambiamento con scetticismo o abbracciare l’innovazione e diventare parte di un ecosistema più efficiente e preciso. In Europa, uno studio danese ha confrontato 50.000 screening analizzati solo da radiologi con altrettanti supportati dall’AI. Risultato: incremento del 25% nella rilevazione dei tumori invasivi, con una riduzione dei richiami inutili del 15%. Numeri che non si discutono, ma che generano anche un effetto collaterale curioso: una pressione psicologica sul radiologo che deve fidarsi dell’algoritmo pur mantenendo la responsabilità finale. Il paradosso è evidente: più affidabile diventa la macchina, più complesso è il ruolo umano.

Un caffè al Bar dei Daini: l’illusione di un ordine mondiale che non c’è

La settimana è cominciata con un teatrino degno del miglior surrealismo politico. All’apertura dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, un manipolo di Nobel, ex capi di Stato e sviluppatori di intelligenza artificiale di frontiera ha invocato “linee rosse globali” per contenere i rischi esistenziali dell’AI. Nobile intento, certo, eppure il tono ricordava più un manuale di self-help che un’agenda concreta di politica internazionale.

L’idea di un accordo verificabile e universale suona bene nelle dichiarazioni stampa, meno quando si deve trasformarla in qualcosa che superi la fase PowerPoint. Ma non lasciamoci rovinare subito il gusto dell’ironia, perché il vero spettacolo stava per arrivare.

Minerva-7b e il futuro degli LLM per l’italiano

Paper presentato a CLiCit2025

C’è un paradosso che domina il mondo dell’intelligenza artificiale: i grandi modelli linguistici, osannati come strumenti universali di conoscenza, parlano fluentemente inglese ma balbettano in molte altre lingue. È la dittatura silenziosa della lingua dominante che trasforma la promessa di equità linguistica in una realtà monolingue. A mettere ordine in questo caos ci ha pensato un gruppo di ricercatori italiani, il Sapienza NLP Group insieme a Babelscape, che con il modello Minerva-7B hanno portato sul tavolo della ricerca internazionale un’analisi chirurgica su come addestrare un LLM che non si limiti a imitare l’inglese, ma sappia realmente pensare in italiano. Lo studio, intitolato con una punta di autoironia accademica “What we Learned from Continually Training Minerva: a Case Study on Italian”, ha acceso un faro su due nodi centrali: la potenza dell’addestramento continuo e l’estensione della finestra di contesto.

Peter Gabriel e l’età dell’AI: nuotare con la corrente della creazione

Non potevo esimermi di farne un’articolo. Ha scandito la mia crescita, Peter Gabriel, la voce che ha attraversato decenni fondendo sperimentazione sonora, impegno sociale e innovazione tecnologica, ha da qualche anno iniziato ad “abbracciare” l’intelligenza artificiale come co-strumento di espressione. Il suo progetto “Fraternity in the Age of AI” (Fratellanza nell’era dell’AI con Paolo Benanti (Scientific Coordinator) e frmato anche da Giorgio Parisi, la collaborazione con Stability AI e il concorso #DiffuseTogether non sono operazioni di marketing, ma dichiarazioni filosofiche: l’AI è inevitabile, meglio nuotarci assieme che combatterla. In questo articolo esploro tutte le pieghe note (e qualche suggestione) del suo impegno, dal diritto d’autore al pensiero esistenziale, passando per una visione audace di convivenza creativa uomo-macchina.

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