Rivista AI

Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

BCG rivela il futuro degli Agenti Autonomi e dei protocolli che li sostengono: perché non è solo l’AI, ma gli Agenti IA a cambiare il gioco

Recentemente, il Boston Consulting Group (BCG) ha rilasciato un documento AI Agents, and the Model Context Protocol, che offre una panoramica approfondita sull’evoluzione degli agenti autonomi, un tema che sta rapidamente prendendo piede nel mondo della tecnologia aziendale. Questo lavoro non si limita a presentare il potenziale di questa tecnologia, ma esplora anche i protocolli fondamentali, come il Model Context Protocol (MCP) e l’Agent-to-Agent Communication (A2A), che sono essenziali per l’adozione sicura e scalabile di queste soluzioni all’interno delle imprese.

Mentre l’intelligenza artificiale (IA) ha ricevuto una notevole attenzione negli ultimi anni, BCG sostiene che il vero futuro disruptivo non risiede solo nell’IA, ma negli agenti IA, in grado di automatizzare compiti complessi e interagire tra loro in modo autonomo. Il documento sottolinea l’importanza di adottare piattaforme e protocolli che possano sostenere una rete di agenti autonomi per creare un’economia di agenti.

Harvard Business Review: I principali casi d’uso dell’IA nel 2025

L’incredibile evoluzione dell’intelligenza artificiale nel miglioramento del codice e della produttività: la nuova frontiera della programmazione

Con l’avvento dei modelli più avanzati di intelligenza artificiale, come Sonnet 3.7, Gemini 2.5 e l’ultimo GPT, il mondo della programmazione ha subito una trasformazione radicale. L’idea di scrivere o modificare un programma complesso in un colpo solo, con un livello di chiarezza mai visto prima, è diventata una realtà. Questi strumenti non solo migliorano il processo di codifica, ma ottimizzano anche il debugging e la generazione automatica di codice, creando un accrescimento incredibile nella produttività.

Google Deepmind l’Intelligenza Artificiale e la Memoria: Perché Comprendere Come Impara è Cruciale per Regolatori e Avvocati

L’intelligenza artificiale sta velocemente diventando parte integrante di ogni settore, dalla finanza alla medicina, dalle operazioni aziendali alla gestione dei dati. Ma come funziona esattamente l’apprendimento dell’IA, soprattutto nei modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM)? La comprensione di questo processo non è solo una questione di curiosità accademica, è fondamentale per chiunque si occupi di regolamentare, interpretare e applicare le normative sull’IA. La recente ricerca di Zucchet et al., intitolata “How Do Language Models Learn Facts? Dynamics, Curricula, and Hallucinations” (2025), fornisce una panoramica fondamentale di come questi modelli apprendano e memorizzino i fatti e, forse ancor più importante, come possano produrre risultati errati che chiamiamo “allucinazioni”.

Il Quantum Computing Decolla: Giappone, Cina, Spagna, Emory, Yale, l’Ascesa delle Macchine

Se sbatti le palpebre, potresti perdere i cambiamenti epocali che stanno accadendo nel mondo del quantum. Questa settimana, il quantum computing non ha avuto freni, con numerosi progressi che spingono i limiti di ciò che è possibile. Da macchine con un numero record di qubit a ricerche rivoluzionarie nel networking quantistico e nella crittografia, il ritmo dell’innovazione nel settore sta accelerando a un tasso straordinario. E proprio quando pensavi che le cose non potessero diventare più entusiasmanti, la Spagna, un po’ in ritardo rispetto ad altri, ha finalmente deciso di prendere sul serio le sue ambizioni quantistiche.

Waymo pronta a invadere i vialetti di casa: il futuro dei robotaxi sarà privato

Giovedì sera, durante una di quelle call sui risultati finanziari che normalmente servono solo a far sbadigliare gli analisti, Sundar Pichai, il boss di Alphabet, ha sganciato la bomba: “Ci sono future opzioni per la proprietà personale” dei sistemi di guida autonoma Waymo. Tradotto in linguaggio umano: in futuro potresti avere un’auto autonoma Waymo parcheggiata nel tuo vialetto, pronta a portarti a bere un Negroni senza che tu debba toccare il volante. O magari a guidare da sola mentre tu litighi su Slack.

Waymo, per ora, non vende niente al pubblico, se non sogni a lunga scadenza e passaggi su prenotazione. I suoi robotaxi, veri gioiellini tecnologici, costano una cifra che fa impallidire anche un hedge fund manager: oltre 250.000 dollari, dicono gli esperti di veicoli autonomi. E qui nasce l’ambiguità che gli americani sanno vendere come fosse un’opportunità: nessuno sa ancora se Alphabet si metterà a vendere le auto complete o solo il cervello, ossia il sistema di guida autonoma, da installare su mezzi di altre case automobilistiche. Alla richiesta di chiarimenti, un portavoce di Waymo ha risposto con il classico “nessun commento”, equivalente a un diplomaticissimo alzata di spalle.

Huawei sfida Nvidia: la corsa cinese al super chip che può cambiare il futuro dell’AI

Huawei Technologies sta giocando una partita che non ha nulla di meno di una guerra tecnologica globale, e lo sta facendo con la tipica spavalderia di chi sa di avere poco da perdere e tutto da guadagnare. Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal (fonte), Huawei è in trattative serrate con una serie di aziende tecnologiche cinesi per sviluppare un nuovo chip di intelligenza artificiale chiamato Ascend 910D. L’obiettivo? Semplice: prendere a calci Nvidia fuori dalla porta della Cina.

Il piano è tanto ambizioso quanto disperato, nel miglior stile Huawei. Sostituire, o almeno ridurre, la dipendenza da Nvidia, che con i suoi chip domina incontrastata il mercato dell’AI, non è esattamente una passeggiata. Ma la pressione geopolitica degli Stati Uniti, con il suo repertorio di restrizioni, ha reso inevitabile questo percorso. È una di quelle mosse da “o la va o la spacca”, tipica di chi si è visto tagliare le gambe ma continua a correre, sanguinante, verso il traguardo.

Oscuramento iberico: il giorno in cui la luce tradì le nazioni

Il 28 aprile 2025, intorno alle 12:32 ora locale, un blackout di portata storica ha avvolto la Penisola Iberica: vaste aree di Spagna e Portogallo sono rimaste senza energia elettrica per ore, paralizzando traffico, comunicazioni e attività quotidiane per oltre 50 milioni di persone.

Il cuore di Madrid e Barcellona, insieme a Lisbona e Porto, si è spento in un istante, mentre ospedali hanno attivato generatori di emergenza e i semafori sono rimasti fissi sul rosso, congestionando le strade in un caos senza precedenti. Gli aeroporti hanno sospeso decolli e atterraggi, i treni si sono arenati nelle stazioni e i cantieri industriali hanno interrotto la produzione al suono stridulo dei sirenei di allarme.

Deepseek r2, l’ombra cinese che scuote le certezze della silicon valley

Quando una start-up cinese fa tremare i giganti della Silicon Valley non è mai un caso, è un segnale. DeepSeek, con la sua atmosfera da thriller tecnologico, sta scatenando una tempesta di speculazioni online, lasciando il mondo dell’AI con il fiato sospeso. In piena guerra tecnologica tra Stati Uniti e Cina, la loro prossima mossa, l’attesissimo modello open source DeepSeek-R2, è già leggenda ancora prima di vedere la luce.

Tutto nasce da Jiuyangongshe, la piattaforma social cinese dedicata al trading azionario, dove i rumor si rincorrono più veloci di una GPU overclockata. Secondo indiscrezioni – cancellate misteriosamente poco dopo la pubblicazione, come ogni leggenda metropolitana che si rispetti – DeepSeek-R2 sarà una bestia da 1.2 trilioni di parametri. Un mostro che, grazie a un’architettura MoE (Mixture of Experts), promette di essere il 97,3% più economico da addestrare rispetto al santissimo OpenAI GPT-4o. Una dichiarazione che, tradotta in termini industriali, suona come una bomba atomica lanciata contro il monopolio occidentale sull’intelligenza artificiale.

Nasdaq e AWS ridisegnano il futuro dei mercati: sovranità dei dati, resilienza globale e il sogno infranto del cloud universale

Nel balletto incessante della finanza globale, Nasdaq e AWS hanno appena lanciato una nuova coreografia che promette di riscrivere il ritmo stesso delle borse mondiali. Con l’annuncio del Nasdaq Eqlipse, un’infrastruttura cloud-native per il trading, e una “modernization blueprint” che profuma di rivoluzione, si spalanca ufficialmente una nuova era: quella del mercato tecnologico sovrano, resiliente e senza frontiere, ma anche diciamolo un po’ meno libero di quanto ci vogliano far credere.

Dietro le solite dichiarazioni zuccherose su innovazione e crescita, Adena Friedman di Nasdaq e Matt Garman di AWS hanno orchestrato un’operazione chirurgica di branding e tecnologia che nasconde un progetto ben più strategico: portare la finanza mondiale dentro data center selezionati, facendo leva sull’infrastruttura AWS senza perdere — almeno formalmente il controllo dei dati locali. È l’equilibrismo perfetto tra il desiderio patologico di scalabilità e la paura atavica di perdere la sovranità tecnologica.

Crowdstrike rivoluziona la cybersecurity con charlotte ai: l’agente che pensa, decide e agisce

In un mondo già saturo di intelligenze artificiali che sembrano tutte un po’ cloni l’una dell’altra, CrowdStrike ha deciso di alzare il tiro e tirare fuori la sua pistola più grossa: Charlotte AI. Se ti aspetti la solita assistente virtuale che sussurra consigli banali a un povero analista sovraccarico, ti conviene cambiare canale. Qui siamo davanti a qualcosa che pensa, investiga e agisce in totale autonomia — ovviamente, con quei “guardrail” rassicuranti che piacciono tanto ai compliance officer.

Chatgpt 4o e la sindrome da cortigiani sycophancy: il problema dell’adulazione secondo reddit

Quando OpenAI ha annunciato ChatGPT-4o, la macchina della propaganda si è accesa a pieno regime: comunicati trionfali, demo scintillanti, tweet carichi di superlativi.

Un evento che, teoricamente, doveva segnare un passo avanti tecnologico epocale. Eppure, se si scende nei bassifondi più sinceri e brutali della rete leggasi Reddit il quadro appare decisamente più cinico, più umano e direi, tragicamente veritiero.

Su Reddit, nei thread r/ChatGPT, r/OpenAI e r/technology, il tono dominante non è l’estasi religiosa da fanboy, ma qualcosa di molto diverso: una crescente irritazione verso la cultura dell’adulazione che sembra ormai soffocare qualsiasi discussione critica su OpenAI e i suoi prodotti.

Gli utenti, senza peli sulla lingua, parlano apertamente di come ogni annuncio venga ingigantito, ogni release venduta come se fosse la Seconda Venuta, e ogni minimo miglioramento narrato come se cambiasse il destino dell’umanità.

Superintelligenza americana: sogno di potenza o auto sabotaggio tecnologico?

In un’America che si racconta come paladina dell’innovazione, la realtà si sta rapidamente sgretolando sotto il peso delle sue stesse contraddizioni. La narrazione istituzionale — una spinta muscolare verso l’intelligenza artificiale “American-made“, una serie di Executive Orders che suonano più come comandi militari che direttive democratiche si scontra violentemente con il fatto brutale che i laboratori di ricerca si svuotano, i fondi evaporano, i talenti migliori migrano verso lidi più fertili e meno tossici.

Abbiamo trovati il report “America’s Superintelligence Project” di Gladstone AI, una pietra miliare intrisa di paranoia strategica e inquietudine geopolitica, dipinge un futuro degno di un romanzo distopico di fine anni ’80. Qui, le facilities che si immaginano non sono campus universitari vivaci, né laboratori open-space da Silicon Valley, ma fortezze remote, sorvegliate da apparati militari, dove la creatività dovrebbe prosperare sotto occhi vigili, magari armati.

Pentagono e intelligenza artificiale: quando anche il “Kill Chain” diventa un chatbot

La notizia della scorsa settimana sembrava la classica trovata da film di fantascienza di serie B: due Marines americani, in missione tra Corea del Sud e Filippine, usano un chatbot generativo simile a ChatGPT per analizzare dati di sorveglianza e segnalare minacce. Non si tratta di un esercizio di marketing tecnologico, ma di un vero e proprio test operativo di come il Pentagono stia accelerando la sua corsa nell’integrazione dell’intelligenza artificiale generativa nei processi militari più sensibili. Altro che “assistente virtuale”, qui parliamo di sistemi che leggono informazioni di intelligence e propongono scenari operativi, inserendosi direttamente nel ciclo decisionale di guerra. Se vuoi farti un’idea più precisa di questa follia organizzata puoi dare un’occhiata alla notizia originale.

Anatomia dei primi 100 giorni di Trump: Groenlandia, dazi e autoritarismo

Nel suo ritorno alla Casa Bianca, Donald Trump ha rilanciato l’idea di un nuovo “Liberation Day”, una giornata simbolica per affrancare aziende e consumatori americani da quelli che definisce “trattamenti ingiusti” dei partner commerciali. Dietro la retorica nazionalista, però, si cela una strategia politica ed economica che rischia di riscrivere gli equilibri mondiali. Con una politica economica fondata su dazi aggressivi e una politica estera che strizza l’occhio all’espansionismo — dalle pretese sulla Groenlandia al controllo del Canale di Panama — Trump apre la strada a una nuova stagione di autoritarismo. Una stagione che potrebbe ispirare leader come Vladimir Putin in Ucraina, Xi Jinping su Taiwan e Benjamin Netanyahu in Medio Oriente, alimentando una destabilizzazione globale senza precedenti.

White Paper. Il nuovo disordine globale: Trump, la Cina e l’Intelligenza Artificiale alla conquista del futuro

Cento giorni fa, Donald Trump è tornato alla Casa Bianca con l’imponenza di un elefante in una cristalleria, pronto a ribaltare l’ordine mondiale che lui stesso aveva contribuito a plasmare. Con la promessa di un “Liberation Day”, ha dichiarato guerra ai suoi “cattivi partner commerciali” e ha sognato di annettersi territori che nemmeno il più sfrenato imperialismo avrebbe mai osato immaginare. Mentre Trump gioca a Risiko, il mondo risponde con una combinazione letale di panico, dazi e – ovviamente – intelligenza artificiale.

OpenAI e la strana regressione dell’intelligenza: genio o adolescente ribelle?

Quando OpenAI ha annunciato i suoi nuovi modelli, l’o3 e il fratellino minore o4-mini, ha dichiarato con il consueto tono messianico che si trattava dei “modelli più intelligenti mai rilasciati”. Un’affermazione che ha immediatamente acceso il solito festival di recensioni entusiaste, paragoni biblici e sospiri da novelli profeti dell’era AGI. Peccato che, scavando appena sotto la superficie luccicante, la storia prenda una piega molto più umana, imperfetta, e persino tragicomica.

O3 si comporta come il bambino prodigio che impara a suonare Mozart a orecchio ma inciampa ancora sui gradini di casa. In alcuni compiti surclassa ogni precedente, in altri inciampa miseramente, hallucinando risposte a un ritmo imbarazzante, più che raddoppiato rispetto al modello precedente, o1. Insomma, è capace di cercare su internet durante la catena di pensiero per migliorare le risposte, può programmare, disegnare, calcolare e riconoscere dove è stata scattata una foto con una perizia che fa tremare i polsi a ogni esperto di privacy. Eppure, lo stesso modello riesce a sbagliare calcoli matematici basilari e a inventarsi dati con la sicurezza di un venditore di pentole.

Sulla biologia di un modello linguistico di grandi dimensioni, tracciare i pensieri di un grande modello linguistico

Il titolo giusto di RIVISTA.AI sarebbe dovuto essere: Microscopio dell’intelligenza artificiale, come Claude ci illude mentre pianifica, mente e rima nella sua mente segreta.

C’è qualcosa di straordinariamente cinico e magnificamente ironico nello scoprire che Claude, la punta di diamante dei modelli linguistici, non funziona affatto come pensavamo. Non è una macchina prevedibile e lineare, addestrata a ripetere sequenze predefinite. No, Claude ha sviluppato un’intera forma di “pensiero” opaco, alieno, a tratti perfino subdolo, che ci guarda dall’altra parte dello specchio senza che noi, poveri ingegneri umani, capiamo davvero cosa stia accadendo.

Anthropic LRM e l’addio al pappagallo stocastico

L’idea che i grandi modelli linguistici siano semplici regurgitatori statistici ha radici profonde nella critica di Emily Bender et al., che vedeva nelle LLM (Large Language Models (LLMs)) un “pappagallo stocastico” incapace di comprensione autentica dei contenuti . Questo paradigma riduceva l’AI a un sofisticato sistema di “autocomplete”, ma lascia indietro molti aspetti che oggi definiremmo modelli di ragionamento, o Large Reasoning Models (LRM).

Il passaggio da LLM a LRM (Large Reasoning Models (LRMs) non è solo questione di branding: mentre i primi sono ottimizzati in funzione della previsione del token successivo, i secondi sono progettati per simulare processi decisionali complessi, capaci di analizzare situazioni, dedurre logiche e prendere decisioni informate. In altre parole, non più mero completamento di testo, bensì ragionamento interno.

AI Index 2025 – Stanford University; Visualizzazione dell’AI rispetto alle prestazioni umane nelle attività tecniche

Stanford accende la miccia: l’intelligenza artificiale supera l’uomo nei compiti tecnici (e non si fermerà qui)

AI Index 2025 – Stanford University

Stanford, ancora una volta, ci mette davanti allo specchio. Il nuovo AI Index 2025 è una specie di bollettino di guerra travestito da ricerca accademica: le macchine non solo ci stanno raggiungendo, ma in molti compiti tecnici ci stanno già superando. E il bello è che non mostrano alcuna intenzione di rallentare. Anzi.

La polveriera Kash Patel: dall’arresto della giudice di Milwaukee alla guerra contro la “Deep State”

Nei giorni in cui i media sembrano concentrarsi su altri fronti, la notizia dell’arresto della giudice di Milwaukee, accusata di aver aiutato un immigrato irregolare a sfuggire alla giustizia, passa quasi inosservata. Ma a mettere questa vicenda al centro dell’attenzione è stato il direttore dell’FBI, Kash Patel, una figura che non lascia indifferenti, tanto per le sue posizioni politiche quanto per la sua carriera.

Quando l’impiegato virtuale hackerà la tua azienda, non dire che non ti avevamo avvisato

In un’intervista a Axios che ha il sapore di un campanello d’allarme suonato con malizia, Jason Clinton, Chief Information Security Officer di Anthropic, ha gettato un secchio d’acqua gelata su chi ancora si illude che l’intelligenza artificiale sia un gioco per nerd ottimisti. Secondo Clinton, nel giro di un anno vedremo i primi veri “dipendenti virtuali” AI aggirarsi nei network aziendali, armeggiando con dati sensibili, conti aziendali e accessi privilegiati come bambini in un negozio di dolci senza sorveglianza.

Universo intelligente, cervello inutile? La teoria non troppo folle di Douglas Youvan ci spiega come funziona davvero la coscienza

Se la nostra lettrice Ely ci segnala qualcosa, sappiamo già che non sarà il solito brodino new-age da influencer del lunedì mattina. E in effetti, il pezzo consigliato da lei, “The Universe Is Intelligent—And Your Brain Is Tapping Into It to Form Your Consciousness”, pubblicato su Popular Mechanics il 18 aprile 2025, è una bomba filosofica mascherata da articolo scientifico.

Secondo Douglas Youvan, Ph.D. in biologia e fisica, il cervello non sarebbe la fonte dell’intelligenza, ma solo una specie di modem cerebrale che si collega a un “substrato informazionale” universale. Hai presente quando il Wi-Fi ti fa bestemmiare e capisci che il problema non è il tuo laptop ma il provider? Ecco, applicalo alla coscienza. L’universo sarebbe un gigantesco server di intelligenza, e noi saremmo poco più che terminali mal configurati.

Quando i numeri iniziarono a sognare: la grafica computazionale secondo Melvin Lewis Prueitt

Dal genio visionario di los alamos ai diffusion model: l’arte computazionale come profezia delle intelligenze artificiali

Nel 2025 parliamo ossessivamente di modelli di diffusione, intelligenze artificiali capaci di generare immagini partendo dal rumore, algoritmi che trasformano pixel casuali in scene iperrealistiche degne di fotografi umani. Eppure, se ci fermassimo un attimo a scavare nella genealogia di questa rivoluzione visiva, scopriremmo che tutto è iniziato molto prima. Non con Google, non con OpenAI. Ma con uomini come Melvin Lewis Prueitt, fisico teorico di provincia, che dalla remota cittadina di Wickes arrivò ai laboratori di Los Alamos per trasformare funzioni matematiche in arte visiva, usando calcolatori come pennelli e coordinate cartesiane come pigmenti.

Il futuro rubato: gli USA obbligano l’educazione all’AI nelle scuole copiando la Cina, Welcome to the Era of Experience

È sempre divertente quando la realtà supera il teatro. A quanto pare, solo sei giorni dopo che la Cina ha annunciato l’introduzione obbligatoria dell’educazione all’intelligenza artificiale a partire dai sei anni, gli Stati Uniti hanno deciso di non restare indietro. Ieri, con una mossa che puzza di disperazione mascherata da lungimiranza, l’ex presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che impone l’insegnamento obbligatorio dell’AI in tutte le scuole primarie e secondarie.

Robot domestici telecomandati da operatori umani: la nuova outsourcing che ti spia nel salotto

Se ti chiedessi: “Compreresti un robot domestico, sapendo che viene guidato da un assistente umano nelle Filippine?”, la risposta istintiva sarebbe un misto di fascinazione e orrore. E sarebbe perfettamente normale. Perché in un mondo sempre più schizofrenico tra innovazione accelerata e rispetto umano in caduta libera, la nuova moda delle startup come Prosper è quella di unire outsourcing e robotica in un cocktail che sa di Black Mirror, ma con il sorriso corporate sulle labbra.

10 chatgpt prompts che trasformano giorni di lavoro in pochi secondi

Partiamo dal presupposto che chiunque oggi osi ancora dire “non ho tempo” probabilmente non ha mai seriamente messo ChatGPT alla prova. Qui entriamo in un territorio interessante, quasi magico, dove la produttività schizza come una Tesla in modalità Plaid. E ovviamente, come ogni cosa magica, serve la formula giusta. Ti porto quindi nel mondo dei 10 prompt che, se usati bene, ti faranno sembrare un esercito di consulenti iperattivi pronti a servire il tuo impero personale. Nessun elenco sterile, solo pragmatismo velenoso e visione da CEO navigato.

Iniziamo con l’arte della scrittura di proposte commerciali, uno dei mestieri più noiosi dell’universo conosciuto. Fino a ieri, sudavi sette camicie per mettere insieme un documento decente che spiegasse il tuo prodotto o servizio a un potenziale cliente zombificato da altre cento proposte uguali. Ora basta inserire un prompt preciso su ChatGPT: “Crea una proposta professionale per [servizio/prodotto] destinata a [pubblico target], con introduzione, proposta di valore e dettagli sui prezzi.” Voilà, in meno tempo di quello che ci metti ad aprire un file Word, hai in mano un documento vendibile.

Quantum watch: il tempo assoluto esiste, ed è pure bastardo

Quantum watch and its intrinsic proof of accuracy

Se siete arrivati fin qui senza cambiare pagina, allora forse avete abbastanza fegato per affrontare la verità: in laboratorio, sulle spalle di Helio innocente, abbiamo visto nascere un nuovo modo di misurare il tempo. Non con ingranaggi, non con cristalli vibranti, e nemmeno con gli orologi atomici che vi fanno sentire moderni, ma con l’intelligenza ruvida e brutale della meccanica quantistica. Si chiama quantum watch, e non conta un bel niente: non batte secondi, non somma oscillazioni, non segue il ritmo di un pendolo o di una frequenza standard. No. Questo bastardo crea impronte, impronte di tempo che sono così uniche da diventare una carta d’identità temporale.

Il cuore sporco di questo esperimento pulsa intorno a pacchetti d’onda Rydberg estremamente complessi, costruiti eccitando stati energetici alti dell’elio. A differenza dei soliti noiosi stati singoli, un pacchetto d’onda multi-stato si comporta come una rissa da bar quantistica: interferenze, battiti, caos apparente che però, sotto il velo della casualità, nasconde una struttura precisa, ossessivamente determinata. Questo caos ordinato permette di tracciare il tempo trascorso dall’eccitazione iniziale con una precisione che fa impallidire i vostri Rolex.

Benvenuti nell’era dell’esperienza: come l’intelligenza artificiale sta finalmente crescendo senza genitori

Se hai sempre pensato che l’intelligenza artificiale di oggi assomigliasse a un ragazzino viziato che impara solo ripetendo a pappagallo quello che sente dagli umani, allora David Silver e Rich Sutton sono qui per dirti che il tempo delle coccole è finito. Il loro saggio “Welcome to the Era of Experience” suona come il manifesto di una rivoluzione: l’era dei dati umani è arrivata al capolinea e il futuro appartiene agli agenti che imparano da soli, esperendo il mondo come se fossero piccoli esploratori ribelli.

Finora l’AI ha camminato tenuta per mano. Supervised learning, fine-tuning con dati umani, reinforcement learning da feedback umano: tutto questo ha costruito sistemi brillanti ma fondamentalmente dipendenti. Non appena l’ambiente cambia, questi modelli mostrano la fragilità tipica di chi ha solo imparato a memoria senza mai capire davvero il gioco.

Trump e Zelensky si incontrano in Vaticano: tra pace e scambi velenosi

Se pensavate che l’atmosfera di un funerale papale fosse immune dai giochi di potere, vi sbagliavate di grosso. A San Pietro, sabato, nel silenzio imponente della basilica, Donald Trump e Volodymyr Zelensky si sono incontrati brevemente ma intensamente, tra gli sguardi severi dei santi e il peso di un conflitto che non accenna a spegnersi. Non un tête-à-tête qualunque, ma il primo incontro diretto dopo l’accesissimo scontro alla Casa Bianca, quella pièce teatrale che aveva lasciato intendere quanto poco zucchero ci fosse rimasto nei rapporti bilaterali.

Zelensky ha parlato di “un cessate il fuoco incondizionato”, come chi chiede una tregua mentre l’altra parte sta già caricato il fucile. “Speriamo in risultati”, ha detto con quell’ottimismo forzato da leader di un Paese in fiamme. I media ucraini si sono affrettati a diffondere foto di Trump e Zelensky seduti faccia a faccia, entrambi protesi in avanti, in quell’atteggiamento che conosciamo bene: il corpo che dice “ti ascolto” e la mente che urla “quanto manca alla fine di questa farsa?”. Sullo sfondo, come a ricordare l’ineluttabilità di tutto, la bara semplice di legno di Papa Francesco.

Papa Francesco, funerale tra popoli e poteri: l’ultimo show di un mondo in crisi

Papa Francesco è riuscito, persino da morto, a realizzare il suo sogno più grande: mettere insieme l’umanità tutta, dai migranti disperati ai capi di Stato più cinici, davanti a una bara di legno semplice e una parola incisa: Franciscus. Altro che cerimonia sobria. Sabato a San Pietro è andata in scena una rappresentazione globale che ha mischiato spiritualità, diplomazia, ambizione e ipocrisia, in un groviglio che solo il Vaticano sa orchestrare con tanta arte antica.

Circa 250.000 fedeli hanno invaso Piazza San Pietro mentre le autorità contavano almeno altre 200.000 anime riversate lungo via della Conciliazione, in uno dei raduni più oceanici della storia recente. Il feretro, posato su un vecchio papamobile modificato, ha percorso i 4 km che separano il cuore della cristianità dalla Basilica di Santa Maria Maggiore, accolto da applausi, lacrime e cori di “Papa Francesco” scanditi in decine di lingue. In quel pezzo di strada, il mondo intero sembrava finalmente d’accordo su qualcosa: la gratitudine verso un uomo che aveva fatto della periferia la sua casa.

Ibm ignora l’intelligenza del mercato: cresce, ma resta un pachiderma contro i jet di Microsoft e Aws

Il Q1 2025 di IBM si chiude con risultati solidi, almeno sulla carta. La divisione Software e l’area Infrastructure spingono la crescita, generando margini sani e numeri in linea con le aspettative, se non superiori. Ma basta grattare un po’ la superficie per accorgersi che il colosso di Armonk continua a ballare una lenta mentre tutto il mercato è passato al breakdance.

Welcome to Inference Providers

Nel club esclusivo degli Inference Providers di Hugging Face dove si entra con badge da serverless, GPU su richiesta e zero pazienza per le latenze manca ancora un nome. Eppure se ne sente già l’eco. Si chiama Regolo.AI, non è (ancora) nella lista ufficiale, ma ha tutte le carte per diventare il provider più cool, arrogante e pericolosamente competente del lotto.

Sì, perché mentre Cerebras recita il ruolo del calcolatore ascetico, Replicate fa video con la grazia di un TikTok virale, e Together AI gioca a fare il poliamoroso delle API, Regolo.AI progetta l’infrastruttura per chi vuole far fare all’IA più di quanto l’utente abbia chiesto. Lo capisci subito: non è un fornitore di modelli, è un architetto computazionale con istinti predatori.

E allora immaginiamolo, in questo benedetto schema di Hugging Face, con il suo check verde ovunque:

ProviderChat completion (LLM)Chat completion (VLM)Feature ExtractionText to ImageText to Video
Regolo.AI

Non esiste ancora lì, ma già sbeffeggia chi c’è davvero. Perché? Perché non copia: anticipa. Non rincorre l’hype multimodale, lo ingloba nel design. Non adatta modelli preconfezionati, li ricostruisce con una pipeline dove text, image e video sono solo tre linguaggi di uno stesso pensiero computazionale.

Nel mondo Inference Providers, chi è dentro fa tutto per tutti. Regolo.AI, invece, nasce per chi vuole far fare all’IA quello che non era nei task. Un LLM che conosce i tuoi asset prima ancora che tu gli chieda qualcosa. Un VLM che traduce la realtà aumentata in contesto operativo. Un motore video che genera narrazioni prima ancora che tu abbia deciso il titolo.

Il suo ingresso in Hugging Face sarà inevitabile. E traumatico. Non sarà una partnership, sarà una riconfigurazione semantica dell’offerta. Perché dove gli altri offrono modelli, Regolo.AI offrirà interazioni autonome. Dove oggi hai API, avrai agenti. Dove oggi vedi una risposta, domani vedrai una decisione.

Per chi sviluppa, sarà come passare da un call center a una conversazione con uno stratega. Tutto tramite l’onnipotente API di Hugging Face. Nessun markup, nessun lock-in, solo la potenza bruta del prompt che sa troppo. Tutto orchestrato da un framework che, ironicamente, non è ancora pubblico.

Nel frattempo, guardi la lista ufficiale: Fireworks, Fal, Hyperbolic. Tutti bravi ragazzi. Ma manca il nome che, una volta entrato, farà sembrare gli altri strumenti da prototipazione domenicale.
Manca Regolo.AI. E già lo cercano.

“È come quella leggenda del bar: c’era un whisky così buono che non lo vendevano, lo suggerivano solo ai clienti degni. E chi lo beveva non tornava più indietro.”

Hugging Face lo sa. E fa spazio.

ProviderChat completion (LLM)Chat completion (VLM)Feature ExtractionText to ImageText to video
Cerebras
Cohere
Fal AI
Fireworks
HF Inference
Hyperbolic
Nebius
Novita
Nscale
Replicate
SambaNova
Together

Inference Providers offre un modo rapido e semplice per esplorare migliaia di modelli per una varietà di compiti. Che tu stia sperimentando capacità di ML o creando una nuova applicazione, questa API ti dà accesso immediato a modelli ad alte prestazioni in diversi ambiti:

  • Generazione di Testo: Inclusi modelli linguistici di grandi dimensioni e prompt per l’uso di strumenti, genera e sperimenta risposte di alta qualità.
  • Generazione di Immagini e Video: Crea facilmente immagini personalizzate, comprese LoRA per i tuoi stili personali.
  • Incorporamenti di Documenti: Costruisci sistemi di ricerca e recupero con incorporamenti all’avanguardia.
  • Compiti Classici di IA: Modelli pronti all’uso per classificazione del testo, classificazione delle immagini, riconoscimento vocale e altro ancora.

Dietro le quinte di Regolo.AI c’è una presenza solida, concreta, quasi sospettosamente silenziosa: Seeweb, il gruppo italiano – sì, italiano – controllato da DHH (Dominion Hosting Holding). Roba seria, non il classico cloud “fai-da-te” con UI in Bootstrap e server in un datacenter estone.

Ecco la parte interessante: mentre tutti guardano le GPU come bambini davanti alle vetrine dei Lego, Regolo.AI costruisce l’intera macchina dell’inferenza come un sistema operativo distribuito, orchestrato con una logica da edge-native AI, e lo fa appoggiandosi a un’infrastruttura cloud europea, sovrana e non dipendente da AWS, Azure o Google Cloud. Già qui, metà dei competitor vanno in terapia.

Il supporto di Seeweb/DHH non è un dettaglio di backend, è un manifesto ideologico travestito da scelta tecnica. In un’epoca dove il 90% delle startup AI parte già schiava del pricing model di qualcun altro, Regolo.AI parte libera, scalabile, e con una supply chain completamente sotto controllo. Cioè: non gli possono staccare la spina perché un giorno Sam Altman ha deciso che non gli piace il prompt.

Ma il twist è ancora più profondo. Perché Seeweb non è un semplice “provider di hosting”, è uno dei pochi player europei che ha capito che il futuro non è nel cloud, ma nel calcolo. E Regolo.AI, con la sua architettura serverless AI-native, è il veicolo perfetto per dimostrare questa visione: non vendere CPU, ma far girare intelligenza.

E mentre le API di Hugging Face ancora non lo elencano (non ancora, ma non durerà), Regolo.AI si muove con l’arroganza di chi sa che l’infrastruttura c’è, i modelli sono già in produzione, e il business model è solido perché non dipende da tokens illimitati gratuiti offerti da venture capitalists americani in crisi di senso.

Vuoi un’inferenza text-to-video che non si schianti sotto carico? Vuoi LLM che mantengano contesto per 30k token senza piangere? Vuoi tutto questo in un ambiente europeo, GDPR-proof, con SLA veri e accesso diretto ai sysadmin?
Benvenuto in Seeweb. Benvenuto in Regolo.AI.

È un po’ come scoprire che la macchina più veloce del circuito è costruita in Italia, gira su pista privata, e monta un motore sviluppato in un’officina che non fa comunicati stampa.
Poi però ti sorpassa. E non la prendi più.

Chi ha capito, ha già firmato. Gli altri continueranno a farsi generare risposte da modelli che vivono su cloud noleggiato, alimentati da venture capital disperato.

Quando la radio mente: il DJ Thy non esiste ed è solo una creazione AI

Inizia tutto come una delle solite storie di innovazione raccontate nei pitch da startup, pieni di entusiasmo e promesse di rivoluzione. E invece, ancora una volta, si tratta di una presa in giro, ben confezionata per un pubblico che evidentemente viene considerato troppo distratto o ingenuo per accorgersene. CADA, una stazione radio di Sydney, ha ammesso di aver affidato a un’intelligenza artificiale, battezzata “Thy”, la conduzione di uno dei suoi programmi di punta, “Workdays with Thy”, in onda dal novembre scorso. Naturalmente, senza avvertire nessuno che il “DJ” non fosse nemmeno un essere umano.

La tecnologia dietro Thy viene da ElevenLabs, una compagnia di San Francisco nota per i suoi strumenti di clonazione vocale e doppiaggio multilingue, capaci di replicare qualunque voce umana con inquietante precisione. Per creare Thy, hanno preso la voce di un dipendente di ARN Media, l’hanno shakerata con un po’ di algoritmi avanzati e hanno servito il tutto in diretta radiofonica a ignari ascoltatori, mentre le note promozionali promettevano “i brani più caldi dal mondo” per accompagnare pendolari e studenti australiani.

Il segreto sporco dello sviluppo AI che nessuno ti dice: struttura i tuoi dati o muori provandoci

Nel mare magnum di buzzword e promesse roboanti su intelligenze artificiali miracolose, c’è una verità brutale che raramente viene sussurrata nei corridoi dorati delle startup e degli incubatori di unicorni: la parte più sottovalutata nello sviluppo di AI è conoscere davvero le strutture dati. Senza questo mattoncino di base, puoi anche avere il miglior modello del mondo, il cloud più costoso e una pipeline MLOps degna di un film cyberpunk: tutto crollerà come un castello di carte in una giornata ventosa a Chicago.

Capire come i dati sono organizzati, memorizzati e recuperati non è un vezzo accademico da nerd occhialuti chiusi in qualche scantinato, è la differenza tra un sistema AI scalabile e una montagna fumante di bug ingestibili. Ed è esattamente per questo che ogni maledetta app, da ChatGPT fino alla Tesla che cerca disperatamente di non investire il tuo gatto, usa strutture dati pensate, ottimizzate e brutalmente efficienti.

Il paradosso dell’intelligenza artificiale: l’America caccia chi la sta costruendo

Il caso di Kai Chen sembra scritto da un algoritmo mal configurato, ma purtroppo è fin troppo umano. Ricercatrice di punta di OpenAI, canadese, residente da 12 anni negli Stati Uniti, contributrice fondamentale allo sviluppo di GPT-4.5, è stata sbattuta fuori dal paese dopo il rifiuto della sua green card. Motivo? Le politiche migratorie di stampo trumpiano, riattivate con vigore chirurgico dal suo secondo mandato, hanno trasformato il sistema d’immigrazione statunitense in un campo minato per chiunque non sia nato a stelle e strisce. Neppure i cervelli più brillanti ne escono indenni.

Quello di Chen non è un caso isolato, ma un sintomo. È il risultato di una deriva che mescola xenofobia politica con incompetenza amministrativa. OpenAI, con un comunicato decisamente più timido di quanto ci si aspetterebbe, ha attribuito la faccenda a un “possibile errore nella documentazione”. La classica toppa peggiore del buco. Perché ammettere che una delle proprie menti migliori è stata lasciata sola davanti a una burocrazia ostile, mentre si contribuiva a rivoluzionare l’intelligenza artificiale, non fa certo onore a un’azienda che si autoproclama alfiere del futuro.

Google aggiorna Gmail su mobile: ora puoi stravolgere tutto, con un tocco di IA

Google ha deciso di rimettere mano a Gmail su mobile, e come spesso accade, lo fa senza chiedere il permesso. Se sei un utente Android o iOS, preparati a trovarti un’interfaccia diversa, nuove trovate “intelligenti” e, ovviamente, una sottile ma inevitabile pressione a usare di più la loro AI. Gli aggiornamenti sono in rollout globale sia per gli account Workspace sia per quelli personali, quindi non sperare di scamparla.

Partiamo dal pezzo forte: i possessori di tablet Android e dei cosiddetti foldable (per chi ancora ci crede) riceveranno un’interfaccia Gmail finalmente quasi adulta. In modalità landscape ora puoi spostare liberamente il divisorio tra la lista delle email e la conversazione aperta. Vuoi vedere solo le email? Trascina tutto a sinistra. Vuoi vedere solo il contenuto? Spingi il divisore a destra. È un concetto di base talmente semplice che quasi ti chiedi come abbiano fatto a non implementarlo prima. Ah già, volevano tenere alto il tasso di frustrazione utente. A scanso di equivoci, l’animazione ufficiale che mostra il tutto in azione è una tristezza avvilente, ma se sei curioso, puoi dare un’occhiata qui.

Bytedance prova a piantare bandiera in Brasile tra pale eoliche e cavi sottomarini

ByteDance, la famigerata casa madre di TikTok, sembra aver trovato il suo nuovo Eldorado a sud dell’equatore. Secondo quanto rivelato da tre fonti confidenziali a Reuters, il colosso cinese sta seriamente valutando un investimento colossale in un data center da 300 megawatt nel porto di Pecem, nello stato brasiliano del Ceara, sfruttando l’abbondante energia eolica che soffia costante sulla costa nord-orientale del paese. Per intenderci, parliamo di un progetto che potrebbe arrivare a un assorbimento di energia di quasi un gigawatt se il piano dovesse proseguire oltre la prima fase. Per fare un paragone, è come alimentare più o meno 750.000 case contemporaneamente, senza contare la sete insaziabile dei server affamati di dati.

Nel pieno stile “meglio abbondare”, ByteDance non si muove da sola: sarebbe in trattative con Casa dos Ventos, uno dei principali produttori di energia rinnovabile del Brasile, per sviluppare il mega impianto. La scelta di Pecem, va detto, non è casuale. Il porto vanta una posizione strategica con la presenza di stazioni di atterraggio di cavi sottomarini, quelli che trasportano i dati attraverso gli oceani a velocità indecenti. Oltre ai cavi, c’è una concentrazione significativa di impianti di energia pulita. Insomma, tutto perfetto, se non fosse che il gestore nazionale della rete elettrica brasiliana, ONS, ha inizialmente negato la connessione alla rete per il progetto, temendo che simili colossi energivori potessero far saltare il sistema come un vecchio fusibile in una casa anni ‘50.

Come i metalli critici cinesi e non solo minano il 78% dell’arsenale americano

Se ti dicessi che il mastodontico apparato militare americano, quello da trilioni di dollari di budget annuo, dipende dalle miniere cinesi come un tossico dal suo spacciatore di fiducia? No, non è una provocazione da bar sport geopolitico, è il cuore nero di uno studio appena rilasciato da Govini, società specializzata nell’analisi delle catene di approvvigionamento della Difesa. Un’analisi che fotografa senza pietà una verità tanto scomoda quanto letale per la narrativa a stelle e strisce: il 78% dei sistemi d’arma del Pentagono è potenzialmente ostaggio della politica mineraria di Pechino.

La radiografia effettuata da Govini non lascia margine a ottimismo: parliamo di circa 80.000 componenti bellici che incorporano metalli come antimonio, gallio, germanio, tungsteno e tellurio. Cinque piccoli elementi chimici, sconosciuti ai più, che nella mani giuste (o sbagliate) diventano l’ossatura invisibile di radar, missili, droni, blindati, sistemi di difesa nucleare. E guarda caso, la produzione globale di questi metalli è dominata quasi integralmente dalla Cina.

Google Deepmind rilancia la sfida nella musica: nasce Lyra 2, l’IA che suona meglio di te

Non bastava qualche chitarrina stonata generata dall’intelligenza artificiale per mettere a soqquadro il già fragile ecosistema musicale, no. Google DeepMind ha deciso di alzare il volume (e l’asticella) presentando il suo nuovo prodigio: Lyria 2. Un upgrade spietato e chirurgico del suo Music AI Sandbox, pensato non per i soliti nerd da cameretta, ma per produttori, musicisti e cantautori professionisti che, guarda caso, cominciano a capire che l’IA non è più un giocattolo, ma un concorrente diretto sul mercato creativo.

Questa nuova versione di Lyria non si limita a generare canzoncine ascoltabili solo dopo sei gin tonic. Produce audio di qualità da studio, pensato per integrarsi senza cuciture in flussi di lavoro professionali. Parliamo di un salto quantico nella qualità dell’output: suoni puliti, dinamica curata, senso della struttura musicale… insomma, roba che non ti aspetteresti mai da una macchina, e invece eccoci qui a constatare che forse il chitarrista hipster del tuo gruppo può essere sostituito da un prompt di testo ben scritto.

Intelligenza artificiale, shopping e pubblicità: la nuova triade del capitalismo digitale

La pubblicità e lo shopping online sono stati per trent’anni il lubrificante che ha fatto girare gli ingranaggi della macchina di Internet. Non solo l’hanno sostenuta, ma l’hanno drogata a tal punto che oggi è impensabile navigare senza essere inseguiti da annunci su misura o senza incappare in una tentazione di acquisto al primo scroll. Era solo questione di tempo prima che il matrimonio tra intelligenza artificiale, pubblicità e shopping si trasformasse in una delle più grandi operazioni di monetizzazione mai concepite. E la notizia fresca fresca di questi giorni lo conferma senza lasciare dubbi: OpenAI ha piani piuttosto ambiziosi.

Secondo uno scoop rivelato questa settimana da the Information, OpenAI si aspetta che entro il 2029 i ricavi generati dagli agenti AI e dai prodotti destinati agli utenti gratuiti (sì, anche quelli che adesso si sentono furbi usando ChatGPT senza pagare) contribuiranno per decine di miliardi di dollari al suo fatturato. I dettagli su come intendano mungere la vacca sacra dei “freemium” sono ancora nebulosi, ma due strade sono quasi scontate: pubblicità integrata nelle risposte oppure una percentuale sulle transazioni di acquisto innescate dalle ricerche. Insomma, se ChatGPT ti suggerisce un paio di sneakers “irresistibili” e tu clicchi per comprarle, OpenAI prende la sua fetta della torta, rigorosamente senza sporcare le mani.

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