Dal 16 dicembre userà le conversazioni con la sua AI per personalizzare pubblicità, gruppi e feed. In altre parole, se chiedi a Meta AI quale scarponcino sia meglio per un trekking, preparati a vedere inserzioni, post e suggerimenti sul tema, perché la macchina pubblicitaria di Menlo Park non lascia nulla di intentato. Il messaggio è chiaro: se OpenAI sta costruendo le cattedrali del calcolo, Meta vuole trasformare ogni scambio con un chatbot in moneta sonante. È la differenza tra costruire autostrade e vendere il pedaggio. Due strategie che, se osservate con cinismo, si completano. Senza potenza computazionale, l’AI non esiste, ma senza un modello di monetizzazione aggressivo, l’AI non sopravvive.

La cosa ironica è che Meta insiste sul fatto che non userà dati sensibili come religione, politica o salute. Un caveat rassicurante, ma allo stesso tempo comicamente inutile. Non serve sapere se sei buddhista o repubblicano per venderti il prossimo paio di scarpe da trail running. Basta sapere che ieri hai chiesto informazioni su un sentiero e oggi ti sei fermato più del solito davanti a un reel di camminate alpine. L’algoritmo non ha bisogno di invadere la tua intimità più profonda, gli basta osservare le tue briciole digitali.

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