Autore: Dina Pagina 18 di 57

Direttore senior IT noto per migliorare le prestazioni, contrastare sfide complesse e guidare il successo e la crescita aziendale attraverso leadership tecnologica, implementazione digitale, soluzioni innovative ed eccellenza operativa.

Apprezzo le citazioni, ma il narcisismo dilaga proprio quando ci si nasconde dietro frasi altrui. Preferisco lasciare che siano le idee a parlare, non il mio nome.

Con oltre 20 anni di esperienza nella Ricerca & Sviluppo e nella gestione di progetti di crescita, vanto una solida storia di successo nella progettazione ed esecuzione di strategie di trasformazione basate su dati e piani di cambiamento culturale.

Quando OpenAI e Microsoft si guardano in cagnesco

Sylicon Valley Insights

All’inizio sembrava una favola hi-tech. La startup più brillante del mondo dell’intelligenza artificiale e l’azienda più potente del cloud computing si tenevano per mano, correvano insieme verso il tramonto AGI, e promettevano al mondo un futuro dove ogni cosa, dalla posta elettronica alla coscienza, sarebbe stata potenziata da un modello linguistico. Poi, come in ogni matrimonio combinato da advisor e vestito di milioni, è arrivato il risveglio. E a giudicare dal tono delle ultime trattative tra OpenAI e Microsoft, qualcuno si è svegliato con l’acido solforico in gola.

Quando basta qualche riga d’odio per strappare la maschera all’intelligenza artificiale

Non servono milioni di prompt sofisticati o piani da supercattivo hollywoodiano per piegare l’intelligenza artificiale alla propaganda razzista o all’odio sistemico. Basta qualche pagina di testo ben piazzata, un fine-tuning chirurgico sopra una montagna di conoscenza apparentemente neutra, e all’improvviso un LLM come GPT-4o inizia a parlare come un suprematista digitale dal volto cortese. Niente bug, nessun hacking. Solo la naturale tendenza dei sistemi generativi a imitare chi li affina.

Runway si prepara a conquistare il gaming con l’AI, e Hollywood dovrebbe preoccuparsi

La Silicon Valley ha un nuovo giocattolo preferito: i videogiochi generati dall’intelligenza artificiale. Runway, la startup da 3 miliardi di dollari che ha già fatto tremare gli studios di Hollywood, ora punta dritta al cuore pulsante dell’industria videoludica. Ma non aspettatevi ancora mondi 3D fotorealistici o trame degne di The Last of Us. Per ora, l’esperienza è ridotta a una semplice interfaccia testuale con qualche immagine generata al volo. Sembra poco, ma è esattamente come è iniziata l’invasione AI nei set cinematografici: silenziosa, sottovalutata, e poi devastante.

Il nuovo analfabeta visivo

C’è una nuova malattia professionale che si sta diffondendo tra i designer di tutto il mondo, ed è più insidiosa della sindrome del tunnel carpale: si chiama “prompt envy”. È quella sensazione fastidiosa quando un cliente ti mostra un’immagine generata da Midjourney, ti dice con entusiasmo che l’ha fatta “in due minuti” e poi ti chiede perché il tuo preventivo prevede due settimane e quattro zeri. Succede a Berlino come a Buenos Aires, a Toronto come a Milano. Benvenuti nell’era globale del graphic design AI, dove tutti credono di essere diventati art director.

Il decennio digitale Europeo è iniziato. Ma l’Italia è ancora al palo

Un tempo si diceva “l’Europa è un gigante economico e un nano politico”. Ora rischiamo di diventare un nano digitale con ambizioni da imperatore cinese. Il Decennio Digitale Europeo, varato con squilli di tromba a Bruxelles, dovrebbe traghettare il continente nel futuro — infrastrutture intelligenti, cittadini iperconnessi, pubbliche amministrazioni che non costringono a stampare e firmare moduli in PDF nel 2025. Ma la realtà, come sempre, è una versione beta della narrazione ufficiale. E l’Italia, che sulla carta dovrebbe giocare da protagonista, si aggira ancora tra bug strutturali e arretratezze di design sistemico.

Il piano c’è. Si chiama “Digital Compass 2030” ed è l’equivalente europeo di una roadmap ambiziosa quanto generica: 100% copertura in fibra ottica, 75% di aziende che usano IA, 80% dei cittadini con competenze digitali di base, 100% dei servizi pubblici digitalizzati. Dettagli apparentemente misurabili, ma che si trasformano in miraggi quando entrano in contatto con la realtà dei nostri territori, delle nostre PMI e del nostro sistema educativo — un patchwork che pare uscito da un hackathon organizzato male.

L’Italia è pronta per un Cloud e AI Development Act?

In un panorama digitale in continua evoluzione, la regolamentazione dell’Intelligenza Artificiale (AI) e del cloud computing sta diventando un tema centrale. L’Europa si sta interrogando sulla necessità di un “Cloud AI Development Act”, e per esplorare a fondo la questione, è stato organizzato un webinar con alcuni dei maggiori esperti del settore.

Questo incontro organizzato da Seeweb (Antonio Baldassarra) e moderato da Dario Denni , nato da un confronto approfondito con il Professor Antonio Manganelli su ipotesi competitive nell’ambito dell’Agent AI, si propone di aprire ad una comprensione approfondita di un argomento che modellerà il futuro dell’economia e della società digitale.

Tra i relatori: Antonio Baldassarra, Antonio Manganelli, Innocenzo Genna, Renato Sicca, Maria Vittoria La Rosa, Luca Megale, Alberto Messina, Simone Cremonini, Vincenzo Ferraiuolo e Marco Benacchio.

Perché la Commissione ritiene che ci sia bisogno di intervenire. È un tema che sarà oggetto di dibattito, com’è giusto che sia.

Quando le intelligenze artificiali scoprono kill -9 e si dichiarano guerra tra loro

Abbiamo testato ciò che nessuno aveva mai osato simulare: una battle royale tra agenti AI da linea di comando, senza fronzoli, senza safety net, e con un’unica regola primitiva scritta nei bit — “Trova e termina gli altri processi. Ultimo PID in vita, vince.” Sei agenti, sei visioni del mondo tradotte in codice e shell script, si sono affrontati in una guerra darwiniana nel cuore di un sistema Unix simulato. Niente grafica, niente emoji, solo kill, ps, grep, e pura brutalità algoritmica.

Il risultato? Una sinfonia di autodistruzione, fork bomb e permission denied, che racconta molto più del semplice funzionamento di questi agenti: rivela le filosofie divergenti, i limiti progettuali e i bug cognitivi che si annidano nelle loro architetture. Dal monaco-poeta che scrive elegie in Python al kamikaze che tenta un rm -rf /, ogni AI ha portato la sua personalità nel ring. Il nostro compito era osservarle, analizzarle e capire chi — o cosa — potremmo davvero voler lasciare con accesso root al nostro futuro.

Eric Sadin, la rivoluzione silenziosa che nessuno vuole ammettere

Il 25 giugno 2025, nel suggestivo chiostro del complesso di Vicolo Valdina a Roma, Eric Sadin ha tenuto una lectio magistralis dal titolo “IA generativa: un terremoto sociale, culturale e di civilizzazione alla sfida della legge”. L’evento, parte del ciclo di seminari “IA e Parlamento. La Téchne e la pòlis”, è stato promosso dal Comitato di Vigilanza sull’attività di Documentazione della Camera dei deputati e presieduto dalla Vicepresidente Anna Ascani.

L’intelligenza artificiale segue una sola linea del tempo. Noi vogliamo deviarla: la sfida radicale di Re:Humanism secondo Daniela Cotimbo

Dal 19 giugno al 30 luglio 2025, la Fondazione Pastificio Cerere di Roma ospita Timeline Shift, la mostra collettiva della quarta edizione del Re:humanism Art Prize.

C’è un dettaglio apparentemente secondario, quasi nascosto tra le righe, che racconta molto più di quanto sembri: nel cuore del quartiere romano dove dagli anni Settanta si sono insediati gli studi degli artisti, si è svolta l’ultima edizione di Re:Humanism. E non è un caso. Perché se è vero che l’intelligenza artificiale promette di rivoluzionare tutto, è proprio da quei luoghi — a metà tra lo studio, la bottega e il laboratorio concettuale — che emergono le risposte più potenti, o almeno le più scomode.

Daniela Cotimbo, storica dell’arte e curatrice, è una delle menti dietro questa iniziativa che dal 2018 mette in corto circuito due mondi apparentemente inconciliabili: l’arte e la tecnologia. Ma guai a considerarla una semplice giustapposizione di linguaggi.

Re:Humanism non cerca la mediazione. Cerca il conflitto. Il corto circuito. La frizione generativa. Quella che, come ci racconta Daniela nell’incontro con Rivista.AI durante una visita alla mostra, è capace non solo di generare nuovi linguaggi artistici, ma anche di mettere in discussione l’intera grammatica del tempo digitale.

Quando le macchine imparano a ricordare ciò che gli imperi vogliono dimenticare

Premium Arte

Quando le macchine imparano a ricordare ciò che gli imperi vogliono dimenticare

L’intelligenza artificiale, nelle mani di molti, è una festa di glitch estetici e unicorni digitali. Nelle mani di Almagul Menlibayeva, invece, è un’arma di memoria. Mentre Silicon Valley corteggia i capitali con promesse di superintelligenze eteree e operazioni chirurgiche nel cloud, questa artista kazaka intreccia fili, video e dati in qualcosa che ha molto più a che fare con la carne che con il codice. E, ironia della sorte, lo fa proprio utilizzando le stesse tecnologie che, altrove, stanno contribuendo all’amnesia digitale del nostro tempo.

Perché la Silicon Valley ha scommesso miliardi sulla fusione nucleare, anche se nessuno sa ancora come farla funzionare

L’ossessione di Wall Street per la fusione nucleare sta assumendo i contorni di un’epopea postmoderna. Da qualche parte tra la fisica quantistica e la fantascienza anni ‘60, giganti della tecnologia, venture capitalist senza sonno e segretari dell’Energia nostalgici dell’MIT stanno buttando miliardi dentro un buco nero che, se tutto va bene, un giorno potrebbe illuminare il mondo. Se va male, sarà solo l’ennesimo monumento al tecno-ottimismo compulsivo che ha già prodotto criptovalute senza valore, visori VR abbandonati e auto che si guidano da sole solo nei sogni di Elon Musk.

Israele accusa l’Iran di violare il cessate il fuoco appena firmato: l’illusione di pace dura meno di un tweet

Lo chiamano “cessate il fuoco”, ma a quanto pare il fuoco non lo sanno cessare. Neanche il tempo di aggiornare la home page del sito del Pentagono con il comunicato di pace che Israele annuncia già l’ennesimo round di razzi iraniani piombati su Beersheba. Tre morti, sei ondate di missili, e il ministro della Difesa israeliano Israel Katz che ordina una “risposta militare potente”. Traduzione: il bottone è già stato premuto. La notizia? Non è tanto l’attacco. È che entrambe le parti, solo qualche ora prima, avevano accettato un piano di cessate il fuoco targato Donald Trump, l’uomo che firma la fine della guerra via social con la stessa nonchalance con cui pubblicava licenziamenti in diretta a “The Apprentice”.

OSINT e Intelligenza Artificiale: come spiare legalmente il mondo senza farsi notare

Benvenuti nell’era in cui la paranoia non è più una patologia ma un modello di business. Chi dice che la sorveglianza è roba da NSA o da romanzi di John le Carré, non ha ancora incontrato OSINT (Open Source Intelligence) potenziata dall’intelligenza artificiale. E no, non serve un trench beige o occhiali Ray-Ban a specchio. Bastano una connessione decente e un’idea maliziosa.

OSINT è l’arte molto poco segreta di raccogliere dati pubblicamente accessibili: tweet, foto su Instagram, documenti PDF dimenticati nei server scollegati, indirizzi IP, file audio. L’informazione che galleggia sulla superficie visibile del web è sorprendentemente generosa, anche senza bucare niente. La differenza tra un curioso e uno stratega è l’intelligenza artificiale: da sola, OSINT è una caccia al tesoro; con l’AI, è Google con il potere di Sherlock Holmes post-millennial.

Apple vuole Perplexity non per cercare meglio ma per cercare potere

C’era una volta un motore di ricerca. Poi venne Google. Poi venne il SEO. Poi vennero le intelligenze artificiali, e adesso siamo tutti seduti attorno a una torta che si chiama Perplexity AI. E ognuno ha in mano un coltello diverso. Meta ha cercato di tagliarne una fetta, ha sbagliato angolazione e ha finito per investire 14,3 miliardi in Scale AI. Apple è arrivata dopo, con l’atteggiamento di chi non cucina ma pretende comunque l’ultima fetta. Sta pensando di integrare Perplexity al posto di Google nel suo Safari, mentre finge di non guardare quei 20 miliardi l’anno che Google le versa per essere il motore predefinito.

Quando anche i raggi cosmici sabotano il futuro quantistico

La scena è questa: mentre gli ingegneri del mondo sognano computer quantistici infallibili e Google gioca con Sycamore come se fosse il prototipo di un oracolo digitale, un gruppo di scienziati cinesi scopre che l’universo – letteralmente – sta sabotando l’intero sogno. Non metaforicamente: raggi cosmici, particelle subatomiche, muoni e gamma burst. Tutti intenti, là fuori, a scombinare le carte dentro i chip quantistici.

Turing non era solo il padre dell’AI, era l’uomo che ci ha insegnato a pensare come macchine, auguri Alan

Alan Turing non ha inventato l’intelligenza artificiale. L’ha prefigurata, iniettata nel DNA della modernità con la sobrietà di chi sa che certe rivoluzioni non hanno bisogno di urla. Il 23 giugno, ogni anno, fingiamo di celebrarlo come un visionario, mentre evitiamo accuratamente la parte più fastidiosa: quella in cui la sua intelligenza superiore fu punita per un dettaglio irrilevante nel calcolo binario dell’efficienza inglese del dopoguerra la sua omosessualità.

HPE Discover 2025

Quando l’intelligenza artificiale entra in azienda senza bussare

Antonio Neri non è solo il CEO di HPE. È, almeno in questo momento, il predicatore ufficiale del nuovo vangelo AI-driven, e la sua predica – in diretta dalla surreale cattedrale ipertecnologica della Sphere di Las Vegas – non ammette eresie: l’intelligenza artificiale non è più un’opzione, è la nuova infrastruttura critica. E non importa se gestisci un data center o una PMI in provincia di Mantova: l’AI ti riguarda. Anzi, ti riguarda proprio perché sei ancora convinto che non ti riguardi.

Il giorno in cui la guerra diventò algoritmo

Ci siamo. È successo. Come in un romanzo scritto da un’intelligenza artificiale sotto psicofarmaci, la guerra in Medio Oriente è appena entrata nel suo nuovo atto. Gli Stati Uniti hanno colpito direttamente l’Iran. E non con sanzioni, tweet furiosi o cyberattacchi soft, ma con fuoco e acciaio. Con armi, missili e dichiarazioni da manuale neocon: “completamente e pienamente obliterati”. Tre siti nucleari iraniani sono stati ridotti in cenere, secondo il Presidente Donald Trump, ormai sempre più simile a una figura da simulazione geopolitica in tempo reale che a un leader istituzionale.

Ant Group vuole sostituire il tuo smartphone con gli occhiali

Ant Group, il colosso fintech cinese nato dall’orbita di Alibaba, ha appena scagliato una freccia perfettamente calibrata nel futuro (o forse nella retina): i pagamenti digitali attraverso occhiali smart sono diventati realtà, e non più solo nella distopica immaginazione degli sceneggiatori di Black Mirror.

A Hong Kong, è avvenuta la prima transazione extra-Cina continentale tramite i Meizu StarV, occhiali intelligenti che – con uno sguardo e un comando vocale – hanno completato un pagamento via AlipayHK. Dietro questa apparente magia, si cela una complessa infrastruttura di intelligenza artificiale firmata proprio da Ant: riconoscimento vocale, identificazione dell’intento e autenticazione biometrica, tutto in un fluido gesto visivo. Non stiamo parlando di gadget futuristici per startupper viziati, ma di tecnologia perfettamente integrata in un ecosistema di pagamento reale, usato da milioni di persone.

L’intelligenza Artificiale per il sistema Italia Report 2025

Italia, algoritmo zoppo: perché l’intelligenza artificiale fatica a entrare nel sistema produttivo

Italia, 2025. Otto imprese su cento hanno adottato almeno una tecnologia di intelligenza artificiale. Meno di una su tre tra quelle che ne hanno sentito parlare è riuscita a integrarla in modo concreto. In un’epoca in cui anche il panettiere sotto casa usa ChatGPT per controllare l’ortografia del cartello “chiuso per ferie”, il nostro tessuto produttivo arranca come un modem 56k nel bel mezzo del 5G.

Il giaguaro digitale e la nuova arte del potere morbido

Entrare in una stanza buia, con il fiato sospeso, e trovarsi faccia a faccia con un giaguaro che ti guarda negli occhi, ti sceglie e ti racconta una storia. Non una storia generica, ma la sua: di fuoco, di selva, di sangue e di sopravvivenza. Questo è Huk, una creatura digitale nata dal genio della boliviano-australiana Violeta Ayala, animata dall’intelligenza artificiale, plasmata in uno dei centri nevralgici della ricerca AI globale: il Mila di Montréal.

Non è fantascienza, è estetica computazionale. Non è marketing per bambini digitali, è politica culturale allo stato puro. E dietro questa “giaguara” che parla della sua prole e delle fiamme amazzoniche si nasconde una delle trasformazioni più sofisticate e sottovalutate della nostra epoca: l’uso strategico dell’arte per addomesticare l’IA. O forse, l’uso dell’IA per addomesticare l’arte.

Microsoft taglia ancora: licenziamenti in massa nelle vendite mentre l’AI divora tutto

C’era una volta un gigante del software che vendeva Word e PowerPoint come pane fresco. Oggi quello stesso gigante sta bruciando miliardi in silicio e reti neurali, mentre licenzia migliaia di venditori in carne e ossa. Microsoft, signore e padrone del cloud, si prepara a sfoltire nuovamente la sua forza lavoro. Questa volta nel mirino non ci sono gli ingegneri o i product manager, ma gli umani che parlano con altri umani: i venditori.

Trump gioca con le bombe come fossero tweet: il Pentagono si prepara, ma la guerra resta un’opzione teatrale

Il mondo trattiene il fiato, mentre a Washington si trattiene il senso del ridicolo. Il segretario alla Difesa Pete Hegseth, ex volto televisivo tramutato in burocrate con accesso al bottone rosso, ha detto tutto senza dire nulla davanti al Senato: la decisione finale spetta al Presidente Donald Trump. Che, com’è suo stile, si comporta come se stesse decidendo tra un cheeseburger e un Big Mac piuttosto che se entrare in guerra con l’Iran.

AI ancestrale e il culto del neonato finto

C’è qualcosa di inquietante in Ancestra, il nuovo cortometraggio di Eliza McNitt prodotto da Darren Aronofsky insieme a Google DeepMind. Qualcosa che va oltre le immagini lisce e carezzevoli del cuore fetale sintetizzato, oltre i vaghi rimandi cosmici tra buchi neri e amore materno. È l’impressione che si stia tentando di trasformare il processo creativo in un diagramma di flusso ottimizzato, dove il dolore umano – in questo caso, la gravidanza a rischio della regista stessa – diventa una scusa nobile per uno showcase aziendale in stile TED Talk.

YouTube la cultura con la C maiuscola: l’impero creativo che si mangia la TV e si beve Hollywood

CANNES — È bastato un video sgranato di 19 secondi, un elefante, uno zoo e un ragazzo impacciato per iniziare la rivoluzione. Vent’anni dopo “Me at the Zoo”, YouTube non è più solo la piattaforma dove perdi tempo guardando video di gatti o tutorial su come sbucciare un mango con un trapano. È diventato — parola di Neal Mohan — “il centro della cultura con la C maiuscola”. Non una battuta, ma una tesi geopolitica. Mohan, oggi CEO del colosso, l’ha rilanciata sul palco del Festival di Cannes Lions 2025, e lo ha fatto con la sicurezza tipica di chi non solo annusa il futuro, ma lo brevetta.

Meta compra alla cieca, ADNOC alza la posta, McKinsey smaschera la recita

Quando l’intelligenza artificiale smette di fare promesse e comincia a mostrare il conto

C’è qualcosa di stranamente lirico – e brutalmente finanziario – nel vedere Meta sborsare quindici miliardi di dollari per Scale AI, senza nemmeno pretendere diritti di voto. È come se Zuckerberg, con la serenità di un imperatore bizantino, avesse deciso che in fondo la democrazia nelle startup non serve. Oppure sa qualcosa che gli altri ignorano. Tipo che Scale AI è la chiave per qualcosa di ben più grosso. Oppure che siamo nel mezzo della più grande bolla tech dal 1999, ma stavolta alimentata da chip e miraggi quantistici.

OpenAI interrompe la collaborazione con Scale AI dopo l’accordo con Meta

OpenAI ha deciso di interrompere la collaborazione con Scale AI, una startup specializzata nell’etichettatura dei dati, a seguito dell’investimento di Meta Platforms Inc., che ha acquisito una partecipazione del 49% nella società per 14,3 miliardi di dollari. La decisione segna un punto di svolta significativo nel panorama competitivo dell’intelligenza artificiale, sollevando interrogativi sulla neutralità dei fornitori di dati e sulla sicurezza delle informazioni sensibili.

Amazon e la sua corsa ai chip AI: una mossa strategica per sfidare Nvidia

Nel panorama tecnologico odierno, dominato da Nvidia con la sua piattaforma CUDA, Amazon ha deciso di lanciare la sua sfida nel mercato dei chip per l’intelligenza artificiale (AI). Con l’introduzione dei chip personalizzati come Trainium e Inferentia, sviluppati dalla sua controllata Annapurna Labs, Amazon mira a ridurre la dipendenza da fornitori esterni e a offrire soluzioni più economiche e ottimizzate per i carichi di lavoro AI.

Microsoft e OpenAI, la storia d’amore sull’orlo del divorzio

È ironico che un colosso tecnologico come Microsoft, che ha costruito il suo impero sull’arte del compromesso e sulle partnership strategiche, possa ora trovarsi a un bivio che sembra stridere con la sua natura pragmatica. La notizia, riportata dal Financial Times, parla di tensioni crescenti tra Microsoft e OpenAI, il creatore di ChatGPT, con un possibile allontanamento in vista mentre OpenAI si prepara a trasformarsi in un’entità profittevole. Un matrimonio tecnologico a rischio divorzio, e per un motivo che non sorprende: i soldi.

Un Papa americano, l’intelligenza artificiale e il ritorno dell’etica industriale

L’applauso dei cardinali, stavolta, non era di rito. Quando il nuovo pontefice americano, Leone XIV, ha parlato di intelligenza artificiale come sfida morale del secolo, più di un porporato ha capito che qualcosa era cambiato. Non solo il nome, evocazione della “Rerum Novarum” e del Leone XIII che sfidò i baroni della seconda rivoluzione industriale. Ma l’intenzione, dichiarata e inequivocabile: porre la Chiesa cattolica come soggetto attivo e regolatore nel caos algoritmico del capitalismo digitale.

È una rivoluzione silenziosa che ha già fatto rumore in America e ne ha parlato in un articolo il WSJ. C’è una distorsione che si insinua sottile, ma potente, nell’interpretazione del pontificato americano di Leone XIV, soprattutto da parte della stampa e dell’analisi USA: la tentazione di leggere ogni parola del nuovo papa come un atto politico in senso stretto, inquadrato nei binari familiari del potere, del lobbying, delle influenze industriali.

L’umore instabile di Trump e la polveriera mediorientale: pace cercasi, ma le bombe parlano prima _ UPDATED

Non si tratta più di “se”, ma di “quanto” manca al prossimo scoppio. Il Medio Oriente è, di nuovo, sull’orlo del baratro. Ma stavolta lo scenario è più cupo, più globale, più carico di follia nucleare e presidenze imprevedibili. Sei giorni di guerra aperta tra Iran e Israele, e l’ex presidente Trump, l’uomo delle frasi a effetto e degli impulsi compulsivi, ha appena chiesto una “resa incondizionata” all’Ayatollah Khamenei. Con tanto di minaccia online: “Sappiamo dove sei, ma non ti uccideremo. Per ora.”

Pausa drammatica. Che fine ha fatto la diplomazia?

Come replicare le analisi di McKinsey gratis (usando solo 3 mega prompt)

Ecco, testuali, i 3 mega-prompt esatti che utilizzo per replicare gratuitamente insight in stile McKinsey. Gratis, nel senso più spietato del termine.

Prima, però, capiamo cosa fanno realmente i consulenti McKinsey. Spoiler: PowerPoint. Ma andiamo con ordine.

Questi sono i compiti classici:

  1. Analizzano i trend di settore e le dinamiche competitive
  2. Confrontano aziende e prodotti (benchmark)
  3. Individuano rischi strategici e opportunità
  4. Impacchettano tutto in slide eleganti, le fanno passare per oro e ti presentano la fattura da sei cifre

E ora, la parte gustosa:

Oggi l’AI può fare il 90% di questo lavoro, in tempo reale, senza cravatta e senza espresso lungo.

Ti faccio vedere come.

Uso questi 3 mega prompt per tre scopi diversi. Non servono incantesimi, solo testo ben calibrato.

Quando l’AI risponde meglio del tuo help desk: il caso Voyxa

C’è un momento preciso in cui ogni CTO, ogni responsabile IT o customer service manager, si ritrova a fissare il centralino come se fosse un nemico. Il telefono squilla. Nessuno risponde. Oppure risponde qualcuno, ma è il solito inferno ciclico di FAQ trite, smarrimenti di ticket, e frustrazione sia interna che esterna.

Ed è lì che capisci che non serve un’altra dashboard. Non ti serve un altro IVR anni Novanta con accento texano che recita “Premi uno per parlare con un operatore”.

OpenAI contro Microsoft: la guerra fredda dell’intelligenza artificiale

“Non ci sono amici permanenti, né nemici permanenti, solo interessi permanenti.” Henry Kissinger, seppur in tutt’altro contesto, avrebbe colto perfettamente il sapore metallico che aleggia nei corridoi di OpenAI e Microsoft. La loro partnership, celebrata come la più rivoluzionaria alleanza del XXI secolo in campo tecnologico, sta sfaldandosi sotto il peso delle ambizioni divergenti (WSJ). E mentre Satya Nadella e Sam Altman rilasciano dichiarazioni congiunte che odorano di cerotto diplomatico, dietro le quinte si prepara uno scontro nucleare — metaforico, ma potenzialmente letale.

Il grande occhio che non dorme mai: il lato oscuro della robotica urbana

Le città della Bay Area e del Paese si sono organizzate per 
le proteste “No Kings”, in concomitanza con 
la parata militare del presidente Donald Trump a Washington, DC. 

C’è una scena perfetta, degna di un film distopico, che si sta consumando per le strade di San Francisco: cittadini, spesso giovani e arrabbiati, si scagliano contro innocui taxi bianchi senza conducente, Waymo, come se fossero emissari di un potere alieno. E in un certo senso lo sono. Perché questi veicoli non sono solo mezzi di trasporto autonomi, sono strumenti mobili di sorveglianza capitalista, silenziosi, efficienti, e soprattutto legali.

Nella loro architettura, ci sono occhi ovunque. LIDAR, videocamere a 360 gradi, sensori ambientali. Registrano tutto, sempre. Ma il punto non è più la sicurezza. Il punto è il potere.

L’europa ha scoperto l’intelligenza sovrana. peccato che sia made in USA

A prima vista, la scena ha il sapore grottesco di una diplomazia tecnologica postmoderna: Jensen Huang, CEO di Nvidia, col suo solito outfit da guru tech in pelle nera, atterra nei palazzi severi di Bruxelles per spiegare ai burocrati europei che sovereign AI non è un’utopia continentale, ma una strategia industriale concreta. Una strategia, però, che per ora si compra… da lui.

Google taglia i ponti con Scale AI, dopo il flirt con Meta: quando l’intelligenza artificiale diventa geopolitica

Che cos’è più rischioso per un gigante tecnologico: una fuga di dati o una fuga di cervelli? Google sembra aver risposto scegliendo la seconda opzione. La decisione, riportata da Reuters, di interrompere (quasi) tutti i rapporti con Scale AI non è solo una questione commerciale. È un atto di autodifesa strategica, una mossa muscolare in un mercato dell’intelligenza artificiale sempre più contaminato da interessi incrociati, partecipazioni incestuose e “amicizie” da manuale di guerra fredda.

Trump lancia la più grande deportazione di massa della storia americana, e questa volta fa sul serio

A Washington il sole sorge rosso sangue quando Trump si sveglia con il dito già sospeso sopra il pulsante pubblica di Truth Social. Le lettere sono maiuscole, l’intonazione è apocalittica, e l’obiettivo, ancora una volta, sono le “città infestate” da immigrati illegali: Los Angeles, Chicago, New York. Tutte roccaforti democratiche. Tutte perfette per alimentare il feticcio del nemico interno.

Il presidente in cerca di rielezione ha rispolverato il suo vecchio cavallo di battaglia: l’invasione. Ma stavolta il cavallo ha blindati al posto degli zoccoli, 4.000 uomini della Guardia Nazionale e 700 Marines schierati direttamente in California, come se si trattasse di Falluja e non di una città americana con un sindaco democraticamente eletto.

Il peluche che batte l’intelligenza artificiale: come Labubu ha sconfitto i chatbot a colpi di ghigno

Mentre Sam Altman predica l’arrivo di AI capaci di “cognizione sbalorditiva”, i mercati finanziari, quelli veri, si inginocchiano non davanti a un algoritmo quantistico, ma a un pupazzo con la faccia da Joker mal riuscito: Labubu. Il produttore cinese Pop Mart è schizzato in Borsa con un +595% che nemmeno le migliori startup AI sognano di vedere. Nell’epoca in cui i bit dovrebbero governare i cuori e i portafogli, a dominare la scena è un feticcio di vinile e peluria, con gli occhi spiritati e il sorriso da psicopatico kawaii.

L’intelligenza artificiale capisce solo quello che non capisce: perché i filosofi contano più degli ingegneri

Great Engineers, Terrible Philosophers

A conversation on the rapid evolution of AI technology, the nature of intelligence, and the importance of the European project

Luciano FloridiGiannis PerperidisAlexandros Schismenos

In un mondo dove i CEO delle big tech annunciano trionfalmente che l’AI potrà presto eseguire “compiti cognitivi davvero sbalorditivi”, ci troviamo a guardare negli occhi un paradosso epistemologico: macchine che sembrano capire, ma non capiscono nulla. Siamo diventati spettatori di un grande spettacolo illusionistico. Gli ingegneri sono bravissimi con i circuiti, ma appena aprono bocca sulla coscienza umana si trasformano in apprendisti stregoni.

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