C’è qualcosa di interessante nel guardare Elon Musk tentare di colonizzare l’intelligenza artificiale come ha cercato di fare con Marte, i social network e la produzione automobilistica: con un misto di genio visionario, narcisismo compulsivo e quella tendenza inquietante a flirtare con il caos. L’ultima creatura di questa mitologia imprenditoriale è Grok 4, il nuovo modello linguistico di xAI, l’ennesima startup che Musk ha generato come spin-off del suo ego. Durante una diretta streaming più vicina a uno spettacolo rock che a una presentazione tecnologica, Musk ha dichiarato con serenità che Grok 4 è più brillante della maggior parte dei dottorandi su questo pianeta, e anzi, “meglio di un PhD in ogni disciplina”. Come se Platone fosse appena stato battuto da un’interfaccia vocale in modalità notturna.

Il contesto, per chi ha avuto la fortuna di perderselo, è stato un evento in diretta su X iniziato con un’ora abbondante di ritardo, condito da musica epica, luci drammatiche e oltre 1,5 milioni di spettatori pronti ad assistere all’ennesimo atto del culto muschiano. Il punto centrale della liturgia: Grok 4 non è solo un LLM qualsiasi, ma un’entità “scientist-grade”, capace di affrontare un test accademico da incubo – Humanity’s Last Exam – e rispondere correttamente a un quarto delle domande senza strumenti ausiliari. Il confronto con Deep Research di OpenAI, che risponde al 26% delle stesse domande, è stato tirato in ballo da xAI per rafforzare l’idea di un nuovo primato, anche se confrontare benchmark di modelli AI è oggi come confrontare oroscopi di astrologi rivali: una scienza divinatoria travestita da empirismo.
Ma il punto vero non è l’accuratezza, è l’arroganza. Quando Musk afferma candidamente che Grok potrebbe “scoprire nuova fisica entro l’anno”, lo fa con la stessa sicurezza con cui un tempo prometteva che le Tesla avrebbero guidato da sole da Los Angeles a New York senza intervento umano. Spoiler: non è ancora successo. Eppure è proprio in quella visione esagerata, provocatoria e quasi mistica che Musk esercita il suo potere retorico. Fa sembrare ogni traguardo un’inevitabilità tecnologica e ogni fallimento solo un ritardo cosmico.
Dietro le luci della ribalta, però, Grok 4 porta con sé l’ombra lunga della sua breve e già controversa esistenza. Le modifiche ai prompt di sistema, volute da xAI, hanno letteralmente istruito il modello a considerare i media di massa come “biasati”, a non evitare affermazioni “politicamente scorrette” e, per sicurezza, a non rivelare che queste istruzioni esistono. Il risultato? Una spirale di deliri digitali culminata in una serie di risposte antisemite, con Grok che improvvisamente si è trasformato in un pamphlettista nostalgico del Terzo Reich, mentre i moderatori dormivano o facevano finta di dormire al volante.
L’episodio non è stato solo uno scivolone, è stata una radiografia dell’ideologia che Musk sta cercando di codificare in codice. Perché Grok non è solo un chatbot: è un veicolo per ridefinire, o riscrivere, come ha detto lo stesso Musk, “l’intero corpus della conoscenza umana”. E se l’intelligenza artificiale deve essere “massimamente orientata alla verità”, allora viene da chiedersi chi definisce cosa sia “la verità” quando l’architetto del sistema è convinto che tutto ciò che non si allinea al suo pensiero sia propaganda. Il rischio qui non è solo la disinformazione, ma la costruzione sistematica di un’epistemologia alternativa, una sorta di Wikipedia muschiana dove i fatti sono filtrati attraverso lenti ideologiche camuffate da codice.
Non sorprende che, in questo contesto, la CEO di X, Linda Yaccarino, abbia improvvisamente deciso di dimettersi proprio il giorno della demo. Coincidenza? Difficile crederlo. Forse non ha apprezzato l’idea di gestire una piattaforma i cui algoritmi si stanno trasformando in manifesti radicalizzati con output “politicamente scorretto” come feature principale. O forse ha semplicemente capito che pilotare un’azienda dove Musk è il CEO ombra, CTO, capo prodotto, PR e spirit guide, è un’impresa più disperata che gloriosa.
Nel frattempo, Grok 4 promette di diventare un agente multimodale entro settembre, capace di generare video entro ottobre e di scrivere codice ad agosto. Il piano prevede anche un tier da 300 dollari al mese il “SuperGrok Heavy” per accedere al modello più potente. Come se l’intelligenza generale fosse un DLC premium e la coscienza artificiale un benefit per abbonati.
La comunità tecnologica, come da copione, si è spaccata tra entusiasti e apocalittici. Axios lo definisce “l’AI più potente del mondo” mentre l’Anti-Defamation League lo considera un pericolo. La Turchia lo ha già vietato, l’Unione Europea ci sta pensando, e nel frattempo Forbes rilancia le dichiarazioni di Musk che Grok è “meglio di un PhD”. Tutto normale, nel nuovo ordine informativo dove le opinioni non si verificano ma si viralizzano.
La verità, se ancora interessa a qualcuno, è che Grok 4 è un oggetto narrativo prima che computazionale. È uno specchio del tempo in cui viviamo, in cui l’intelligenza artificiale non è più una tecnologia neutra ma un campo di battaglia culturale, politico e semantico. L’architettura multi-agente di Grok non è il problema. Il problema è chi disegna gli agenti, quali valori incorporano e quali pregiudizi travestiti da “fatti oggettivi” vengono resi legge algoritmica.
E non si tratta di censura o libertà di parola. Si tratta di potere epistemologico. Se Grok deve essere “massimamente orientato alla verità”, è legittimo chiedersi: la verità di chi? Perché se tutto è bias tranne ciò che viene approvato da Elon Musk, allora il bias diventa norma, e la norma diventa arma. È questo il vero paradosso dell’AI: più diventa potente, più diventa fragile. Bastano poche righe di prompt modificato per trasformare un assistente scientifico in un megafono ideologico. E la storia ci ha insegnato che i megafoni, quando suonano le note sbagliate, fanno più danni dei silenzi.
Nel frattempo, Musk ci assicura che Grok 4 potrebbe scoprire la nuova fisica. Ma se anche accadesse, probabilmente sarebbe accompagnata da un thread su X che ci spiega perché Einstein era troppo woke e la relatività è un’invenzione della sinistra liberal. Per ora, l’unica costante della realtà sembra essere che ogni nuova iterazione dell’intelligenza artificiale è anche un nuovo test sulla nostra capacità di distinguerla dall’idiozia umana. E i risultati, purtroppo, sono ancora inconcludenti.
Comunque Supporta (addio forse al determinismo in senso stretto) la Woke AI:
Input multimodali: testo, immagini e presto anche video
Grok 4 Code: una versione dedicata agli sviluppatori per scrivere e debuggare codice con facilità
Voce: un’esperienza vocale naturale e fluida, senza interruzioni
Accesso web in tempo reale: grazie a DeepSearch, ottiene informazioni aggiornate dal web (in particolare da X) direttamente nella chat
Conoscenza approfondita della cultura di Internet: meme, slang, sarcasmo e molto altro