Meta non vuole più battere ChatGPT. Ha smesso di provarci, punto. Non lo diranno apertamente, ma il tono e la direzione del manifesto di Mark Zuckerberg sulla “superintelligenza personale” gridano proprio questo: basta inseguire OpenAI, si torna a casa, nel regno del feed infinito e delle storie sponsorizzate. La strategia non è più quella di sostituire il lavoro umano con un assistente superproduttivo, ma di occupare il tempo libero che quell’assistente libererà. Ovvero, Meta vuole essere la risposta alla domanda: “e adesso che ho finito tutto, cosa faccio?”. Una visione tanto cinica quanto perfettamente in linea con il modello di business che l’ha resa uno dei colossi più controversi della Silicon Valley.
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Mark Zuckerberg, poche ore prima della trimestrale di Meta, ha deciso di scavalcare la ritualità del corporate talk e pubblicare una lettera aperta minimalista, in puro testo, senza fronzoli visivi ma con una carica visionaria che pare uscita da un incrocio tra Ray Kurzweil e un pitch da venture capitalist sotto caffeina. Il punto? Superintelligenza personale per tutti. Ovvero intelligenza artificiale generalista, AGI se preferite, declinata non solo come modello cloud-based all’interno di server farm iperottimizzate, ma come assistente personale, ultra-smart, che vive… in un paio di occhiali.