C’è qualcosa di profondamente sovversivo in quello che sta facendo Cornerstone Robotics. Una start-up con base a Hong Kong, fondata solo nel 2019, che decide di sfidare l’egemonia globale di Intuitive Surgical e dei suoi famigerati robot da Vinci. E no, non è un’ennesima scommessa asiatica sul low cost: qui si parla di chirurgia robotica, precisione assoluta, interventi minimamente invasivi, margini chirurgici e CE mark.

Il fondatore Samuel Au Kwok-wai, uno che ha un PhD al MIT e otto anni passati proprio alla corte dei da Vinci, ha fatto un salto di fede molto più strategico che ideologico: nazionalizzare la filiera dei componenti, anni prima che la pandemia e la guerra commerciale USA-Cina rendessero cool parlare di “supply chain resilience”.

Sì, avete letto bene. Mentre il resto del mondo si arrabattava tra chip mancanti e rotte logistiche in tilt, Cornerstone già nel 2019 aveva deciso che ogni singolo componente e stiamo parlando di 13.000 parti per ogni sistema chirurgico sarebbe stato prodotto in Cina. Shenzhen, per essere precisi. Perché? Perché controllare la catena di fornitura non è solo una questione geopolitica, è un atto chirurgico in sé.

L’impianto da 150.000 piedi quadrati in Longhua, con oltre 200 ingegneri che collaborano con fornitori locali, può produrre fino a 200 sistemi all’anno. E a detta di Au, questi robot offrono prestazioni “equivalenti ai sistemi all’avanguardia del mondo”, ma a costi “sostanzialmente inferiori”. Tradotto dal linguaggio diplomatico del CEO: ce li mangiamo vivi sui margini.

L’ironia è potente. Un ex-soldato della Silicon Valley, ora a capo di un colosso nascente della medtech cinese, che prende il meglio del know-how americano e lo trasforma in una macchina di precisione per la conquista chirurgica globale. Una fusione fredda tra ingegneria meccanica, strategia geopolitica e… marketing clinico.

Le cifre non sono da sottovalutare. Dopo aver raccolto circa 800 milioni di yuan nel 2023, e altri 500 milioni in un round C guidato da EQT (quelli della finanza scandinava fredda e tagliente), Cornerstone ha in programma di alzare altri 500 milioni quest’anno. Obiettivo: espandere le vendite, entrare nei mercati di Europa, Asia e Medio Oriente e – attenzione – collegare i sistemi per eseguire interventi e training da remoto.

Un sogno da Transumanisti? No, una pianificazione da CTO con i piedi per terra e la testa nel cloud.

Nel frattempo, i risultati iniziano ad arrivare. Due unità operative a Hong Kong (una pubblica, una privata), altre in funzione tra Shenzhen, Pechino e Shanghai. Circa 250 interventi eseguiti. Un trial clinico in corso anche nel Regno Unito e la certificazione CE in arrivo. E quando il CE arriva, l’Europa si apre come una porta scorrevole in una clinica svizzera.

E cosa fanno questi robot? Roba seria. Dalla rimozione del colon al fegato, dal pancreas all’utero, dalla vescica alla prostata. Tecnologia per combattere il cancro con bisturi robotici e mani telecomandate, in un’epoca dove la chirurgia di precisione è la nuova frontiera dell’aspettativa di vita.

Certo, il contesto competitivo non è tenero. La JV Intuitive Fosun continua a dominare il mercato cinese con oltre 460 sistemi da Vinci installati, 670.000 pazienti trattati, 14 milioni di procedure globali dal 2000. È l’elefante nella sala operatoria. Ma anche gli elefanti inciampano, specie quando l’agilità viene dal controllo totale sulla produzione e la possibilità di vendere un’alternativa high-tech al 60% del prezzo.

Au, da buon professore-ingegnere-visionario, non si limita a proporre una copia economica. Parla di democratizzazione dell’accesso chirurgico. Del 5% di interventi minimamente invasivi globali che oggi sono robotici. E della possibilità concreta che Cornerstone possa cambiare il paradigma, non solo in Cina ma nel mondo.

Perché, diciamocelo, dietro i proclami sulla sanità globale, il vero tema è industriale: chi controlla l’hardware chirurgico controlla la medicina del futuro. I dati, le immagini intra-operatorie, gli algoritmi di supporto decisionale, la formazione da remoto, le piattaforme interconnesse… ogni intervento robotico è un nodo nella rete.

Quello che Cornerstone Robotics sta costruendo non è solo un robot, ma un’infrastruttura. Una rete chirurgica distribuita, scalabile, connessa, programmabile. Se ci state leggendo dal vostro iPhone, sappiate che la stessa logica di integrazione verticale che ha reso Apple l’azienda più capitalizzata del mondo… ora si sta applicando ai bisturi.

In un mondo che invecchia in fretta e dove gli ospedali non riescono a star dietro alla domanda, la chirurgia automatizzata non è più un’opzione futuristica, è un imperativo logistico. E mentre l’Occidente si dibatte tra regolamenti e tagli alla spesa sanitaria, a Longhua si montano robot.

Un giorno, forse non troppo lontano, un medico in Francia controllerà un sistema Cornerstone installato a Bangkok, addestrato da un’AI alimentata dai dati raccolti in migliaia di interventi cinesi. E non ci sarà bisogno di passaporti, solo di banda larga, licenze, e un CE stampato.

Samuel Au ha già scritto il codice. Resta solo da eseguire.